Tax credit del 30% per commissioni su pagamenti elettronici 2023

Per le commissioni sui pagamenti elettronici 2023 è possibile fruire del credito d’imposta del 30% disciplinato dall’art. 22 del DL 124/2019.

Il citato art. 22 prevede il riconoscimento – a regime, non essendo previsto alcun termine ultimo – di un credito d’imposta agli esercenti per le commissioni addebitate in relazione ai pagamenti elettronici ricevuti da privati.
In particolare, possono beneficiare di tale agevolazione gli esercenti attività di impresa, arte o professioni che nell’anno d’imposta precedente (vale a dire nel 2022, ai fini in esame) abbiano avuto ricavi e compensi non superiori a 400.000 euro.
Il credito d’imposta è pari a 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante:
– carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7 sesto comma del DPR n. 605/73;
– altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

L’agevolazione è prevista per le commissioni dovute in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali dal 1° luglio 2020 ed è riconosciuta nel rispetto della disciplina europea relativa agli aiuti “de minimis”.

Quanto alla modalità di fruizione, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa (art. 22 comma 4 del DL 124/2019).
A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, utilizzando il codice tributo “6916” (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 48/2020).
Il beneficio dovrà essere inoltre indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito (quadro RU, codice credito “H3”) e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. 

Il credito d’imposta, per espressa disposizione normativa, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109 comma 5 del TUIR.

Il comma 5 dell’art. 22 del DL 124/2019 prevede l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento di cui ai commi 1 e 1-bis di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate le informazioni necessarie a controllare la spettanza del credito d’imposta (cfr. anche provv. Agenzia delle Entrate 29 aprile 2020 n. 181301).
Pertanto, come evidenziato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella pagina dedicata all’agevolazione in esame sul proprio sito, i soggetti destinatari dell’obbligo di comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento elettronici atti a consentire l’accettazione delle transazioni.
Tali operatori devono inoltre trasmettere mensilmente e telematicamente agli esercenti, tramite PEC o mediante pubblicazione nell’on line banking dell’esercente, l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni corrisposte (provv. Banca d’Italia 21 aprile 2020).

INAPPLICABILITÀ DEL CREDITO NELLA MISURA DEL 100%

Si ricorda che, a norma del comma 1-ter dell’art. 22 del DL 124/2019, soltanto per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 il credito d’imposta è stato incrementato al 100% delle commissioni, in caso di adozione, da parte degli esercenti, di strumenti di pagamento elettronico, nel rispetto delle caratteristiche tecniche stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, collegati agli strumenti di cui all’art. 2 comma 3 del DLgs. 127/2015, ovvero strumenti di pagamento evoluto di cui al comma 5-bis del medesimo articolo.
Tale disposizione non è stata tuttavia oggetto di alcuna proroga, non risultando quindi più applicabile per le commissioni maturate a partire dal 1° luglio 2022.
Di conseguenza, il credito d’imposta nella misura del 100% non riguarda in alcun modo le commissioni 2023.

Sulla tematica, si segnala inoltre che, con il DM 3 marzo 2023, in attuazione dell’art. 1 comma 386 della L. 197/2022, è stato istituito presso il MEF un tavolo tecnico con l’obiettivo di mitigare le spese fino a 30 euro a carico degli esercenti di attività di impresa, arti o professioni con ricavi e compensi relativi all’anno precedente non superiori a 400.000 euro (comunicato stampa MEF 4 marzo 2023).

Esclusi dagli ISA i soggetti che hanno aperto la partita IVA dal 2021

Come rilevato nel resoconto della Commissione degli esperti per gli ISA del 6 aprile 2023, l’applicazione degli indici per il periodo d’imposta 2022 risulta influenzata dagli effetti di natura straordinaria della crisi economica e dei mercati conseguente al perdurare dell’emergenza sanitaria, alle tensioni geopolitiche, all’aumento del prezzo dell’energia, degli alimentari e delle materie prime e all’andamento dei tassi di interesse.

Per farvi fronte, in attuazione dell’art. 148 comma 1 del DL 34/2020, è stato emanato il decreto del Ministero dell’Economia del 28 aprile 2023 che approva per il periodo d’imposta 2022 ulteriori cause di esclusione dagli ISA e i correttivi congiunturali.

Il decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma anticipato sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne le cause di esclusione, per il 2022 è prevista l’esclusione dagli ISA per i soggetti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2021. L’anno scorso invece le cause di esclusione “di tipo emergenziale” erano tre.
I contribuenti esclusi dall’applicazione degli ISA sulla base di tale nuova causa di esclusione sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali previsti all’interno dei relativi modelli ISA. Nei confronti di tali contribuenti, inoltre, coerentemente con quanto già precisato per coloro per i quali sussiste una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA, è preclusa la possibilità di accedere ai benefici previsti dal regime premiale.

Le istruzioni ai modelli ISA risultano già integrate con la nuova causa di esclusione, mentre i modelli REDDITI 2023 devono ancora essere aggiornati sul punto.
In presenza di una causa di esclusione dagli ISA, non è possibile dichiarare ulteriori componenti positivi in dichiarazione per migliorare il giudizio di affidabilità in quanto si presume che il contribuente operi in un contesto economico o in condizioni significativamente diverse da quelle prese a riferimento per la costruzione degli indici.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 6/2021, § 3.2, e n. 18/2022, § 3.2), i contribuenti esclusi dagli ISA, ma tenuti alla presentazione del relativo modello, possono omettere l’acquisizione dei dati resi disponibili nel Cassetto fiscale limitandosi alla sola compilazione del modello. In particolare tali contribuenti devono:
– dichiarare nel quadro RE/RF/RG del modello REDDITI la specifica causa di esclusione;
– compilare il modello ISA prescindendo dall’importazione delle variabili “precalcolate”, senza effettuare il calcolo del punteggio di affidabilità;
– allegare il modello ISA al modello REDDITI.

Per quanto concerne i correttivi congiunturali, la loro operatività nell’ambito del software ISA incide sul punteggio di affidabilità complessivo andando gli stessi a intervenire tanto sugli indicatori elementari di affidabilità tanto su quelli di anomalia. Al riguardo, sul sito dell’Agenzia si avvisa che il programma “Il tuo ISA 2023” (versione 1.0.0) del 28 aprile scorso tiene conto degli interventi correttivi introdotti dal DM in commento.

correttivi sono operativi sui 175 ISA approvati e sono riconducibili a due tipologie:
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità, quali ricavi e compensi per addetto, valore aggiunto per addetto e reddito per addetto, definiti tramite stime di specifici elementi (input della produzione, ciclo economico, modelli organizzativi, economie di scala);
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità (durata e decumulo delle scorte) e di anomalia definiti da soglie economiche di riferimento.

In relazione al giudizio di affidabilità fiscale ottenuto a seguito dell’applicazione degli ISA, anche per effetto della dichiarazione di ulteriori componenti positivi di reddito, sono state definite le condizioni per l’accesso ai benefici del regime premiale ai fini ISA. Il provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023 ha al riguardo confermato il meccanismo basato non solo sul risultato di affidabilità relativo al 2022, ma anche sulla media del risultato di tale anno e quello dell’anno precedente. Risultano confermati anche i punteggi che danno accesso ai benefici.

Bando gestione delle risorse idriche: presentazione istanze nuovi partner industriali

Nella GU del 02/05/2023 è stato pubblicato il comunicato del Ministero delle imprese e del made in Italy riguardante la presentazione delle domande di agevolazione per la realizzazione di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale di cui al bando transnazionale congiunto 2022 «Gestione delle risorse idriche: resilienza, adattamento e mitigazione agli eventi idroclimatici estremi e strumenti di gestione», nell’ambito del partenariato europeo Water4All – PNRR.
Con provvedimento del direttore generale per le tecnologie delle comunicazioni e la sicurezza informatica e del direttore generale per gli incentivi alle imprese n. 82051 del 24 aprile 2023 è stata modificata la modalità di ampliamento dei consorzi proponenti – widening di cui all’art. 2, comma 1, del decreto direttoriale n. 60724 del 24 marzo 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – n. 78 del 1° aprile 2023.

Conseguentemente la partecipazione dei nuovi partner industriali italiani al consorzio di progetto è completata mediante apposita comunicazione di adesione al consorzio già costituito, da trasmettersi contestualmente alla presentazione del progetto definitivo (full proposal) e della relativa documentazione richiesta, entro e non oltre il 27 aprile 2023, ore 15,00.

Foreste: al via domande per agevolazioni a sostegno dei Contratti di filiera

È stato pubblicato sul sito del Masaf il bando che disciplina i criteri, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso e le agevolazioni per la creazione dei Contratti di Filiera nel settore forestale nell’ambito del PNRR- Fondo complementare. Il fondo è da dieci milioni di euro, l’obiettivo è quello di favorire i processi di riorganizzazione dei rapporti tra i differenti soggetti della filiera, potenziare le relazioni lungo le catene di produzione, trasformazione e commercializzazione, attraverso l’aggregazione dei produttori, e garantire ricadute positive sulla produzione forestale.

“Con i Contratti di filiera per il settore forestale apportiamo nuova linfa all’economia e alle aree interne della nostra Nazione, nel rispetto della tutela e della conservazione della biodiversità e del paesaggio. Le foreste rappresentano un valore inestimabile del nostro territorio ed elemento strategico delle politiche di sviluppo dell’Italia”, cosi il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

Il bando si rivolge ai silvicoltori privati, i Comuni e i Consorzi collegati, le piccole e medie imprese associate per l’utilizzo in filiera di tutte le produzioni dei boschi italiani, nel segno della sostenibilità e dell’interregionalità.
Una misura innovativa e sperimentale per il comparto. Uno strumento che potrà agevolare la creazione di reti di impresa interregionali, riconosciute dall’ordinamento solo dal 2021, e sostenerne l’aggiornamento, la modernizzazione e la valorizzazione del settore forestale in coerenza con la Strategia Forestale Nazionale.
Le domande di sostegno per accedere alle agevolazioni potranno essere presentate dalle ore 10.00 del 1 giugno 2023 fino alle ore 10.00 del 15 giugno 2023, secondo la modulistica allegata al bando.

Illegittimo l’accertamento sui compensi del professionista: la tassazione segue il principio di cassa

La tassazione del compenso del professionista segue il principio di cassa: di conseguenza per la determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini Irpef, conta l’anno di effettiva riscossione e non a quello di emissione della fattura. Lo stesso vale per l’Iva sulle prestazioni di servizi.

Lo ha ricordato la Cassazione con la sentenza 11339 del 2 maggio 2023 con cui ha accolto il ricorso di un geometra.
La vicenda riguardava l’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate recuperava maggiore Irpef, Irap e Iva in relazione alla fatturazione delle prestazioni professioni effettuate dal geometra. In particolare per l’ufficio, il contribuente non aveva emesso le fatture per tutte le prestazioni effettuate nell’anno d’imposta accertato, o comunque queste erano state sottofatturate rispetto ai valori medi di tariffa professionale.

Tuttavia, ai fini Irpef e Irap, ed anche Iva, i compensi contestati erano stati regolarmente fatturati all’atto del pagamento. Dunque, l’incasso dei compensi inerenti ai contestati incarichi – quand’anche solo in parte – era effettivamente avvenuto in un anno diverso da quello accertato.

In materia d’imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza.
Di conseguenza, l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini Irpef con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione. Quanto all’Iva, poi, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo (cfr. Cass. 24996/2022 e 20190/2022).

Del resto le regole sull’imputazione temporale dei componenti positivi o negativi, dettate dal d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza (cfr. Cass. 23521/2020 e 16349/2014).

No al regime forfettario con pensione di vecchiaia eccedente i 30.000 euro, ancorché questa sia esente da imposte in Italia

Con la risposta a interpello 311 del 03/05/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi chiarimenti l’applicazione del regime forfetario di cui alla L. 190/2014.

Si premette che l’art. 1 c.57 lett. d-ter) della L. 190/2014 dispone che l’applicazione del regime forfetario è condizionata al fatto che, nell’anno precedente, siano percepiti redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati, di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR, non eccedenti l’importo di 30.000 euro.
Sul rispetto del suddetto requisito, con la 10/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
• considerata che la verifica della soglia di 30.000 euro non debba essere effettuata se il rapporto di lavoro è cessato:
– rilevano esclusivamente le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario; pertanto, se la cessazione del rapporto avviene, ad esempio, a maggio 2023, la stessa non sarebbe idonea a evitare di considerare la soglia dei 30.000 euro sul 2022, ai fini dell’applicabilità del regime per una nuova attività avviata a giugno dello stesso anno 2023.
– il limite non si considera sempre che non siano percepiti redditi di pensione i quali, in quanto assimilati al reddito di lavoro dipendente, assumono rilievo anche autonomo ai fini del raggiungimento della citata soglia, oppure non sia intrapreso un nuovo rapporto di lavoro, ancora in essere al 31 dicembre dell’anno precedente.

Ciò detto, nel caso di specie:
• un soggetto residente all’estero, in un Paese Ue;
• intende aprire partita IVA per lo svolgimento di una nuova attività, previo trasferimento della residenza fiscale in Italia;
• essendo titolare, al momento dell’apertura della partita IVA; di una pensione di importo superiore a 30.000 euro, riconosciuta per raggiunti limiti di età quale ex dipendente della Commissione europea. Si tratta, in particolare, di somme esenti da tassazione nazionale negli Stati membri dell’Unione europea in base a quanto disposto dall’art. 12 del Protocollo n. 7 “Sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea” allegato al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

In riferimento a tale fattispecie, l’Agenzia chiarisce che:
• la titolarità di una pensione di importo superiore a 30.000 euro, anche se integralmente esente da imposizione in Italia;
• preclude l’applicazione del regime forfettario.

Viene rilevato che, in base alla L. 190/2014, sono esclusi dal regime i titolari di redditi astrattamente riconducibili alla categoria dei redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR, a prescindere dalla loro tassazione in Italia o dall’ammontare delle imposte corrisposte sui medesimi. Ciò che rileva ai fini dell’applicazione della causa di esclusione è, dunque, l’esistenza di tali redditi e il loro ammontare.
Deve di conseguenza ritenersi escluso dal regime forfetario il soggetto che percepisce una pensione di vecchiaia eccedente i 30.000 euro, ancorché questa sia esente da imposte in Italia per effetto delle disposizioni del Protocollo n. 7 allegato al TFUE.

Doppio binario per le locazioni brevi in REDDITI PF

Nel modello REDDITI PF, le locazioni brevi possono essere indicate sia nel quadro RB (nel modello 730/2023, quadro B) che nel quadro RL (nel modello 730/2023, quadro D), perché possono produrre sia redditi fondiari che redditi diversi. Si ricorda, infatti, che l’art. 4 del DL 50/2017, dopo aver definito locazioni brevi i “contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare”, al comma 3 assimila alle locazioni brevi anche i contratti di sublocazione e i contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi a oggetto il godimento dell’immobile da parte di terzi, stipulati alle condizioni che configurano una locazione breve (durata massima 30 giorni, eventuali servizi accessori etc.).

In particolare, nella circ. Agenzia delle Entrate 12 ottobre 2017 n. 24, § 3.1, l’Amministrazione ha precisato che i redditi derivanti dal contratto di locazione breve stipulato dal comodatario vanno eccezionalmente imputati al comodatario e qualificati come redditi diversi, assimilandoli ai redditi derivanti dalla sublocazione (in deroga a quanto opera, in generale, per i redditi degli immobili dati in comodato che, secondo quanto affermato nelle ris. 14 ottobre 2008 n. 381 e 22 ottobre 2008 n. 394, vanno comunque imputati al proprietario/comodante quali redditi fondiari).

Quindi, limitatamente ai contratti di locazione “breve” ex art. 4 del DL 50/2017 stipulati dal comodatario:
– il comodante resta titolare del reddito fondiario derivante dal possesso dell’immobile oggetto di comodato;
– il comodatario/locatore diventa titolare del reddito derivante dal contratto di concessione in godimento qualificabile come reddito diverso assimilabile alla sublocazione (circ. n. 24/2017, § 3.1) e su tali redditi è possibile l’opzione per la cedolare secca.

Pertanto, come rilevato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 24/2017, l’ambito di applicazione delle locazioni brevi non può essere definito sulla base del tipo di reddito prodotto, atteso che la normativa si applica sia a contratti produttivi di reddito fondiario che a contratti produttivi di redditi diversi nel caso di contratti stipulati dal locatore o dal comodatario.
Per questo, i redditi derivanti da locazioni brevi, devono essere dichiarati:
– nel quadro RB del modello REDDITI PF 2023 (quadro B, nel modello 730/2023), se si tratta di redditi fondiari, secondo le regole ordinarie per essi operanti (con le particolarità derivanti dall’eventuale esistenza della ritenuta);
– nel quadro RL del modello REDDITI PF 2023 (quadro D, nel modello 730/2023), se si tratta di redditi diversi derivanti dalla sublocazione breve o dalla locazione breve stipulata dal comodatario.

Ma redditi diversi e redditi fondiari applicano principi di imputazione dei redditi diversi, posto che:
– per i redditi diversi opera il principio di cassa, sicché dovranno essere imputati integralmente al 2022 i redditi percepiti nel 2022, a prescindere da quando il contratto di sublocazione o locazione del comodatario abbia avuto esecuzione;
– per i redditi fondiari opera il principio di competenza, sicché il reddito fondiario derivante dalla locazione effettuata nel 2022 va indicato nel 730/2023 anche se il corrispettivo non è stato ancora percepito.
Inoltre, in presenza di un intermediario i redditi da locazione breve sono soggetti a obbligo di ritenuta e di certificazione.

Nella compilazione dei modelli REDDITI 2023, bisogna tenere conto dei dati inseriti nella Certificazione Unica, quadro “Certificazione Redditi – Locazioni brevi”, tenendo conto del fatto che la Certificazione Unica segue il criterio di cassa, mentre il medesimo non vale per tutti i redditi prodotti dalle locazioni brevi.

Come illustrato nelle istruzioni alla compilazione del quadro LC (posto che sulle locazioni brevi è possibile optare per la cedolare secca), atteso che nel modello REDDITI PF 2023 confluiscono i redditi 2022, nella colonna 4 del rigo LC1 “Ritenute CU locazioni brevi” devono confluire le ritenute certificate nel quadro “Certificazione Redditi – Locazioni brevi” della Certificazione Unica 2023 relative all’anno 2022, per le quali, quindi, la casella “Anno” di colonna 4 del quadro “Certificazione Redditi – Locazioni brevi” della Certificazione Unica 2023 sia valorizzata con l’anno 2022.

Questa ultima casella deve essere valorizzata sempre con l’anno 2022 ove la casella di colonna 21 “Locatore non proprietario” sia barrata, perché si tratta di sublocazioni o di locazioni brevi del comodatario, che, configurando redditi diversi, adottano il principio di cassa, sicché, anche se riferiti a contratti svolti nel 2021 o 2023, i redditi percepiti nel 2022 (confluiti nella CU 2023) con riferimento a tali contratti vanno indicati nel modello REDDITI PF 2023.

Va rammentato, infine, che si esce dalla disciplina delle locazioni brevi, per espressa previsione normativa (art. 1 comma 595 della L. 178/2020), in caso di destinazione alla locazione di più di 4 appartamenti nel periodo di imposta, perché l’attività di presume svolta nell’esercizio dell’impresa.

Soglia di 3.000 euro dei fringe benefit con figli fiscalmente a carico

L’art. 40 del DL 48/2023 (c.d. DL “Lavoro”), pubblicato sulla G.U. n. 103 del 4 maggio 2023, ha previsto l’incremento, per il 2023, della soglia di non imponibilità dei fringe benefit a 3.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, restando invece ferma a 258,23 euro per tutti gli altri dipendenti.

Rispetto alla prima versione della bozza circolata (si veda “Per il 2023 soglia dei fringe benefit a 3.000 euro ma solo con figli a carico” del 3 maggio 2023), la disposizione è stata integrata, individuando tra l’altro più nel dettaglio quelli che inizialmente erano stati definiti genericamente come “figli a carico”.

Il comma 1 dell’art. 40 del DL dispone che “Limitatamente al periodo d’imposta 2023, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo” del TUIR “non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. I datori di lavoro provvedono all’attuazione del presente comma previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti”.

Ai fini della disposizione in esame rilevano quindi i dipendenti con figli – compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati – fiscalmente a carico ai sensi dell’art. 12 comma 2 del TUIR.
In base a tale disposizione, i figli sono considerati fiscalmente a carico se non superano i 24 anni di età e se hanno percepito nell’anno un reddito pari o inferiore a 4.000 euro; se superano i 24 anni sono considerati a carico se hanno percepito un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro.

In relazione all’applicazione del limite reddituale di 4.000 euro previsto per i figli a carico di età non superiore a 24 anni, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “il requisito anagrafico deve ritenersi sussistere per l’intero anno in cui il figlio raggiunge il limite di età, a prescindere dal giorno e dal mese in cui ciò accade” (risposta a Telefisco 2018). Pertanto, se nel 2023 i figli compiono i 24 anni, la soglia di reddito a cui fare riferimento per verificare lo status di figlio fiscalmente a carico è di 4.000 euro, a prescindere dal giorno e dal mese del compleanno.
Il suddetto limite di 2.840,51 o 4.000 euro è riferito all’intero periodo d’imposta (anno solare), indipendentemente dal periodo in cui viene prodotto. Pertanto, se al termine del periodo d’imposta (2023, ai fini in esame) si è superato il limite, non si è fiscalmente a carico, neppure per la parte dell’anno in cui il familiare era privo di redditi.

In linea generale, non rileva comunque la circostanza che i figli convivano con i genitori (il figlio a carico può anche risiedere all’estero), né che siano dediti o meno agli studi o a tirocinio gratuito.

Quanto all’ambito oggettivo di applicazione della norma, rientrano nella soglia di 3.000 euro il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Il comma 2 dell’art. 40 del DL dispone inoltre che resta ferma l’applicazione dell’art. 51 comma 3 del TUIR, in relazione ai beni ceduti e ai servizi prestati a favore dei lavoratori dipendenti per i quali non ricorrono le condizioni indicate nel comma 1.
Pertanto, per i lavoratori dipendenti senza figli a carico resta ferma l’ordinaria soglia di 258,23 euro.

DICHIARAZIONE CON IL CODICE FISCALE DEI FIGLI

L’applicazione della soglia di 3.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico non è automatica.
A norma del comma 3 dell’art. 40 del DL 48/2023, infatti, “Il limite di cui al comma 1 si applica se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli”.
Di conseguenza, il lavoratore dipendente dovrà fornire al datore di lavoro un’autodichiarazione in cui attesti di avere diritto a fruire della soglia di 3.000 euro per il 2023, indicando il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico.

Un aspetto che andrebbe chiarito riguarda il caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Stando alla citata disposizione, che non prevede particolari limitazioni e fa riferimento in generale al lavoratore dipendente, la soglia di 3.000 euro sembrerebbe applicabile, per intero, distintamente per ciascun genitore. La soluzione però appare di dubbia coerenza sistematica perché creerebbe una doppia agevolazione per il solo fatto che entrambi i genitori sono lavoratori dipendenti.

Bonus edilizi: istituiti i codici tributo per le opzioni esercitate dal 01/04/2023 e pronta la piattaforma per la rateizzazione in 10 anni

Con la RM 19/E del 02/05/2023, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta, ceduti o fruiti come sconto in fattura, relativi a Superbonus, Sismabonus e Bonus barriere architettoniche, relativi alle opzioni inviate all’Agenzia delle entrate dal 1° aprile 2023.

Si premette che il c.d. DL “Aiuti-quater” (articolo 9, comma 4, Dl n. 176/2022), ha previsto la possibilità di beneficiare, previa comunicazione web alle Entrate, della rateizzazione lunga, cioè in 10 rate annuali di pari importo, delle quote non “spese” dei crediti edilizi relativi alle opzioni per la prima cessione o per lo sconto in fattura comunicate all’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2023.

Si è reso necessario, pertanto, predisporre codici tributo “dedicati” alle comunicazioni delle opzioni inviate dal 1° aprile 2023 al fine di distinguere i crediti nelle successive fasi di ulteriore cessione o utilizzo in compensazione tramite modello F24.
Di conseguenza, ai codici tributo “7708” e “7718” previsti dalla risoluzione n. 71/2022 per la cessione del credito e lo sconto fattura, con la risoluzione odierna si aggiungono i seguenti identificativi:

• “7709” denominato “CESSIONE CREDITO – SUPERBONUS art. 119 DL n. 34/2020 – art. 121 DL n. 34/2020 – OPZIONI DAL 01/04/2023”
• “7719” denominato “SCONTO – SUPERBONUS art. 119 DL n. 34/2020 – art. 121 DL n. 34/2020 – OPZIONI DAL 01/04/2023”
• “7738” denominato “CESSIONE CREDITO – SISMABONUS art. 16 DL n. 63/2013 – art. 121 DL n. 34/2020 – OPZIONI DAL 01/04/2023”
• “7739” denominato “SCONTO – SISMABONUS art. 16 DL n. 63/2013 – art. 121 DL n. 34/2020 – OPZIONI DAL 01/04/2023”
• “7710” denominato “CESSIONE CREDITO – ELIMINAZIONE BARRIERE ARCHITETTONICHE art. 119-ter DL n. 34/2020 – art. 121 DL n. 34/2020– OPZIONI DAL 01/04/2023”
• “7740” denominato “SCONTO – ELIMINAZIONE BARRIERE ARCHITETTONICHE art. 119-ter DL n. 34/2020 – art. 121 DL n. 34/2020 – OPZIONI DAL 01/04/2023”.

I codici tributo istituiti con le risoluzioni n. 83/2020 e n. 71/2022 restano utilizzabili per identificare i crediti derivanti dalle opzioni in argomento comunicate fino al 31 marzo 2023, per le ipotesi e secondo le indicazioni riportate nei documenti di prassi richiamati.

Il provvedimento dello scorso 18 aprile , che ha definito le modalità attuative della rateizzazione lunga in 10 rate annuali dei crediti derivanti da cessione o sconto comunicata entro il 31 marzo 2023, ha tra l’altro stabilito che ciascuna nuova rata annuale derivante dalla ripartizione della rata originaria può essere utilizzata esclusivamente in compensazione tramite modello F24, dal 1° gennaio al 31 dicembre del relativo anno di riferimento, e non può essere ceduta a terzi, né ulteriormente ripartita.
Ciò premesso, allo scopo di distinguere le rate annuali dei crediti risultanti dalla ripartizione della rata originaria, sono istituiti i seguenti codici tributo:
• “7771” denominato “SUPERBONUS art. 119 DL n. 34/2020 – art. 121 DL n. 34/2020 – FRUIZIONE IN DIECI RATE – art. 9, c. 4, DL n. 176/2022”
• “7772” denominato “SISMABONUS art. 16 DL n. 63/2013 – art. 121 DL n. 34/2020 – FRUIZIONE IN DIECI RATE – art. 9, c. 4, DL n. 176/2022”
• “7773” denominato “ELIMINAZIONE BARRIERE ARCHITETTONICHE art. 119-ter DL n. 34/2020 – art. 121 DL n. 34/2020 – FRUIZIONE IN DIECI RATE – art. 9, c. 4, DL n. 176/2022”.

I crediti in questione sono utilizzabili soltanto in compensazione tramite modello F24 presentato esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate. I codici tributo trovano posto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, oppure, in caso di riversamento del credito compensato, nella colonna “importi a debito versati”.

In fase di elaborazione delle deleghe di pagamento ricevute, precisa la risoluzione, sulla base dei dati risultanti dalle comunicazioni delle opzioni e dalle eventuali successive cessioni, nonché dalla ripartizione, l’Agenzia effettua controlli automatizzati per verificare che la somma utilizzata in compensazione da ciascun soggetto non superi la quota disponibile per ciascuna annualità, pena lo scarto del modello F24. Il rifiuto del pagamento è comunicato tramite apposita ricevuta consultabile tramite i servizi telematici dell’Agenzia.
Al riguardo, le Entrate evidenziano che nel campo “anno di riferimento” del modello F24 deve essere indicato l’anno in cui è utilizzabile in compensazione la rata annuale del credito, nel formato “AAAA”.

Disponibili le procedure operative nella piattaforma – A partire da ieri 02/05/2023, l’Agenzia ha messo a punto le correlate funzioni del servizio web denominato “Piattaforma cessione crediti” per mezzo delle quali i titolari del credito, fornitori che hanno applicato lo sconto o cessionari del credito d’imposta derivante dall’opzione ex art. 121 del DL 34/2020 (anche per cessione successiva alla prima), possono trasmettere telematicamente la comunicazione necessaria per procedere alla predetta rateazione in dieci anni, nonché effettuare un’interrogazione delle comunicazioni di rateazione effettuate.

Si ricorda che sino al 2 luglio 2023 potrà aderire per l’utilizzo in 10 rate soltanto il titolare del credito d’imposta, mentre dal 3 luglio 2023 potrà trasmettere la comunicazione anche un intermediario ex art. 3 comma 3 del DPR 322/98, dotato di delega alla consultazione del cassetto fiscale del titolare dei crediti.

Nel manuale si richiama che tale ripartizione in dieci anni può riferirsi alla quota residua delle rate dei crediti d’imposta che siano riferite:
• agli anni 2022 e seguenti, per i crediti derivanti dalle comunicazioni di opzione inviate fino al 31 ottobre 2022, per gli interventi agevolati con superbonus (identificati con codici tributo 6921, 7701 e 7711);
• agli anni 2023 e seguenti, per le comunicazioni di opzione inviate dal 1° novembre 2022 al 31 marzo 2023, per gli interventi agevolati con superbonus (codici tributo 7708 e 7718), o per le comunicazioni di opzione inviate fino al 31 marzo 2023, relative o sismabonus (codici tributo 6923, 7703 e 7713) o bonus barriere 75% (codici tributo 7707 e 7717).

La ripartizione in dieci rate annuali, decorrenti dall’anno successivo a quello di riferimento della rata originaria, può riguardare la quota residua di ciascuna rata annuale dei crediti d’imposta di cui sopra, non utilizzata in compensazione tramite F24, anche se acquisita a seguito di cessioni successive alla prima.

Inoltre, la comunicazione per la rateazione può riferirsi anche solo ad una frazione della rata del credito disponibile al momento della trasmissione (in questa ipotesi andrà modificato il campo “importo da rateizzare” presente nella piattaforma): la restante parte della rata, nonché gli eventuali ulteriori crediti acquisiti, potranno essere rateizzati con successive comunicazioni, anche in più soluzioni.

A seguito della conferma della volontà di procedere alla rateizzazione della quota annuale del credito d’imposta selezionata (per l’importo indicato), la piattaforma genera un prospetto riepilogativo, ove vengono riportate le nuove dieci rate in cui sarà suddiviso l’importo della quota originaria, con l’indicazione, per ciascuna rata, dell’anno di riferimento, dell’importo, del termine entro il quale può essere utilizzata in compensazione (ciascuna rata è fruibile in compensazione dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento) e del codice tributo che la identifica.

ALBO DEI COMMERCIALISTI A CRESCITA ZERO

Dal Rapporto 2022 sulla professione l’allarme sul calo degli iscritti. Confermato l’aumento quasi in doppia cifra dei redditi medi

Gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili non crescono più, anzi, se si esclude la sezione B, sono addirittura in diminuzione. Il dato allarmante sulle tendenze demografiche della categoria è contenuto nel Rapporto 2022 sulla professione, diffuso ieri da Consiglio e Fondazione nazionale dei commercialisti.

Stando ai numeri della ricerca, il totale degli iscritti rimane sopra le 120 mila unità, ma i dottori commercialisti sono in calo dello 0,2%, mentre gli esperti contabili crescono del 9,5%, arrivando alle 2.178 unità. La riduzione dei nuovi iscritti era divenuta una costante negli ultimi 5 anni, ma seppur di pochi decimali, un aumento c’era sempre stato (+0,8% nel 2021).

Nel 2022, invece, ci si è fermati allo 0,01% (+ 12 unità), a cui si aggiunge il -8,4% degli iscritti al Registro praticanti, che in un anno ha perso 1.174 unità. Il calo maggiore si è registrato al Sud (-0,6%) e sulle isole (-0,5%), mentre il Nord rimane in territorio positivo ma comunque con un rallentamento significativo rispetto al tasso di crescita dell’anno precedente (dal +1,2% al +0,6%). A guidare la crescita al Nord è la Lombardia con il +0,8% (163 iscritti in più), mentre la Regione che perde più commercialisti è la Puglia (-0,9%).

Sul lungo periodo, la tendenza demografica degli iscritti rimane comunque più positiva rispetto a quello della popolazione complessiva. In quindici anni, infatti, gli iscritti all’Albo sono aumentati di 12.782 unità (+11,9% dal 2007), mentre nello stesso periodo la popolazione italiana è diminuita dello 0,3% e le imprese attive dello 0,9%. Ciò ha impattato anche sia sul rapporto tra popolazione e iscritti, passato in quindici anni da 555 cittadini per ogni commercialista a 489, sia su quello con le imprese attive (da 48 imprese ogni commercialista a 43).

Un minor numero di nuovi iscritti significa anche che l’età media dei professionisti tende a crescere più rapidamente. A fine 2022, infatti, gli under 40 erano il 17,1% del totale, contro il 17,6% dell’anno precedente. Numeri negativi anche per ciò che riguarda la componente femminile, che in un anno perde un punto percentuale (dal 34,7 al 33,7%).

Le statistiche relative ai redditi, invece, confermano il balzo in avanti già annunciato due settimane fa dalla Cassa di previdenza dei dottori commercialisti (si veda “Nel 2021 redditi medi dei commercialisti su del 9%” del 21 aprile). I numeri forniti dalla CDC prendevano in considerazione solo la propria popolazione di riferimento, ma aggiungendo anche la componente ragionieri i risultati non cambiano di molto.

Il reddito medio è aumentato del 9,3% ed è risultato pari a 68.073, quello mediano, ovvero il reddito che divide in due la distribuzione dei redditi individuali, è aumentato del 10,5%, arrivando a 39.249 euro. Il rapporto tra il reddito mediano e il reddito medio è leggermente aumentato portandosi al 57,7%. I dottori commercialisti hanno dichiarato un reddito medio di 74.330 euro (+9,3% sul 2021), mentre i ragionieri si sono fermati a 53.078 euro di media (+8,5%).

A livello territoriale, permane la marcata differenza tra Nord e Sud, ma il gap va riducendosi. I redditi, infatti, sono cresciuti di più nella parte meridionale del Paese (+12,5%) rispetto all’area settentrionale (+8,8%). In ogni caso, il reddito medio del Nord rimane 2,4 volte quello del Sud, rapporto che arriva a 4,1 se si considerano le due Regioni con il reddito più elevato (Trentino-Alto Adige, con 126.004 di media) e più basso in assoluto (Calabria, 30.624 euro).

“Il dato sulla demografia professionale – commenta il Presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio, che questa mattina a Roma aprirà gli Stati generali della categoria – impone certamente una riflessione, ma si inserisce nel ben più drammatico tema demografico generale del nostro Paese, di cui oggi si prende finalmente atto con la dovuta attenzione. Non c’è settore economico e professionale maturo, in Italia, al netto di rare e circoscritte eccezioni, in cui non stiano venendo a mancare le braccia e i cervelli che servono per garantire un adeguato ricambio generazionale”.

Consapevole di questa situazione, il Consiglio nazionale ha avanzato proposte in tema sia di aggregazioni che di specializzazioni. “Sul fronte delle aggregazioni – aggiunge de Nuccio – chiederemo al Governo, insieme alle altre Professioni, uno sforzo di fantasia, anche nell’ambito dell’attuazione della delega per la riforma del sistema fiscale. Sul fronte delle specializzazioni, cercheremo di spingere e accompagnare un percorso che è fondamentale per cogliere anche le nuove opportunità; ma cercheremo anche di difendere i colleghi dalla crescente e insopportabile burocrazia che deriva dalla moltiplicazione di registri e sottosezioni di registri, con correlati obblighi formativi di pura quantità, invece che di vera qualità”.