Plusvalenza estesa da 5 a 10 anni con interventi superbonus

La ritenuta di acconto applicata sui bonifici “parlanti” salirebbe dall’8% all’11% a decorrere dal 1° marzo 2024.
Aumenterebbe poi da 5 a 10 anni il periodo durante il quale la vendita di immobili, diversi dall’abitazione principale, deve scontare l’imposta sulla plusvalenza, penalizzando così le compravendite immobiliari.
È quanto emerge dal Ddl. di bilancio per l’anno 2024 che inizia l’iter in Senato: deferito in sede referente alla Commissione Bilancio, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti, è atteso in Aula da lunedì 27 novembre.

Quanto alla prima misura citata, quindi, verrebbe anticipato di un mese (dal 1° aprile al 1° marzo) il momento a decorrere dal quale la ritenuta, di cui all’art. 25 del DL 78/2010, che viene operata dagli istituti di crediti e da Poste italiane all’atto di accredito dei pagamenti eseguiti dai contribuenti con bonifici “parlanti” e relativi agli interventi “edilizi”, salirà di ulteriori tre punti percentuali.

Cambia inoltre, rispetto a una precedente versione in bozza, la norma contenuta nel Ddl. di bilancio 2024, che prevede un ampliamento delle ipotesi per cui si genera una plusvalenza tassata in caso di cessioni di immobili sui quali sono stati effettuati interventi che hanno consentito di fruire del superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020.
Aggiungendo la lett. b-bis) all’art. 67 comma 1 del TUIR verrebbe previsto che rientrino tra i redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati” con il superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, “che si siano conclusi da non più di dieci anni all’atto della cessione”.

Rimarrebbero esclusi “gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo”.
La disposizione riguarderebbe le cessioni poste in essere dal 1° gennaio 2024.

Nel caso di immobili diversi dall’abitazione principale non acquisiti per successione sui quali siano stati effettuati interventi godendo del superbonus, quindi, verrebbe tassata la plusvalenza derivante dalla loro cessione nei dieci anni successivi (in luogo dei cinque anni previsti in una precedente bozza del Ddl. di bilancio 2024).

Ai fini della determinazione dei costi inerenti al bene sul quale sono stati effettuati interventi con il superbonus, inoltre, modificando l’art. 68 comma 1 del TUIR, verrebbe stabilito che:
– se gli interventi sono conclusi da non più di 5 anni dall’atto di cessione, non si tiene conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di cui all’art. 121 del DL 34/2020;
– se gli interventi sono conclusi da più di 5 anni ma entro i 10 dall’atto di cessione, si tiene conto del 50% delle spese se si è fruito dell’agevolazione nella misura del 110% e se sono state esercitate le suddette opzioni.

Esemplificando, si ipotizzi pari a 100.000 euro il costo di acquisto di un’immobile (non abitazione principale) sul quale, nel corso del 2021, sono stati effettuati interventi con il superbonus del 110% per un importo di 160.000 euro per i quali si è optato per lo sconto sul corrispettivo: se entro 5 anni dal termine dei lavori l’immobile viene ceduto per 300.000 euro, la plusvalenza sarà pari a 200.000 euro (determinata dalla differenza tra 300.000 euro e 100.000 euro).
Se il medesimo immobile viene ceduto dopo 5 anni dall’ultimazione dei lavori, ma entro i 10 anni, la plusvalenza tassata sarà pari a 120.000 euro [300.000 euro – (100.000 euro + 80.000)].

Rimane fermo che per gli stessi immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, come suddetto determinato, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

Alle suddette plusvalenze risulta possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 26%, di cui all’art. 1 comma 496 della L. 266/2005.

Aliquota IVA per le ristrutturazioni non condizionata dalla CILA superbonus

Ai sensi dell’art. 119 comma 13-ter del DL 34/2020, gli interventi che consentono di beneficiare del c.d. superbonus “costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA)”, anche qualora riguardino le parti strutturali degli edifici o i prospetti, esclusi quelli comportanti la demolizione e ricostruzione.

La formulazione letterale della norma potrebbe lasciare intendere che, alle opere edilizie per le quali è stata presentata la CILA e che costituirebbero “manutenzioni straordinarie”, si applichi il regime IVA previsto per le manutenzioni.
Seguendo questa tesi, peraltro, l’aliquota IVA potrebbe divergere rispetto a quella ordinariamente applicabile per opere che sarebbero, in via ordinaria, qualificabili come interventi di recupero o ristrutturazione edilizia ex art. 3 lett. c) e d) del DPR 380/2001 (laddove vi siano, ad esempio, lavori che coinvolgono le parti strutturali dell’edificio).

Le manutenzioni straordinarie su fabbricati che non siano a prevalente destinazione abitativa, difatti, richiedono l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria. Si pensi ai committenti che hanno la qualifica di ONLUS e, in particolare, alle RSA per le quali il superbonus beneficia dell’aliquota del 110% sino a fine 2025.
Per le manutenzioni su fabbricati abitativi, invece, l’aliquota del 10% sarebbe soggetta alla limitazione per i beni significativi, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. b) della L. 488/99 (limite che non è previsto per gli interventi di recupero o ristrutturazione).

A livello sistematico, tuttavia, non pare condivisibile una posizione come quella sin qui descritta.
Le aliquote dovrebbero essere applicate secondo le norme ordinarie in materia di IVA e non essere condizionate dalla disposizione speciale recata dall’art. 119 comma 13-ter in esame, in quanto volta ad agevolare l’autorizzazione di inizio lavori richiedendo la CILA in luogo della SCIA anche per opere di maggiore entità.
La determinazione delle aliquote IVA, invece, rimarrebbe ancorata alla qualificazione degli interventi secondo il titolo edilizio, in base alle ordinarie definizioni del DPR 380/2001.

Pertanto, se le opere rientrano nell’ambito del restauro e risanamento conservativo (art. 3 lett. c) del DPR 380/2001) o della ristrutturazione edilizia (art. 3 lett. d) del DPR 380/2001), si applica l’aliquota del 10%, come ordinariamente previsto dal n. 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72.
Non consta che l’Agenzia delle Entrate si sia pronunciata in via ufficiale sul punto.

Tuttavia, a livello più generale (e prima della disposizione speciale in tema di CILA superbonus), l’Agenzia, esprimendosi in merito all’aliquota applicabile per la riqualificazione energetica, ha affermato che “per la corretta definizione degli interventi edilizi indicati dall’istante, occorre fare riferimento alla classificazione degli stessi ai sensi delle disposizioni dell’articolo 31, comma 1, della Legge 5 agosto 1978 n. 457”. Per questa ragione, “solo gli interventi di recupero rientranti nelle previsioni di cui alle lettere c), d) ed e) del sopra menzionato articolo 31 della legge n. 457 del 1978 (trasfuse nelle lettere c), d) ed f) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001), riguardanti, rispettivamente, il restauro e risanamento conservativo (cfr. lett. c); la ristrutturazione edilizia (cfr. lett. d) e la ristrutturazione urbanistica (cfr. lett. e), possono fruire dell’aliquota agevolata ai sensi del citato n. 127-quaterdecies” (risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 604/2020).Reverse charge escluso verso il general contractor

Per gli interventi edilizi che sono resi nei confronti di un “general contractor”, oltre all’aliquota, si pone un ulteriore dubbio in merito all’applicabilità (o meno) del reverse charge, previsto in via generale per i subappalti a norma dell’art. 17 comma 6 lett. a) del DPR 633/72.

A livello letterale, è infatti esclusa la soggezione al reverse charge per le “prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori”.
Non è pacifico ritenere disapplicata la disposizione anche in presenza di un contraente generale di un committente privato. Tuttavia, la formulazione letterale della norma parrebbe consentire di pervenire a questa conclusione, perché “un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori” è un’espressione definitoria che identifica in modo chiaro la fattispecie, senza comprimerla in alcun modo ai casi in cui il committente che affida la totalità dei lavori sia un soggetto pubblico. La ratio della disposizione sembrerebbe quella di assimilare il rapporto nei confronti del contraente generale (in quanto soggetto cui viene affidata la totalità dei lavori) a un rapporto di appalto diretto, piuttosto che a un subappalto.

Resta applicabile il reverse charge per gli interventi specificamente riconducibili a quelli individuati dall’art. 17 comma 6 lett. a-ter) del DPR 633/72 (prestazioni di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici), per i quali non rileva lo status “soggettivo” del destinatario.

Riduzione delle informazioni e semplificazioni per i modelli ISA

Lo schema di decreto legislativo relativo alla modifica di alcuni adempimenti tributari approvato dal Consiglio dei Ministri – sul quale ora dovranno rendere parere le Commissioni parlamentari competenti – attua quella razionalizzazione e revisione degli indici sintetici di affidabilità fiscale, i cui criteri direttivi sono indicati nella legge delega per la riforma fiscale (art. 16 della L. 111/2023).

Stando alla bozza circolata, attraverso l’intervento sono inseriti nuovi commi all’art. 9-bis del DL 50/2017, istitutivo degli ISA.
L’azione del Governo per raggiungere tali obiettivi si esplica attraverso:
– il rafforzamento dell’attività di revisione degli ISA finalizzata a garantire una più adeguata rappresentazione delle realtà economiche cui si riferiscono (art. 5 dello schema di decreto);
– la messa a disposizione del contribuente dei dati allo stesso riferibili, l’eliminazione dai modelli dichiarativi delle informazioni superflue ai fini del calcolo e l’implementazione dei dati precalcolati che l’Agenzia rende disponibili nel Cassetto fiscale (art. 6 dello schema di decreto);
– l’anticipazione del programma informatico per la compilazione della modulistica (art. 7 dello schema di decreto);
– il rafforzamento del regime premiale, con specifico riguardo al beneficio dell’esonero dall’apposizione del visto di conformità (art. 14 dello schema di decreto).

Con riguardo al primo aspetto, si prevede che, nell’ambito delle revisioni periodiche degli ISA, siano anche svolte attività finalizzate alla riorganizzazione e razionalizzazione degli indici per garantirne la capacità di rappresentazione dei diversi comparti economici cui si riferiscono e di cogliere le evoluzioni della classificazione delle attività economiche ATECO.

Nell’ottica di ridurre e semplificare la compilazione dei modelli ISA, l’Agenzia delle Entrate agevolerà l’attività di acquisizione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli ISA, rendendo disponibili ai contribuenti e ai loro intermediari – secondo modalità che dovranno essere definite con apposito DM – gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi. Tale azione si accompagna:
– alla progressiva riduzione dei dati richiesti nei modelli ISA, eliminando quelli non indispensabili per il calcolo del punteggio e per l’elaborazione o l’aggiornamento degli indici;
– all’implementazione delle variabili che l’Agenzia annualmente trasmette ai contribuenti e agli intermediari con i dati delle precompilate ISA.

L’art. 7 dello schema di decreto anticipa i termini per la messa a disposizione del programma per la compilazione dei modelli ISA, che è previsto:
– entro il mese di aprile, relativamente all’anno 2024;
– entro il giorno 15 del mese di marzo, a partire dal 2025.

L’anticipazione è in linea con quella prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi e sembrerebbe strumentale al reperimento delle informazioni necessarie all’elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale.

In relazione al rafforzamento del regime premiale ISA, lo schema di decreto stabilisce l’incremento:
– da 50.000 a 70.000 euro annui della soglia per l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione del credito IVA;
– da 50.000 a 70.000 euro annui della soglia per l’esonero dall’apposizione del visto di conformità ovvero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi IVA;
– da 20.000 a 50.000 euro annui della soglia per l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti relativi alle imposte dirette e IRAP.

La Relazione illustrativa allo schema di decreto dovrebbe precisare al riguardo che, ferme restando le attuali soglie di esonero, le più alte soglie individuate nella norma potranno essere correlate a livelli di affidabilità maggiori (ad esempio, soggetti ISA con punteggio pari o superiore a 9).

Contributo a fondo perduto per interventi edilizi 2023 agevolabili al 90% – istanze entro il 31/10/2023

Entro il prossimo 31/10/2023 è possibile presentare le domande per il contributo a fondo perduto di cui all’art. 9 comma 3 del DL 176/2022, relativo agli interventi agevolati con il superbonus al 90% eseguiti da persone fisiche sull’abitazione principale.

Si ricorda che con il DM 31 luglio 2023 sono stati definiti i criteri e le modalità di erogazione di tale agevolazione, mentre con il provvedimento 22 settembre 2023 n. 332648 l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello di istanza e le relative istruzioni per richiedere il contributo.

L’agevolazione riguarda le spese sostenute da persone fisiche (al di fuori dell’esercizio di imprese, arti o professioni) per gli interventi agevolati con il superbonus al 90%, effettuati:
• su edifici unifamiliari o su singole unità immobiliari “indipendenti e autonome” site in edifici plurifamiliari;
• su parti comuni di edifici condominiali o sulle singole unità immobiliari site all’interno dei predetti condomìni (nonché, si ritiene, sulle parti comuni di edifici interamente posseduti – anche in comproprietà – composti da due a quattro unità immobiliari, in virtù del richiamo al primo periodo dell’art. 119 comma 8-bis del DL 34/2020 contenuto nell’art. 9 comma 3 del DL 176/2022.

Per poter beneficiare dell’agevolazione, è inoltre necessario che il contribuente:
• abbia un “reddito di riferimento” non superiore a 15.000 euro (da determinare ai sensi dell’art. 119 comma 8-bis.1 del DL 34/2020);
• alla data di inizio lavori risulti titolare (almeno pro quota) di un diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto dell’intervento (o, per gli interventi effettuati dai condomìni, sull’unità immobiliare facente parte del condominio);
• alla data di avvio dei lavori o, al più tardi, al termine degli stessi, abbia adibito ad abitazione principale la predetta unità immobiliare, ai sensi dell’art. 10 comma 3-bis del TUIR.

L’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto previsto dall’art. 9, c. 3,DL 176/2022 contiene le seguenti informazioni:
• il codice fiscale del soggetto, persona fisica, che richiede il contributo;
• nel caso in cui il soggetto richiedente sia un erede del soggetto che ha sostenuto la spesa agevolabile e conservi la detenzione materiale e diretta dell’immobile per il quale richiede il contributo, il codice fiscale del de cuius;
• il codice fiscale del legale rappresentante del soggetto che richiede il contributo nel caso in cui il soggetto richiedente sia minore o interdetto;
• le dichiarazioni – rese dal richiedente ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000 – sul possesso dei requisiti per l’ottenimento del contributo a fondo perduto. In particolare, in caso di spese agevolabili sostenute direttamente dal richiedente, le dichiarazioni di:
– avere un reddito di riferimento per l’anno di imposta 2022 non superiore a €. 15.000, determinato secondo quanto disposto dall’art. 119, c. 8-bis 1, del DL 34/2020;
– aver sostenuto, nel periodo dal 1° gennaio 2023 al 31 ottobre 2023, spese detraibili con percentuale del 90% a fronte degli interventi edilizi previsti dall’art. 119, c. 8-bis 1, del DL 34/2020, ed effettuati sull’unità immobiliare per la quale si richiede il contributo e/o sulle parti comuni condominiali gravanti sulla medesima unità immobiliare;
– essere titolare alla data di inizio dei lavori, almeno in quota, di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare per la quale si richiede il contributo e aver adibito, alla data di avvio dei lavori o, al più tardi, al termine di essi, la medesima unità immobiliare ad abitazione principale, così come definita all’articolo 10, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
– In caso di sostenimento delle spese da parte del de cuius, l’istanza contiene le dichiarazioni che il de cuius, alla data del sostenimento della spesa agevolabile, era in possesso dei requisiti sopra riportati; che l’erede richiedente conserva la detenzione materiale e diretta dell’immobile oggetto dell’intervento;
• l’IBAN del conto corrente intestato al soggetto richiedente il contributo;
• il codice fiscale dell’eventuale soggetto incaricato della trasmissione telematica dell’istanza;
• la data di sottoscrizione e la firma dell’istanza.

L’istanza – L’istanza, inoltre, contiene un quadro A per l’indicazione dei dati catastali identificativi dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale per la quale si richiede il contributo.

L’istanza, altresì, contiene un quadro B, composto da due sezioni:
• la Sezione I per l’indicazione dei codici fiscali dei componenti del nucleo familiare del richiedente e/o del de cuius nell’anno 2022 previsti dall’art. 119, c. 8-bis 1, del DL 34/2020 e dei rispettivi redditi complessivi conseguiti nell’anno di imposta 2022;
• la Sezione II per l’indicazione delle spese sostenute, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e il 31 ottobre 2023, dal richiedente e/o dal de cuius e dagli eventuali ulteriori soggetti possessori dell’unità immobiliare indicata nel quadro A e relative agli interventi edilizi per i quali spetta la detrazione limitatamente al 90% del loro ammontare, al lordo dell’eventuale sconto in fattura applicato dal prestatore a fronte della cessione del credito d’imposta corrispondente alla detrazione, con specifica della data del primo bonifico effettuato.

Nell’istanza, infine, è presente un quadro C che riepiloga i dati indicati dal richiedente, necessari alla determinazione del contributo.

Termini presentazione istanza – La trasmissione dell’istanza può essere effettuata entro il 31/10/2023.

Nel suddetto periodo è possibile, in caso di errore, presentare una nuova istanza, in sostituzione dell’istanza precedentemente trasmessa.

L’ultima istanza trasmessa nel periodo suddetto sostituisce integralmente tutte quelle precedentemente inviate. È possibile, inoltre, presentare una rinuncia all’istanza precedentemente trasmessa, da intendersi come rinuncia totale al contributo. La rinuncia può essere trasmessa entro il 31/10/2023. Anche la rinuncia può essere presentata da un intermediario abilitato ex art. 3, c. 3, DPR 322/1998, con delega alla consultazione del Cassetto fiscale del richiedente.

A seguito della presentazione dell’istanza è rilasciata una prima ricevuta che ne attesta la presa in carico, ai fini della successiva elaborazione, ovvero lo scarto a seguito dei controlli formali dei dati in essa contenuti.

La ricevuta di cui al punto precedente è messa a disposizione del soggetto che ha trasmesso l’istanza nella sezione della propria area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate.

L’Agenzia delle entrate effettua ulteriori controlli sulle informazioni contenute nelle istanze per le quali è stata messa a disposizione la ricevuta di presa in carico, riscontrandole con le informazioni presenti in Anagrafe Tributaria. Tali controlli possono comportare lo scarto dell’istanza.

Calcolo ed erogazione del contributo – Il contributo è determinato in relazione alle spese sostenute dal richiedente e/o dal de cuius entro il limite massimo di spesa agevolabile di 96.000 euro. Tale limite è ridotto in misura proporzionale qualora anche altri titolari di quote di diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto degli interventi, abbiano sostenuto quote della spesa agevolabile. In tal caso, al limite di 96.000 euro deve essere applicata la percentuale derivante dal rapporto tra l’importo della spesa agevolabile sostenuta dal richiedente e/o dal de cuius e l’importo complessivo della spesa agevolabile sostenuta da tutti i soggetti titolari di quote di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento.

l contributo richiesto è pari al minore tra l’importo della spesa agevolabile rimasta a carico del richiedente e/o dal de cuius e il 10% del limite massimo di spesa agevolabile che si applica al richiedente e/o al de cuius, determinato come precedentemente indicato.

Decorso il termine di presentazione delle istanze, l’Agenzia delle entrate procede a ripartire le risorse finanziarie stabilite dall’art. 9, c. 3,DL 176/2022 , sulla base degli importi dei contributi richiesti indicati nelle istanze validamente presentate.

In particolare:
• se il rapporto percentuale tra le predette risorse finanziarie e l’ammontare complessivo dei contributi richiesti è superiore al 100 %, sarà erogato il 100% dell’importo richiesto nell’istanza;
• se il predetto rapporto percentuale è compreso tra il 10 e il 100% il contributo da erogare sarà determinato applicando all’importo richiesto la percentuale risultante;
• se, infine, il rapporto percentuale tra l’ammontare delle risorse stanziate e l’ammontare complessivo dei contributi richiesti è inferiore al 10%, il contributo sarà determinato applicando all’importo richiesto la percentuale del 10%. In tale ultimo caso il contributo sarà erogato, fino ad esaurimento delle risorse stanziate, sulla base dell’ordine cronologico delle date, indicate nelle istanze, nelle quali è stato effettuato il primo bonifico per il pagamento delle spese oggetto del contributo a partire dal 1° gennaio 2023. In presenza di istanze contenenti la medesima data di effettuazione del primo bonifico e di insufficienza delle risorse finanziarie necessarie per l’erogazione di tutti i contributi richiesti con le stesse, si procederà al pagamento sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle suddette istanze, fino ad esaurimento delle risorse finanziarie. Il mancato pagamento delle istanze per esaurimento delle risorse finanziarie disponibili comporterà lo scarto delle stesse.

Per il 2024 soglia base dei fringe benefit a 1.000 euro

Nel Ddl. bilancio 2024, approvato lo scorso 16 ottobre dal Consiglio dei Ministri, sarebbe previsto l’incremento, per il 2024, della soglia di non imponibilità dei fringe benefit a 1.000 per tutti i dipendenti, con un ulteriore incremento fino a 2.000 euro per i soli dipendenti con figli a carico.

Fermo restando che l’art. 5 comma 1 lettera e) della L. 111/2023 (legge delega per la riforma fiscale) prevede l’intenzione di procedere a una revisione della disciplina dei fringe benefit, allo stato attuale, a norma dell’art. 51 comma 1 del TUIR, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (c.d. “principio di onnicomprensività”). I beni e servizi forniti al dipendente diversi dalle somme in denaro vengono individuati con il termine fringe benefit dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria.

Il comma 3 (terzo periodo, prima parte) dell’art. 51 del TUIR stabilisce, tuttavia, che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se, complessivamente, di importo non superiore a 258,23 euro nel periodo d’imposta. Il superamento di quest’ultimo importo comporta la tassazione ordinaria dell’intero ammontare e non soltanto della quota parte eccedente il citato limite.
Per il 2023, l’art. 40 del DL 48/2023 ha incrementato il suddetto limite a 3.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli a carico, includendo tra i fringe benefit concessi a tali lavoratori anche le utenze domestiche, generando quindi un doppio binario per la determinazione del reddito di lavoro dipendente in relazione ai fringe benefit 2023.

Stando alle bozze circolate nel Ddl. di bilancio 2024 sarebbe ora previsto che, limitatamente al periodo d’imposta 2024, in deroga a quanto disposto dall’art. 51 comma 3, prima parte del terzo periodo, del TUIR, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di 1.000 euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti.
Pertanto, per il solo 2024, il limite di non imponibilità “ordinario” di 258,23 euro salirebbe a 1.000 euro per tutti i dipendenti. Una conferma sembrerebbe essere contenuta nel comunicato stampa del Governo del 16 ottobre scorso. 

Sono esempi di fringe benefit, che rientrano nella suddetta soglia, le auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti, i prestiti ai dipendenti, i fabbricati in uso ai dipendenti, gli smartphone e i computer concessi in uso promiscuo, gli omaggi natalizi, nonché i buoni spesa e i buoni carburante.
Sono invece esclusi i buoni pasto, anche in caso di superamento dei limiti di esenzione previsti (4 o 8 euro per i buoni elettronici).Rilevano anche i rimborsi delle spese per l’affitto o gli interessi sui mutui

Una rilevante novità riguarda la circostanza che nella soglia, secondo quanto si legge nella bozza del Ddl. di bilancio 2024, sarebbe possibile considerare anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento:
– delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale;
– delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

La disposizione del Ddl. di bilancio dovrebbe prevedere inoltre che il suddetto limite sia elevato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 12 comma 2 del TUIR (vale a dire i lavoratori con figli fiscalmente a carico).

Analogamente alla disposizione prevista per il 2023, anche per l’incremento 2024:
– i datori di lavoro provvedono all’attuazione previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti;
– il limite di 2.000 euro si applica se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli.

DELEGA PER I SERVIZI DI FATTURAZIONE ELETTRONICA PER I FORFETARI

Come noto, gli intermediari abilitati possono utilizzare:
▪ i servizi di fatturazione elettronica, resi disponibili tramite il portale Fatture e corrispettivi,
▪ per conto dei propri clienti che abbiano conferito loro una apposita delega.

I servizi delegabili sono i seguenti:

In particolare tramite il servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” l’intermediario può svolgere le seguenti attività:

CONFERIMENTO DELLA DELEGA DA PARTE DELL’OPERATORE ECONOMICO

L’attribuzione della delega può avvenire:
a) in via diretta da parte del contribuente: alternativamente:
✓ tramite l’utilizzo dell’apposita funzione disponibile nella propria area riservata del sito dell’Agenzia
✓ consegnando la delega cartacea a qualsiasi ufficio dell’Agenzia
b) tramite consegna del modello di delega (debitamente sottoscritto) all’intermediario: in tal caso quest’ultimo provvederà alla trasmissione telematica tramite il sistema Entratel, potendo provvedere
✓ all’invio di ciascuna singola delega (invio cd. “puntuale”)
✓ all’invio di una pluralità di deleghe (invio cd. “massivo”).

N.B.: la trasmissione va corredata degli “elementi di riscontro” (“volume d’affari” e “IVA a credito/debito” riportati nel Mod. Iva presentato nell’anno precedente al conferimento della delega).

Solo per i soggetti privi di tali elementi di riscontro è possibile trasmettere un apposito file tramite PEC alla Dre competente.

PROVVEDIMENTO 17/10/2023 – ESTENSIONE DELLA DELEGA AI FORFETARI

L’Agenzia delle Entrate, con il Provv. del 17/10/2023, ha aggiornato le specifiche tecniche per l’attivazione delle deleghe agli intermediari, finalizzate al suddetto utilizzo dei servizi di fatturazione elettronica messi a disposizione dall’Agenzia, per conto dei deleganti.
L’intervento (che modifica il precedente Provv. 5/11/2018) si è reso necessario a seguito dell’estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica ai forfetari, disposta dal DL n. 36/2022 (v. RF– fl 173/2022).

N.B.: considerata l’assenza dei Mod. Iva da parte dei forfetari, l’Agenzia ha aperto alla possibilità di
utilizzare ulteriori elementi riscontro desumibili dalla dichiarazione dei redditi (quadro LM) presentata dal delegante nell’anno solare precedente a quello di conferimento/revoca della delega.

DATI ESSENZIALI PER L’ATTIVAZIONE DELLE DELEGHE

In particolare per i contribuenti in regime forfetario (art. 1, co. 54 – 89 L. 190/2014) ed i contribuenti “minimi” (art. 27, co. 1 e 2, DL n. 98/2011) i dati essenziali da comunicare per il conferimento delle deleghe per gli operatori economici corrispondono a:
▪ l’importo del reddito lordo complessivo e l’importo corrispondente al reddito soggetto ad imposta sostitutiva indicati nel quadro LM;
▪ nonché l’importo corrispondente al reddito complessivo
contenuti nella dichiarazione dei redditi presentata dal delegante nell’anno solare antecedente a quello di conferimento/revoca della delega.


Nell’omessa dichiarazione sanzioni proporzionali anche con IVA pagata

Con la risposta a interpello n. 450 di ieri, l’Agenzia delle Entrate, ribaltando implicitamente la tesi a suo tempo affermata con la circolare n. 54 del 2002, si è adeguata a quanto sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 46/2023 in tema di imposte sui redditi, specificando che ciò vale anche per l’IVA.

Se il contribuente omette la dichiarazione IVA ma comunque paga le imposte, sarà sanzionato in modo proporzionale, quindi:
– con sanzione dal 60% al 120% con minimo di 200 euro se la dichiarazione è trasmessa entro il termine per inviare quella del periodo di imposta successivo e comunque prima di ogni controllo;
– con sanzione dal 120% al 240% con minimo di 250 euro se la presentazione avviene dopo.

Gli uffici potranno tuttavia tenere conto della condotta del contribuente e applicare la riduzione della sanzione sino alla metà del minimo come prevede l’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97.
L’unico caso in cui viene irrogata una sanzione fissa si ha laddove vengano pagate le imposte entro i 90 giorni (ovvero sino a quando la dichiarazione, pur tardiva, non si considera ancora omessa ai sensi dell’art. 2 comma 7 del DPR 322/98).
Insomma, quando ci sono più interpretazioni possibili, prevale automaticamente l’interpretazione meno favorevole al contribuente (dunque quella più favorevole alle casse dell’Erario).

Ma, a ben vedere, l’interpretazione serve quando sussiste una lacuna da colmare, che potrebbe esserci nelle imposte sui redditi ma non ai fini IVA.
Si riporta l’art. 5 comma 1 del DLgs. 471/97: “Per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”.

Nella risposta a interpello si effettua un’operazione “ortopedica” della norma, aggiungendo quello che non dice, ovvero: “sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo [purché entro il termine dei 90 giorni dalla dichiarazione]”.
La logica è quella della sentenza “manipolativa” della Consulta, ma l’Agenzia delle Entrate non gode di legittimazione, non è la Corte Costituzionale.

Non si spiega perché non si ritiene più “attuale” la circolare n. 54 del 2002, citata dall’interpellante, ove si era sostenuto che, in sede di accertamento induttivo, ove risultassero effettuati i versamenti le sanzioni sarebbero state fisse, trattandosi di dichiarazione omessa dalla quale non emergono imposte da versare (circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54 § 17.1).

Appare evidente come l’Agenzia delle Entrate abbia recepito quanto detto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 17 marzo 2023 n. 46: non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del DLgs. 471/97 che, nel prevedere, per l’omessa dichiarazione, una sanzione dal 120% al 240% delle imposte dovute, non specifica che ciò va calcolato solo sul residuo dell’imposta ancora da pagare.
Può però operare l’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97.

Insomma, il quadro sanzionatorio indicato confligge a pieno titolo con il diritto unionale, che ha come principio fondamentale la proporzionalità.

Vengono nella risposta di ieri indicate le sanzioni (con le riduzioni da ravvedimento) che il contribuente deve pagare se per errore (o anche intenzionalmente) omette le fatture e le dichiarazioni:
– sanzione del 90% per omessa fatturazione con minimo di 500 euro, per ogni operazione (art. 6 comma 1 del DLgs. 471/97);
– sanzione di 500 euro per omessa LIPE (art. 11 comma 2-ter del DLgs. 471/97);
– sanzione del 120% (o del 60%) riducibile alla metà per l’omessa dichiarazione, essendo del tutto irrilevante che le imposte siano state pagate (non ravvedibile);
– sanzione di 1.000 euro per irregolare contabilità (art. 9 del DLgs. 471/97);
– nella specie, sanzione di 500 euro per mancata dichiarazione di inizio attività (art. 5 comma 6 del DLgs. 471/97).
Poi (ma nella risposta non se ne parla) bisogna spesso aggiungere le sanzioni da dichiarazione infedele/omessa in tema di imposte sui redditi e IRAP.

Per la causa di non punibilità/attenuante per il reato dell’art. 5 del DLgs. 74/2000 occorre pagare tutte le somme anche ai fini sanzionatori. Se non ci si adegua a quanto indicato, le Entrate potrebbero non rilasciare il certificato dell’art. 22 del DLgs. 74/2000.
Sebbene ci siano le riduzioni da ravvedimento, sebbene ci sia la riduzione sino alla metà del minimo per l’omissione dichiarativa, è davvero arduo affermare che la proporzionalità sia rispettata.

Non resta che confidare nel legislatore delegato, che, in attuazione della L. 111/2023, potrà agire su diversi fronti, superando definitivamente interpretazioni che non solo, come dimostrato, sono in contrasto con la norma, ma che hanno l’effetto di incrinare in modo permanente il rapporto tra Stato e contribuenti.

Per gli investimenti in beni «prenotati» nel 2022 tempo fino al 30 novembre

Scade il prossimo 30 novembre il termine “lungo” per effettuare gli investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” e materiali “4.0” prenotati nel 2022, per fruire del credito d’imposta ex L. 178/2020 nella misura prevista per il 2022. Il termine è stato così prorogato, da ultimo, ad opera del DL 198/2022 (c.d. decreto “Milleproroghe”).

L’art. 1 comma 1055 della L. 178/2020 dispone che per gli investimenti in nuovi beni strumentali “ordinari” (diversi da quelli 4.0) effettuati dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 (in assenza di precedente “prenotazione”), il credito d’imposta spetti nella misura del 6% del costo, nel limite massimo dei costi agevolabili pari a 2 milioni di euro per i beni materiali e a 1 milione per quelli immateriali.

Tale agevolazione spetta anche nel caso in cui gli investimenti vengano effettuati nel termine “lungo” del 30 novembre 2023 (come modificato dall’art. 12 comma 1-bis del DL 198/2022), qualora entro il 31 dicembre 2022 il relativo ordine sia stato accettato dal venditore e sia stato effettuato il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. In tal modo, infatti, si verifica la c.d. “prenotazione”, che incardina l’agevolazione nella disciplina prevista dall’art. 1 comma 1055 della L. 178/2020 (sul tema della “prenotazione” si vedano, ex multis, risposte a interpello Agenzia delle Entrate nn. 62/2022, 355/2022, 473/2022 e 537/2022).
Si ricorda che per gli investimenti in beni “ordinari” effettuati nel 2023 – senza alcuna “prenotazione” – non è invece previsto alcun credito d’imposta.

Quanto ai beni materiali “4.0”, ai sensi dell’art. 1 comma 1057 della L. 178/2020, per gli investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’Allegato A alla L. 232/2016 effettuati nel 2022, o nel termine “lungo” del 30 novembre 2023 (come modificato dall’art. 12 comma 1-ter del DL 198/2022) in caso di “prenotazione” entro il 31 dicembre 2022, il credito d’imposta spetta nella misura del 40%, 20% e 10%, rispettivamente per le quote di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, tra 2,5 e 10 milioni e tra 10 e 20 milioni.
Nel caso in cui tali investimenti vengano effettuati oltre il 30 novembre ma sempre nel 2023, l’agevolazione applicabile sarebbe quella prevista per il 2023, vale a dire la misura inferiore del 20%, 10% e 5% (art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020, che riguarda, sulla base dell’attuale disciplina, gli investimenti fino al 2025).

Per i beni immateriali “4.0” prenotati nel 2022 il termine “lungo” per l’effettuazione dell’investimento è scaduto lo scorso 30 giugno.

Indicazione già nel modello REDDITI 2023

L’agevolazione relativa agli investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” e in beni materiali “4.0” prenotati nel 2022, ma effettuati entro il 30 novembre 2023, deve essere indicata nel modello REDDITI 2023.

Le istruzioni per la compilazione del quadro RU di tali modelli prevedono infatti che nella colonna 2 del rigo RU5 (rigo denominato “credito d’imposta spettante nel periodo”) vada indicato l’importo del credito d’imposta maturato per investimenti effettuati successivamente alla chiusura del periodo d’imposta oggetto della dichiarazione ed entro il 30 novembre 2023 (30 giugno 2023 per il codice “3L”) per i quali entro il 31 dicembre 2022 si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20% del prezzo di acquisto.
Viene altresì precisato che “tale importo, qualora utilizzato in compensazione, non può essere riportato nel rigo RU6 della presente dichiarazione in quanto compensato nel periodo d’imposta successivo a quello oggetto della presente dichiarazione”.

Per i beni in esame occorre inoltre compilare il rigo RU140, denominato “Investimenti beni strumentali 2022 (effettuati dopo la chiusura del periodo d’imposta)”.
Le istruzioni per la compilazione del modello REDDITI SC 2023 prevedono infatti che, ai fini del monitoraggio della misura agevolativa nell’ambito del PNRR, per poter misurare il raggiungimento da parte dell’Italia degli obiettivi previsti nel piano, fermi restando i termini di utilizzo del credito d’imposta previsti dalla legge, vadano indicati anche i dati degli investimenti effettuati entro il 30 novembre 2023 (o entro il 30 giugno 2023 per il credito “3L” ) per i quali entro il 31 dicembre 2022 si sia proceduto alla “prenotazione”, anche se non ricompresi nel periodo d’imposta di riferimento della presente dichiarazione.

Sulla base di alcuni chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate (FAQ Agenzia delle Entrate 5 giugno 2023, ancorché con riguardo al modello REDDITI 2023), nel successivo modello REDDITI 2024, nel rigo RU130 andranno indicati soltanto gli investimenti effettuati nel periodo d’imposta oggetto di tale dichiarazione (vale a dire il 2023) ma diversi da quelli già esposti nel rigo RU140 del modello REDDITI 2023, per evitare la duplicazione dei dati.

Per gli impatriati, torna la detassazione al 50% solo per i lavoratori qualificati

Lo schema di DLgs. di attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, approvato dal Governo in via preliminare il 16 ottobre, revisiona in modo dirompente l’agevolazione per i lavoratori impatriati.

Di fatto, lo schema dispone un ritorno al passato del beneficio che, dal 2024, riguarderà i soli lavoratori in possesso dei requisiti di elevata qualificazione e specializzazione, i quali potranno godere della detassazione nella misura del 50% se il reddito rispetta un determinato limite.
Rimane invariata la detassazione per i docenti e i ricercatori (art. 44 del DL 78/2010), mentre non risulta chiaro, a una prima lettura, come il regime opererà nei confronti degli sportivi professionisti.

L’intervento tende ad allineare la normativa a quanto previsto dagli altri Stati europei, ponendo requisiti più stringenti.
Più nel dettaglio, l’art. 7 della bozza di DLgs. dispone che il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati riguardi i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia.
Si tratta di una prima rilevante novità in quanto, ove la formulazione venisse confermata, rimarrebbero esclusi i redditi di impresa percepiti dall’imprenditore individuale, i quali rientrano invece nella versione dell’agevolazione attualmente vigente.

Altra significativa novità è l’introduzione di un limite di reddito agevolato, pari a 600.000 euro.
La nuova misura di detassazione è pari al 50% del reddito (non più quindi pari al 70%) e, diversamente da quanto a oggi previsto, non è stabilita alcuna riduzione ulteriore per i trasferimenti di residenza nel Sud Italia (in tale ipotesi la detassazione è pari al 90%).

Venendo ai requisiti di carattere soggettivo, va rilevato come la norma torni a interessare i soli soggetti in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal DLgs. 28 giugno 2012 n. 108 e dal DLgs. 9 novembre 2007 n. 206. In altre parole, come nella versione dell’agevolazione vigente fino al 29 aprile 2019, la fruizione del beneficio è subordinata alle seguenti condizioni:
– conseguimento di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta in Italia;
– possesso dei requisiti previsti dal DLgs. 9 novembre 2007 n. 206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate.

Cambiano anche i requisiti legati alla residenza estera pregressa e al mantenimento della residenza in Italia, pena il recupero dei benefici fruiti con le relative sanzioni e interessi.
Per fruire del nuovo regime, infatti, si richiede che i lavoratori siano stati residenti all’estero nei tre periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia (in luogo dei due periodi richiesti dall’attuale regime) e che gli stessi si impegnino a risiedere in Italia per almeno cinque anni (in luogo dei due anni previsti dall’attuale regime).

Discontinuità rispetto all’attività ante rientro

Di particolare rilevanza sono poi i requisiti legati all’attività lavorativa da svolgere in Italia per la maggior parte del periodo di imposta. Il nuovo regime richiede, al riguardo, che la stessa sia svolta in virtù di un “nuovo” rapporto di lavoro con un soggetto “diverso” da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al suo stesso gruppo.

Anche in questo caso, si determina una restrizione dell’ambito applicativo del beneficio, con conseguente superamento dell’interpretazione, fornita in virtù dell’ampia formulazione dell’attuale art. 16 del DLgs. 147/2015, per cui, al di fuori dell’ipotesi del distacco, l’agevolazione non è subordinata al rispetto di particolari requisiti di novità del rapporto di lavoro, potendone fruire anche la persona che, rientrata in Italia, continui a svolgere la medesima attività per il datore di lavoro estero in modalità smart working.

La nuova norma dispone infine l’abrogazione, dal 1° gennaio 2024, dell’art. 16 del DLgs. 147/2015, nonché dell’art. 5 commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del DL 34/2019. In altre parole, è disposta l’abrogazione della disciplina degli impatriati a oggi operativa (ivi inclusa la facoltà di prolungamento della stessa).
Le stesse disposizioni, però, continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il 2023.

Trasferimenti fino al 2023Trasferimenti dal 2024
Redditi agevolati – EntitàNessun limiteLimite massimo di 600.000 euro
Redditi agevolati – NaturaReddito di lavoro dipendente e assimilato, reddito di lavoro autonomo, reddito d’impresa dell’imprenditore individualeReddito i lavoro dipendente e assimilato, reddito di lavoro autonomo
Misura dell’agevolazioneReddito imponibile al 30%
Reddito imponibile al 10% per i trasferimenti al sud Italia
Reddito imponibile al 50% per gli sportivi professionisti
Reddito imponibile al 50%
Durata dell’agevolazione5 periodi di imposta
(facoltà di proroga per ulteriori 5 periodi)
5 periodi di imposta 
(non sono previste proroghe)
Residenza estera pregressa2 periodi di imposta3 periodi di imposta
Impegno a mantenere la residenza in Italia2 anni5 anni
Attività lavorativa svolta prevalentemente in ItaliaNon necessaria la discontinuità con l’attività svolta ante trasferimento (con l’eccezione dell’ipotesi di distacco)Rapporto di lavoro nuovo con soggetto diverso da quello ante trasferimento
Qualificazione o specializzazioneNessuna Possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione

SPORT BONUS 2023 – 2° FINESTRA – DOMANDA ENTRO IL 16 NOVEMBRE

La legge di bilancio 2023 (art. 1, co. 614 L. 197/2022) ha esteso anche per l’anno 2023 il cd. “bonus sport”, che consiste nel riconoscimento di un credito d’imposta per le erogazioni liberali effettuate, a sostegno di interventi di:
▪️ manutenzione/restauro di impianti sportivi pubblici
▪️ realizzazione di nuove strutture sportive pubbliche
anche se destinate ai soggetti concessionari o affidatari degli impianti stessi.

MECCANISMO APPLICATIVO

I soggetti interessati:
✓ sono esclusivamente le imprese
✓ a cui è riconosciuto un credito di imposta pari al 65 % dell’importo erogato
✓ da utilizzarsi in 3 quote annuali di pari importo.

Limite: il credito d’imposta è riconosciuto nel limite di importo pari a:
✓ 1% dei ricavi 2022
✓ nel limite dello stanziamento pubblico (pari a €. 15 milioni per il 2023).

DOMANDA

La procedura di domanda resta quella definita dal DPCM 30/04/2019, il quale prevede due finestre temporali, rispettivamente:
1º finestra: dal 30 maggio al 30 giugno
2º finestra: dalle ore 8:00 del 16 ottobre alle ore 23:59 del 16 novembre.

PROCEDURA INVIO

La domanda sport bonus 2023 deve essere inviata esclusivamente tramite l’apposita piattaforma reperibile al link https://avvisibandi.sport.governo.it/.
Nella domanda, tra l’altro, bisogna indicare l’importo dell’erogazione liberale che si intende effettuare e il soggetto beneficiario.

Allegati: alla richiesta bisogna allegare:
✓ copia fotostatica del documento d’identità in corso di validità;
✓ visura camerale dell’impresa erogatrice;
✓ contratto di affitto o concessione dell’impianto sportivo interessato dall’intervento;
✓ dichiarazione in carta libera del soggetto beneficiario della volontà di accettare l’erogazione liberale, con indicazione dell’importo e del tipo di lavori che intende realizzare (nuova opera, restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia).

Una volta ricevuta la domanda, il Dipartimento dello sport, pubblica:
▪️ l’elenco delle imprese autorizzate a effettuare la donazione indicata nella domanda medesima
▪️ il termine entro cui deve essere inviata la quietanza di pagamento da cui risulti la dicitura: “operazione eseguita”, con causale “sport bonus 2023 — 2° finestra — numero seriale assegnato”.

Pagamento: l’erogazione liberale deve essere effettuata con uno dei seguenti strumenti “tracciabili”:
– bollettino postale
– bonifico bancario/postale
– carte di credito o carte di debito/prepagate
– assegni (bancari o circolari).

ADEMPIMENTI DEI BENEFICIARI

I destinatari dell’erogazione delle erogazioni liberali devono:
▪️ entro 10 giorni dal ricevimento dell’erogazione: comunicare al Dipartimento per Io Sport l’ammontare delle somme ricevute e la loro destinazione concreta e darne adeguata pubblicità attraverso mezzi informatici (sito web o altro)
▪️ entro il 30/06 di ogni anno successivo all’erogazione (e fino all’ultimazione dei lavori di manutenzione, restauro o realizzazione di nuove strutture): comunicare al Dipartimento per lo Sport Io stato di avanzamento dei lavori, anche mediante una rendicontazione delle modalità di utilizzo delle somme erogate.

RICONOSCIMENTO E UTILIZZO DEL CREDITO

A seguito delle erogazioni effettuate e certificate dagli enti destinatari, il Dipartimento dello Sport:
– quantifica il credito d’imposta effettivamente spettante, nel rispetto dei limiti dello stanziamento pubblico di fondi;
– ne dà comunicazione aII’Agenzia delle Entrate, la quale procede ad inserire il credito d’imposta nel Cassetto fiscale del contribuente;
– ufficializza l’elenco delle imprese che possono beneficiare del credito (con il relativo importo) sul proprio sito istituzionale.

Utilizzo: il credito d’imposta “Sport” Bonus 2023” è utilizzabile solo in compensazione nel Mod. F24
✓ da presentarsi attraverso i servizi telematici deII’Agenzia Entrate
✓ in ciascuno degli esercizi 2023, 2024 e 2025
✓ utilizzando il codice tributo “6892” (RM n. 65/2018), da esporre nella Sezione Erario.