Nell’omessa dichiarazione sanzioni proporzionali anche con IVA pagata

Con la risposta a interpello n. 450 di ieri, l’Agenzia delle Entrate, ribaltando implicitamente la tesi a suo tempo affermata con la circolare n. 54 del 2002, si è adeguata a quanto sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 46/2023 in tema di imposte sui redditi, specificando che ciò vale anche per l’IVA.

Se il contribuente omette la dichiarazione IVA ma comunque paga le imposte, sarà sanzionato in modo proporzionale, quindi:
– con sanzione dal 60% al 120% con minimo di 200 euro se la dichiarazione è trasmessa entro il termine per inviare quella del periodo di imposta successivo e comunque prima di ogni controllo;
– con sanzione dal 120% al 240% con minimo di 250 euro se la presentazione avviene dopo.

Gli uffici potranno tuttavia tenere conto della condotta del contribuente e applicare la riduzione della sanzione sino alla metà del minimo come prevede l’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97.
L’unico caso in cui viene irrogata una sanzione fissa si ha laddove vengano pagate le imposte entro i 90 giorni (ovvero sino a quando la dichiarazione, pur tardiva, non si considera ancora omessa ai sensi dell’art. 2 comma 7 del DPR 322/98).
Insomma, quando ci sono più interpretazioni possibili, prevale automaticamente l’interpretazione meno favorevole al contribuente (dunque quella più favorevole alle casse dell’Erario).

Ma, a ben vedere, l’interpretazione serve quando sussiste una lacuna da colmare, che potrebbe esserci nelle imposte sui redditi ma non ai fini IVA.
Si riporta l’art. 5 comma 1 del DLgs. 471/97: “Per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”.

Nella risposta a interpello si effettua un’operazione “ortopedica” della norma, aggiungendo quello che non dice, ovvero: “sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo [purché entro il termine dei 90 giorni dalla dichiarazione]”.
La logica è quella della sentenza “manipolativa” della Consulta, ma l’Agenzia delle Entrate non gode di legittimazione, non è la Corte Costituzionale.

Non si spiega perché non si ritiene più “attuale” la circolare n. 54 del 2002, citata dall’interpellante, ove si era sostenuto che, in sede di accertamento induttivo, ove risultassero effettuati i versamenti le sanzioni sarebbero state fisse, trattandosi di dichiarazione omessa dalla quale non emergono imposte da versare (circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54 § 17.1).

Appare evidente come l’Agenzia delle Entrate abbia recepito quanto detto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 17 marzo 2023 n. 46: non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del DLgs. 471/97 che, nel prevedere, per l’omessa dichiarazione, una sanzione dal 120% al 240% delle imposte dovute, non specifica che ciò va calcolato solo sul residuo dell’imposta ancora da pagare.
Può però operare l’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97.

Insomma, il quadro sanzionatorio indicato confligge a pieno titolo con il diritto unionale, che ha come principio fondamentale la proporzionalità.

Vengono nella risposta di ieri indicate le sanzioni (con le riduzioni da ravvedimento) che il contribuente deve pagare se per errore (o anche intenzionalmente) omette le fatture e le dichiarazioni:
– sanzione del 90% per omessa fatturazione con minimo di 500 euro, per ogni operazione (art. 6 comma 1 del DLgs. 471/97);
– sanzione di 500 euro per omessa LIPE (art. 11 comma 2-ter del DLgs. 471/97);
– sanzione del 120% (o del 60%) riducibile alla metà per l’omessa dichiarazione, essendo del tutto irrilevante che le imposte siano state pagate (non ravvedibile);
– sanzione di 1.000 euro per irregolare contabilità (art. 9 del DLgs. 471/97);
– nella specie, sanzione di 500 euro per mancata dichiarazione di inizio attività (art. 5 comma 6 del DLgs. 471/97).
Poi (ma nella risposta non se ne parla) bisogna spesso aggiungere le sanzioni da dichiarazione infedele/omessa in tema di imposte sui redditi e IRAP.

Per la causa di non punibilità/attenuante per il reato dell’art. 5 del DLgs. 74/2000 occorre pagare tutte le somme anche ai fini sanzionatori. Se non ci si adegua a quanto indicato, le Entrate potrebbero non rilasciare il certificato dell’art. 22 del DLgs. 74/2000.
Sebbene ci siano le riduzioni da ravvedimento, sebbene ci sia la riduzione sino alla metà del minimo per l’omissione dichiarativa, è davvero arduo affermare che la proporzionalità sia rispettata.

Non resta che confidare nel legislatore delegato, che, in attuazione della L. 111/2023, potrà agire su diversi fronti, superando definitivamente interpretazioni che non solo, come dimostrato, sono in contrasto con la norma, ma che hanno l’effetto di incrinare in modo permanente il rapporto tra Stato e contribuenti.

Legge delega fiscale: come adeguare l’IVA alla normativa europea

Tra le novità previste dalla L. 111/2023 (Legge delega fiscale), entrata in vigore il 29 agosto 2023, l’art. 7, in materia IVA, sembrerebbe il più complesso. Nel dettaglio, si prevede la:

1ridefinizione dei presupposti IVA al fine di renderli più aderenti alla normativa UE; 2) revisione delle disposizioni sulle operazioni esenti anche individuando le operazioni per le quali i contribuenti possono optare per l’imponibilità in linea con i criteri posti dalla normativa UE;

3) razionalizzazione del numero e la misura delle aliquote IVA secondo i criteri posti dalla normativa UE;

4) revisione della disciplina della detrazione per:

  • consentire ai soggetti passivi di renderla maggiormente aderente all’effettivo utilizzo di beni e servizi con facoltà di applicare il pro-rata sono a quelli utilizzati promiscuamente sia per operazioni con diritto a detrazione sia per operazioni senza tale diritto;
  • armonizzare, per i fabbricati, i criteri di detraibilità a quelli UE;
  • prevedere, per gli acquisti a cavallo d’anno, l’esercizio al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura è ricevuta;

5) riduzione dell’aliquota dell’IVA all’importazione di opere d’arte, estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione;

6) razionalizzazione della disciplina del gruppo IVA al fine di semplificare le misure previste per l’accesso e l’applicazione dell’istituto;

7) razionalizzazione della disciplina del Terzo settore al fine di semplificare gli adempimenti.

L’obiettivo della Legge delega fiscale è quello di istituire, entro il 29 agosto 2028, un nuovo codice tributario articolato in una parte generale, recante una disciplina unitaria degli istituti comuni del sistema fiscale e una parte speciale, contenente la disciplina delle singole imposte.

Legge delega fiscale: in vigore dal 29 agosto 2023

La legge delega per la riforma fiscale entra in vigore il 29 agosto 2023 ma gli Uffici sono da tempo al lavoro e le tredici Commissioni di esperti hanno tempo sino al 20 settembre per la presentazione degli schemi dei decreti legislativi di attuazione.

Un primo esame delle norme approvate, specie per confronto con la “grande riforma” del 1971, che conteneva già aliquote, scaglioni e detrazioni, ne denota la genericità in molti punti, che potrebbe configurare la violazione dell’art. 76 Cost., con il conseguente rischio di una dichiarazione di illegittimità. Ad esempio, nell’IRPEF, cosa significa che questa imposta deve tener conto dei “costi sostenuti per la crescita dei figli”? È un principio e criterio direttivo “determinato”?

Forse l’unico criterio determinato riguarderà l’IVA, in quanto abbiamo una norma sovraordinata, costituita dalla direttiva europea.

L’intera riforma è comunque e ovviamente sotto la spada di Damocle della copertura finanziaria: l’art. 22 Legge 111/2023 prevede che le risorse per attuare i “risparmi” d’imposta devono essere reperiti o nella legislazione esterna, come potrebbe essere la legge finanziaria annuale, con un possibile  stanziamento generico da utilizzare al momento dell’adozione dei decreti delegati, oppure all’interno della stessa delega: i decreti legislativi che determinano un nuovo gettito devono essere presentati prima di quelli che comportano nuovi o maggiori oneri. 

Quali sono le principali novità

Cominciamo con i punti di maggior rilievo per l’IRPEF: la prevista riduzione da quattro a tre aliquote – da quanto si ipotizza al momento – consentirà di attribuire poche centinaia di euro ai contribuenti con basso reddito. Non si parla di toccare l’aliquota del 43%, cui vanno aggiunte le addizionali, e che dovrebbe per lo meno spostare l’asticella verso livelli più elevati, anche solo per tener conto dell’inflazione. L’annunciato obiettivo della flat tax sembra una vera e propria utopia.

In questo ambito si prevede una razionalizzazione delle cd. tax expenditures, cioè degli oneri deducibili e detraibili. Certo si possono sfrondare le detrazioni che valgono poche decine di euro, come quella per l’iscrizione dei figli alle strutture sportive, ma non si può certo ledere il principio di correlazione, cioè la deducibilità di ciò che darà luogo a redditi tassati, come quelli di previdenza principale o complementare. Per i bonus edilizi, si può razionalizzare il futuro, escludendo ad esempio le detrazioni per le ville di lusso, che sono state le prime utilizzatrici del 110%, ma ci sono molti anni di detrazioni già maturate, ancora da compensare.

Di notevole rilievo la prevista estensione della cedolare secca alle locazioni non abitative, e l’unificazione dei redditi di capitale e diversi nell’unica categoria dei redditi finanziari. Qui il costo è elevato per l’erario, anche se è un’entrata ingiusta (perché pagare sui dividendi quando si sta perdendo in conto capitale?). Già nel 2003 si percorse questa strada senza riuscire ad avere un esito.

IRES e IRAP andranno in simbiosi, in quanto il tributo regionale è destinato a diventare un’addizionale del primo. La possibile riduzione di aliquota del primo tributo sarà motivata da investimenti o partecipazione dei dipendenti agli utili. Fermo restando che non potrà scendere sotto il 15% effettivo, in base alle regole del pillar One dell’OCSE, recepite con la Dir. UE 2022/2523 del 15 dicembre 2022.

Una sostanziale razionalizzazione e adeguamento alla Dir. CE 2006/112 per l’IVA, con la prevista anticipazione della Dir. UE 2022/542 sulle aliquote. Qui il lavoro sarà impegnativo, perché la nostra legge attuale utilizza ancora le voci doganali del 1973, sostituite dalla Nomenclatura Combinata ormai da alcune decine di anni. Il pro-rata generale sarà opzionale e non più la regola base.

Molti articoli della delega sono dedicati ai tributi indiretti, diversi dall’IVA, ai tributi locali e a quelli sui giochi.

Viene data grande e doverosa importanza al procedimento tributario, dalla fase prodromica degli interpelli, all’accertamento, alla riscossione e al contenzioso. Anche a livello internazionale si enfatizza il dovere reciproco di buona fede tra fisco e contribuente.

Le novità in tabella

Si riportano, in tabella, le principali novità previste dalla delega fiscale.

OggettoDescrizione degli obiettivi
IRPEF– revisione e graduale riduzione dell’IRPEF

– riordino delle deduzioni e delle detrazioni

– tassazione agevolata di straordinari, tredicesima e premi di produttività dei lavoratori dipendenti
IRES– aliquota ordinaria (24%)

– aliquota ridotta per le imprese che impiegano risorse in investimenti, nuove assunzioni o partecipazione dei dipendenti agli utili

– semplificazione e razionalizzazione del reddito d’impresa
IVA– revisione della disciplina delle operazioni esenti

– razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote

– revisione della disciplina della detrazione
IRAPgraduale superamento, dando priorità alle società di persone e alle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni
Accertamento– riconoscimento di maggiori diritti di difesa per il contribuente

– implementazione della compliance

– nuove metodologie di ricerca dell’evasione e dell’elusione fiscale

– potenziamento e semplificazione del regime dell’adempimento collaborativo

– concordato preventivo biennale per i contribuenti di minori dimensioni, con la possibilità di far riferimento, oltre che ai dati in possesso dell’AF, anche agli indicatori sintetici di affidabilità (ISA)
Contenziosointroduzione di norme più tutelanti per i diritti dei contribuenti sia in ordine alla possibilità di richiesta di udienza da remoto
Adempimentirazionalizzare, semplificare e armonizzare gli adempimenti dichiarativi
Sanzionimaggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali
Tributi localirevisione della fiscalità regionale e locale, al fine di realizzare la piena attuazione del federalismo fiscale regionale

IVA – buoni “spesa” non equiparabili ai “voucher”

Con la risposta a interpello 341 del 05/06/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul trattamento IVA dei buoni “spesa”.

Nel caso di specie, si tratta di buoni spesa emessi da una società di grande distribuzione nell’ambito della propria attività promozionale a favore dei propri soci e clienti. Detti buoni danno il diritto del portatore a una riduzione del prezzo complessivo della spesa, pari all’importo indicato sul buono, da cui consegue la riduzione della base imponibile di pari valore al netto dell’IVA.

Sulla questione, l’Agenzia richiama:
• la sentenza dalla Corte di giustizia (Causa C128.88, Boots Company) secondo cui “i ribassi e le riduzioni, che secondo l’art. 11, A, n. 3 lett. b) della sesta direttiva non vanno inclusi nella base imponibile, costituiscono una riduzione del prezzo al quale una merce è legittimamente offerta dal cliente, poiché il venditore accetta di fare a meno d’incassare la somma che il ribasso rappresenta al fine, per l’appunto, di incitare il cliente ad acquistare la merce”;
• la CM 204/E/2008 – posizione condivisa dal MEF con le risoluzioni n. 110/1995 e n. 82/1998 – in base alla quale lo sconto praticato agli acquirenti dei beni e servizi dall’operatore commerciale non costituiva base imponibile ai fini Iva, non potendosi considerare corrispettivo.

L’Agenzia evidenzia la differenza dei buoni in questione, rispetto ai “voucher”, che, diversamente, hanno i seguenti elementi essenziali:
• l’obbligo di essere accettato dal potenziale fornitore come corrispettivo o parziale corrispettivo di una cessione di beni o di una prestazione di servizi;
• l’indicazione dei beni/servizi che consente di acquistare o, in alternativa, l’identità dei potenziali fornitori.

Nella fattispecie in esame, i buoni emessi dall’impresa della grande distribuzione hanno la caratteristica dei “buoni sconto”, il cui esito è la riduzione del prezzo di acquisto.

Detti strumenti, difatti, consentono essenzialmente di ottenere uno “sconto” (in misura percentuale o per un importo nominale prefissato) oppure, conferiscono al possessore il diritto di ottenere una riduzione del prezzo di vendita di specifici prodotti o di una generalità di beni individuati solo al momento del successivo acquisto.

Trattandosi di “buoni sconto”:
• i beneficiari – al momento dell’utilizzo dei buoni e dell’acquisto dei beni commercializzati dall’impresa – otterranno una riduzione del corrispettivo dovuto relativamente all’ammontare dello sconto;
• anche la base imponibile IVA dovrà essere ridotta in ragione dell’importo dello sconto previsto nel buono, così che detto sconto sia applicato direttamente in fattura al beneficiario (RM n. 204/2008).

Esclusi dagli ISA i soggetti che hanno aperto la partita IVA dal 2021

Come rilevato nel resoconto della Commissione degli esperti per gli ISA del 6 aprile 2023, l’applicazione degli indici per il periodo d’imposta 2022 risulta influenzata dagli effetti di natura straordinaria della crisi economica e dei mercati conseguente al perdurare dell’emergenza sanitaria, alle tensioni geopolitiche, all’aumento del prezzo dell’energia, degli alimentari e delle materie prime e all’andamento dei tassi di interesse.

Per farvi fronte, in attuazione dell’art. 148 comma 1 del DL 34/2020, è stato emanato il decreto del Ministero dell’Economia del 28 aprile 2023 che approva per il periodo d’imposta 2022 ulteriori cause di esclusione dagli ISA e i correttivi congiunturali.

Il decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma anticipato sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne le cause di esclusione, per il 2022 è prevista l’esclusione dagli ISA per i soggetti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2021. L’anno scorso invece le cause di esclusione “di tipo emergenziale” erano tre.
I contribuenti esclusi dall’applicazione degli ISA sulla base di tale nuova causa di esclusione sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali previsti all’interno dei relativi modelli ISA. Nei confronti di tali contribuenti, inoltre, coerentemente con quanto già precisato per coloro per i quali sussiste una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA, è preclusa la possibilità di accedere ai benefici previsti dal regime premiale.

Le istruzioni ai modelli ISA risultano già integrate con la nuova causa di esclusione, mentre i modelli REDDITI 2023 devono ancora essere aggiornati sul punto.
In presenza di una causa di esclusione dagli ISA, non è possibile dichiarare ulteriori componenti positivi in dichiarazione per migliorare il giudizio di affidabilità in quanto si presume che il contribuente operi in un contesto economico o in condizioni significativamente diverse da quelle prese a riferimento per la costruzione degli indici.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 6/2021, § 3.2, e n. 18/2022, § 3.2), i contribuenti esclusi dagli ISA, ma tenuti alla presentazione del relativo modello, possono omettere l’acquisizione dei dati resi disponibili nel Cassetto fiscale limitandosi alla sola compilazione del modello. In particolare tali contribuenti devono:
– dichiarare nel quadro RE/RF/RG del modello REDDITI la specifica causa di esclusione;
– compilare il modello ISA prescindendo dall’importazione delle variabili “precalcolate”, senza effettuare il calcolo del punteggio di affidabilità;
– allegare il modello ISA al modello REDDITI.

Per quanto concerne i correttivi congiunturali, la loro operatività nell’ambito del software ISA incide sul punteggio di affidabilità complessivo andando gli stessi a intervenire tanto sugli indicatori elementari di affidabilità tanto su quelli di anomalia. Al riguardo, sul sito dell’Agenzia si avvisa che il programma “Il tuo ISA 2023” (versione 1.0.0) del 28 aprile scorso tiene conto degli interventi correttivi introdotti dal DM in commento.

correttivi sono operativi sui 175 ISA approvati e sono riconducibili a due tipologie:
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità, quali ricavi e compensi per addetto, valore aggiunto per addetto e reddito per addetto, definiti tramite stime di specifici elementi (input della produzione, ciclo economico, modelli organizzativi, economie di scala);
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità (durata e decumulo delle scorte) e di anomalia definiti da soglie economiche di riferimento.

In relazione al giudizio di affidabilità fiscale ottenuto a seguito dell’applicazione degli ISA, anche per effetto della dichiarazione di ulteriori componenti positivi di reddito, sono state definite le condizioni per l’accesso ai benefici del regime premiale ai fini ISA. Il provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023 ha al riguardo confermato il meccanismo basato non solo sul risultato di affidabilità relativo al 2022, ma anche sulla media del risultato di tale anno e quello dell’anno precedente. Risultano confermati anche i punteggi che danno accesso ai benefici.

CONTRIBUENTI FORFETTARI E FUORIUSCITA – REGIME DI IVA E RITENUTE

Come noto, il legislatore ha previsto originariamente che il regime forfettario cessa di avere applicazione
dall’anno successivo al momento in cui
– viene meno taluna delle condizioni previste ovvero si verifica una delle fattispecie previste dalla legge (art. 1, co. 71, Legge n. 190/2014)
– ovvero l’accertamento notificato dall’amministrazione finanziaria diviene definitivo, producendo gli effetti di cui sopra (art. 1, co. 74, Legge n. 190/2014).

FUORIUSCITA DAL REGIME – NOVITÀ DELLA LEGGE DI BILANCIO 2023

In passato il verificarsi di una cause di esclusione comportava la fuoriuscita dal regime agevolato a partire
dal periodo successivo.
La L. n. 197/2022 è intervenuta in merito, disponendo:
▪ oltre all’innalzamento da €. 65.000 a €. 85.000 del limite dei ricavi/compensi che consentono l’applicazione del regime forfetario
▪ anche l’introduzione di un limite, pari a €. 100.000, al cui superamento ricorre la decadenza retroattiva dal regime, dovendosi, in tal caso, distinguere gli effetti
ai fini dell’Iva: l’applicazione dell’imposta opera solo a decorrere dalle operazioni che comportano il superamento del limite di €. 100.000
Nota: ai fini Iva i lavori parlamentari relativi alla legge di bilancio 2023 hanno ritenuto che, al superamento del limite, l’anno si caratterizzerà per la presenza di operazioni escluse e di operazioni imponibili
A fini cautelativi, è opportuno applicare l’Iva sull’intera fattura che ha comportato lo splafonamento (senza suddivisione tra una quota imponibile ed una esclusa).
ai fini reddituali: l’intero periodo d’imposta è soggetto ad Irpef
Nota: il reddito sarà determinato secondo le regole regime naturale di contabilità semplificata (sempreché il contribuente non intenda esercitare l’opzione per la contabilità ordinaria).
ai fini delle ritenute: la norma nulla dispone nel merito
Nota: si ricorda che i contribuenti in regime forfettario per quanto attiene la soggettività:
– attiva: non sono tenuti ad operare le ritenute alla fonte, salvo il caso di corresponsione di redditi di lavoro dipendente/assimilato.
– passiva: possono (facoltà) comunicare al committente di operare regime forfettario al fine di escludere l’applicazione delle ritenute.

CORREZIONE DI COMPORTAMENTI ERRATI

Con la Risposta ad interpello n. 245/2023 l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti circa gli adempimenti da porre in essere in presenza di errori connessi alla fuoriuscita dal regime forfettario

IL CASO: un professionista in regime forfetario doveva fuoriuscire dal regime agevolato dal 2021 (supero dei compensi nel 2020); tuttavia si accorge solo nel 2022 di aver perso i requisiti, trovandosi nella condizione di non aver correttamente ottemperato agli obblighi fiscali riguardanti:
– l’iva
– e la sostituzione d’imposta (ha comunicato al committente la mancata applicazione della ritenuta).
A tal fine l’Agenzia individua due diverse modalità alternative da seguire per la correzione dell’errore,
anche riferendosi a precedenti interpelli:

RIFLESSI SUL SOSTITUTO

Quanto indicato implica degli adempimenti differenti in capo al sostituto d’imposta a seconda del periodo d’imposta in cui la fattura viene regolarizzata; in particolare:

REGIME SANZIONATORIO PER IL SOSTITUTO
Una prima questione attiene alle eventuali sanzioni applicabili in capo al sostituto.
A tal fine l’Agenzia, richiamando il costante l’orientamento della giurisprudenza (Cass., nn. 14033/2006,5020/2003 e 10613/2000), ritiene che:
▪ in applicazione del principio di colpevolezza di cui all’art. 6, Dlgs. 472/97
▪ debba essere esclusa qualsiasi sanzione se il sostituto ha agito con la dovuta “diligenza”.

In linea generale si deve ritenere che tale diligenza non possa che essere limitata alla constatazione della presenza dell’apposita dichiarazione rilasciata dal contribuente forfettario (in calce alle fatture emesse o negazione separata).
Nota: un profilo di responsabilità potrebbe sorgere nel solo caso in cui il committente sia in grado di conoscere l’obbligo di fuoriuscita dal regime agevolato del prestatore; si pensi al caso in cui le sole fatture emesse verso il sostituto eccedano il limite annuale dei compensi.

SANZIONI AL CONTRIBUENTE FORFETTARIO:

Per quanto attiene il regime sanzionatorio da applicare al contribuente forfettario, la questione diviene più complessa, a tal fine, si riprenda l’esempio proposto.

Periodo 2021: la sanzione del 30% per tardivo versamento dell’Iva non opera in quanto l’ufficio applicherà la sanzione proporzionale (che assorbe la precedente – CM 42/2016) per il Mod. Iva 2022 omesso (anche laddove fosse inviato oltre i 90 gg dal termine del 30/04/2023)
Questa assorbirà anche le sanzioni riferite alle LI.PE. non inviate nel 2021, nonché le sanzioni per tardiva regolarizzazione dell’Iva in fattura, in applicazione del cumulo giuridico (art. 12, Dlgs 472/97).

In tal caso la sanzione base dovrebbe risultare costituita dalla dichiarazione omessa (120% dell’Iva non dichiarata), per quanto va valutato se risulti superato dalla sanzione minima (di €. 500) applicabile a ciascuna fattura emessa senza Iva (dipendendo ciò dal numero di fatture emesse nell’anno).
N.B.: si ritiene che l’Ufficio sia obbligato ad applicare il cumulo giuridico, posto che tutte le violazioni poggiano su un unico presupposto, riferito all’errata convinzione di poter fruire del regime forfettario (CM 180/97).

Periodo 2022: laddove il contribuente non procedesse a regolarizzare il 2022, l’ufficio estenderebbe il cumulo su più periodi d’imposta (assorbendo dette sanzioni), applicando la maggiorazione del 50% la sanzione base (ciò, in generale, non risulta conveniente, in quanto la sanzione base è pari a quella più elevata corrispondente alla dichiarazione omessa, il cui importo risulta pari a tutta l’Iva a debito nel 2021).
N.B.: al contrario può risultare conveniente nel caso in cui il ritardo nella regolarizzazione avvenga oltre il 2022 (es: solo nel 2023 o successivamente), in quanto l’unica sanzione da cumulo giuridico (maggiorata del 50%) si estende per tutti i periodi d’imposta accertabili.

Sanzioni per omessa applicazione di ritenute a terzi
Una ulteriore fonte di violazione potrebbe essere costituita dalla mancata applicazione della ritenuta su fatture ricevute (professionisti e agenti). Ciò non si verifica nel caso in cui il contribuente abbia comunque proceduto, agli adempimenti dei sostituti d’imposta, per quanto in via facoltativa (l’obbligo ricorre solo per i dipendenti e co.co.co. o soggetti assimilati).

SUPERAMENTO IN CORSO D’ANNO DEL LIMITE DI 100.000 EURO

Quanto indicato in precedenza trova applicazione:
▪ non solo nel caso di fuoriuscita dall’anno successivo, come nel caso dell’interpello
▪ ma anche in presenza di decadenza retroattiva: in tal caso l’aspetto
✓ attiene al solo ambito delle ritenute non operate
✓ semprechè il contribuente abbia provveduto ad applicare l’Iva sulle fatture successive allo splafonamento.


Servizi sostitutivi di mensa aziendale – Trattamento ai fini IVA, IRPEF, IRES e IRAP

Con la risposta 301 del 21/04/2023, l’Agenzia delle Entrate – riprendendo in parte i chiarimenti forniti con la risposta 430/2022 – ha fornito chiarimenti sul trattamento ai fini IVA, IRPEF, IRES e IRAP di alcuni servizi sostitutivi di mensa aziendale, forniti avvalendosi di esercizi commerciali convenzionati, presso i quali è possibile pagare con una card elettronica oppure tramite una “app”.

Si chiarisce che:
• in relazione a tale fattispecie, trova applicazione l’aliquota del 4% prevista dal n. 37) della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, qualora siano ravvisabili le peculiari modalità che caratterizzano il servizio sostitutivo di mensa aziendale o quello di mensa diffusa.
• In tale circostanza, l’aliquota sarebbe applicabile alla prestazione resa dagli esercenti ristoratori nei confronti del datore del lavoro, per il quale l’imposta sarebbe detraibile secondo l’art. 19-bis1 comma 1 lett. f) del DPR 633/72.

Fattura differita – Si chiarisce – in relazione alla certificazione dei corrispettivi da parte degli esercenti – che risulta possibile il ricorso alla fattura differita, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione, in ragione dell’art. 21 comma 4 lett. a) del DPR 633/72. Si specifica che l’ammontare dei corrispettivi per le prestazioni documentate con il c.d. “documento commerciale” con dicitura “non riscosso” richiedono di essere mantenute distinte dall’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri, poiché i medesimi concorrono alle liquidazioni periodiche attraverso le corrispondenti fatture differite.

Deducibilità IRES e IRAP – Per quanto riguarda il trattamento ai fini IRES, si chiarisce che suddetti servizi sono interamente deducibili, fermo restando il rispetto dei principi generali di inerenza e di previa imputazione a Conto economico. Sul presupposto che tali servizi, resi mediante “app”, siano assimilabili a quelli sostitutivi di mensa aziendale, i costi a essi afferenti rappresentano un onere per l’acquisizione di un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande e, di conseguenza, non subiscono le limitazioni alla deducibilità previste dall’art. 109 comma 5 del TUIR.

Tali spese risultano deducibili anche ai fini IRAP, in base al principio della c.d. “presa diretta” della base imponibile dal bilancio.

Trattamento IRPEF – Per quanto riguarda il trattamento IRPEF in capo al dipendente che fruisce di tali servizi, se la società intende offrire ai propri dipendenti un servizio di mensa diffusa, modificando in tal senso i relativi contratti con l’eliminazione del riferimento al “servizio sostitutivo di mensa aziendale” o stipulando nuovi contratti con altri soggetti, ai sensi dell’art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR, l’importo del pasto non concorrerà a formare il reddito imponibile.

DELEGA PER LA RIFORMA FISCALE – NOVITÀ ATTESE AI FINI IRPEF, IRES E IVA

Il Governo ha recentemente approvato il Disegno di “legge delega” per la riforma fiscale (che, con la “bollinatura”, ha superato il vaglio del rispetto delle finanze pubbliche ed è, ora, in attesa di pubblicazione in G.U.), che, a breve, sarà presentato al vaglio del Parlamento.

Tempi di attuazione: entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi di organica revisione del sistema fiscale complessivo.
Il riassetto delle disposizioni avverrà in modo da raccogliere le norme in Testi unici per tipologia di imposta.

Di seguito, si analizzo i principi contenuti della Riforma fiscale in ambito IRPEF, IRES e IVA, anche alla luce della Relazione illustrativa allegata al DDL.

PRINCIPI GENERALI

L’art. 2 del DDL individua i principi e i criteri direttivi generali che il Governo è chiamato ad osservare nell’esercizio della delega.


PRINCIPI E I CRITERI DIRETTIVI GENERALI


riduzione del carico fiscale
✓ sostegno ai nuclei familiari, ai lavoratori ed alle imprese
✓ prevenzione e riduzione dell’evasione/elusione fiscale, da conseguire anche attraverso:
– il potenziamento dell’analisi del rischio
– maggior ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale
– pieno utilizzo dei dati provenienti dalla fatturazione elettronica/trasmissione telematica dei corrispettivi e dall’Anagrafe tributaria, anche tramite interoperabilità delle banche di dati
– rafforzamento del regime di adempimento collaborativo, anche tramite l’aggiornamento e l’introduzione di nuovi istituti premiali
riduzione carico adempimenti: revisione degli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti
principio di “autonomia”: esclusione di interventi sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi che non siano del proprio livello di governo.

Principi del diritto Ue: l’art. 3 del DDL prevede delle modifiche in materia di diritto internazionale:
✓ una maggior coerenza con le raccomandazioni OCSE nell’ambito del progetto BEPS (base erosion and profit shifting);
residenza fiscale di persone fisiche e società: adeguamento della definizione di residenza fiscale alla migliore prassi internazionale e alla Convenzioni contro le doppie imposizioni (presumibilmente il riferimento è alla definizione contenuta nel revisionato Modello OCSE, che, come noto, costituisce il “prototipo” di riferimento);

REVISIONE DELLO STATUTO DEL CONTRIBUENTE

L’art. 4 del DDL prevede delle modifiche allo statuto del contribuente.
Interpelli: alla luce dell’elevato numero di interpelli posti negli ultimi anni dai contribuenti, si prevede che la loro presentazione:
– sia inammissibile ove riferita a casi risolti/risolvibili con altri documenti di prassi (precedenti interpelli)
– andrà limitata ai casi in cui non è possibile ottenere risposte scritte mediante servizi di interlocuzione rapida
– sarà suborodinata al versamento di un contributo “proporzionato” al valore della questione.

REVISIONE IRPEF

L’art. 5 del DDL prevede l’azione di misure finalizzare alla revisione dell’imposizione IRPEF.

ALIQUOTE IRPEF

L’obiettivo di “revisione” delle aliquote IRPEF dovrebbe prevedere
a) un periodo transitorio, con le seguenti 3 aliquote Irpef a scaglioni:

b) la successiva transizione verso l’aliquota impositiva unica.

EQUITA’ ORIZZONTALE

Ulteriore obiettivo è il raggiungimento dell’equità orizzontale; ci si riferisce, tra l’altro, all’applicazione:
▪ della medesima area di esenzione fiscale (c.d. “no tax area”);
▪ e del medesimo carico impositivo IRPEF tra redditi di lavoro dipendente e redditi di pensione.

“DETRAZIONI” E “DEDUZIONI” D’IMPOSTA

In linea con le segnalazioni della Corte costituzionale nella sentenza n. 120/2020, si prevede un riordino delle c.s. “tax expenditures”, cioè dell’attuale sistema delle “detrazioni” e “deduzioni” fiscali.

Inoltre, è previsto che, ai fini della spettanza di detrazioni/deduzioni fiscali (o altri benefici di natura fiscale):
✓ vadano ricomprese nel reddito complessivo tutti i redditi assoggettati ad imposte sostitutive o a ritenuta a titolo d’imposta sul reddito delle persone fisiche;
✓ con esclusione dei soli redditi di natura finanziaria.

LE PRINCIPALI NOVITÀ SULLE VARIE CATEGORIE REDDITUALI

Sono previste varie novità sulle varie categorie di reddito soggette a IRPEF; le principali si riassumono nella seguente tabella.

PRINCIPALI NOVITA’ IN AMBITO IRES

Si prevede l’introduzione di una “doppia aliquota” l’IRES:
▪ una ordinaria, del 24%
▪ e una ridotta (probabilmente fissata nel 15%) da applicare:
✓ in relazione all’effettuazione di investimenti ed assunzione di personale (con particolare attenzione per gli over 50 ed i percettori del Reddito di cittadinanza)
✓ con applicazione di una disposizione antielusiva: nei 2 periodi d’imposta successivi:
– non risultino decrementati gli investimenti e/o nuove assunzioni
– gli utili non siano distribuiti o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa.

PRINCIPALI NOVITA’ IN AMBITO IVA

L’art. 7 del DDL prevede (oltre all’armonizzazione degli elementi che ancora risultano disallineati rispetto alla disciplina UE) il raggiungimento di modifiche significative in ambito IVA.

ABROGAZIONE IRAP

Si prevede l’abrogazione del tributo e la contestuale istituzione di una sovraimposta tale da assicurare un equivalente gettito fiscale atto a garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario, nonché il finanziamento delle Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario.

N.B: Per verificare se l’abrogazione del tributo comporterà dei vantaggi fiscali per coloro che ne sono assoggettati, bisognerà verificare i presupposti, i destinatari e le aliquote del “nuovo” che sarà istituito.

DL bollette – il “perfezionamento” delle “definizioni” agevolate rende non punibili i reati di omesso versamento IVA, di ritenute e di indebita compensazione di crediti non spettanti

Nella c.d. DL bollette – DL 34/2023 pubb. nella GU del 30/03/2023 – si pone rimedio alla questione relativa al “rapporto” tra l’adesione ad alcuni istituti relativa alla “tregua fiscale” e il processo penale per i reati di omesso versamento IVA, di ritenute e di indebita compensazione di crediti non spettanti.

Si ricorda che le disposizioni in vigore prevedono che tali delitti non sono punibili;
◦ se la definizione viene correttamente perfezionata;
◦ e se le somme sono interamente estinte senza che a ciò possa ostare l’inizio del dibattimento penale di primo grado.

Da un punto di vista normativo, il DLgs. 158/2015 aveva modificato l’art. 13 e introdotto l’art. 13-bis nel DLgs. 74/2000, prevedendo che:
• i delitti di omesso versamento IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000, soglia pari a 250.000 euro),
• ritenute fiscali (art. 10-bis del DLgs. 74/2000, soglia pari a 150.000 euro)
• e indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater comma 1 del DLgs. 74/2000, soglia pari a 50.000 euro) non sono punibili se le intere somme compresi sanzioni e interessi sono estinte anche a seguito di procedure conciliative prima del dibattimento penale.

Il giudice penale può concedere una proroga massima di 6 mesi.

La questione è legata al fatto che, generalmente, il pagamento delle somme in questione, derivanti normalmente da avviso post liquidazione automatica, avvengono con piani di rateazione che superano l’inizio del dibattimento penale.

Per superare tale questione, nella bozza del c.d. DL bollette si prevede che limitatamente ai reati precedentemente indicati, questi non sono punibili se:
◦ la definizione è correttamente eseguita
◦ e i pagamenti avvengono nei termini e per l’intero, fruendo, ovviamente, dei benefici ex L. 197/2022.

Da un punto di vista procedurale:
▪ il contribuente deve informare l’autorità penale di ciò e indicare gli estremi del procedimento penale interessato all’Agenzia delle Entrate;
▪ conseguentemente, il procedimento penale viene sospeso sino a quando le Entrate comunicano la correttezza della definizione e l’integrale pagamento del dovuto.

BOLLO SU E-FATTURE ENTRO IL 30/09/2022 ANCORA CON LA SOGLIA DI €. 250

Sintesi: entro il 30/09/2022 va versata l’imposta di bollo sulle fatture emesse nel 2° trimestre dell’anno 2022 secondo le regole previgenti alle novità del DL Semplificazioni. In particolare, il pagamento è dovuto:
– anche per coloro che nel 1° trimestre dovevano complessivamente un’imposta non superiore a €. 250
– ove l’importo dovuto per il 1° ed il 2° trimestre non ecceda la soglia di €. 250, il versamento può essere
eseguito entro il 30/11/2022.
A partire dalle fatture elettroniche emesse dal 1/01/2023 la citata soglia di €. 250 viene elevata a €. 5.000

Come noto, l’applicazione dell’imposta di bollo alle fatture si basa sui seguenti criteri:
– principio generale: di “alternatività” rispetto all’Iva
– esenzioni: sono disposte ipotesi di esenzione tassativamente individuate
– importo: la quota non rilevante ai fini Iva dev’essere superiore ad € 77,47 (a tal fine è sufficiente che
un singolo addebito nel corpo della fattura risulti privo di Iva).


Modalità di assolvimento nel caso di fattura:
■ elettronica: secondo le modalità dell’art. 6, DM 17/06/2014; il calcolo è agevolato dalla compilazione
dell’apposita funzione nell’ambito della fattura elettronica
■ se cartacea può essere assolta:
● con apposizione della marca telematico (in caso di invio tramite e-mail si ritiene possibile indicare
l’assolvimento sulla copia dell’emittente, indicando il numero univoco attribuito al contrassegno)
in forma “virtuale”, ex art. 15 Dpr 642/72 (sconsigliata in quanto richiede l’autorizzazione dell’Agenzia
ed obbliga alla presentazione della relativa dichiarazione, con versamenti a saldo e in acconto).

Integrazione dei dati da parte dell’Agenzia:
a) l’Agenzia mette a disposizione, nell’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi, i seguenti 2
elenchi che contengono gli estremi delle FE emesse nel trimestre solare di riferimento

b) il cedente/prestatore (o il suo intermediario delegato) Iva può, alternativamente:
confermare l’integrazione dell’Agenzia (provvedendo al versamento dell’imposta); in assenza
di modifica l’elenco si intende comunque confermato
modificare i dati dell’elenco B, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di
riferimento, fornendole relative motivazioni; la modifica può essere effettuata:
● in modalità puntuale: tramite accesso al portale fatture corrispettivi e modifica “online” di
ciascuna singola fattura dell’elenco
● in modalità massiva: procedendo al download del file Xml dell’elenco B, con successivo
upload del file modificato (la modifica può anche aggiungere nuove fatture precedentemente
non elencate dall’Agenzia, per le quali si rende dovuto il tributo).


Entro il giorno 15 del 2° mese successivo al trimestre di riferimento (al 20/09 per le fatture emesse nel 2°
trimestre), l’Agenzia comunica l’ammontare dell’imposta dovuta, sulla scorta dei dati contenuti
– nell’Elenco A
– nonché e nell’Elenco B eventualmente modificato entro detto termine

TERMINE DI VERSAMENTO
L’art. 17 del DL n. 124/2019 (come mod. dal D.L. 23/2020), al co. 1-bis, ha previsto per i primi 2 trimestri solari che l’obbligo di versamento decorre solo dal trimestre in cui si supera la soglia di € 250 d’imposta
cumulata fin dall’inizio dell’anno.
Fino al 31/12/2022, dunque, il calendario del versamento dell’imposta di bollo è il seguente

Entro il prossimo 30 settembre dovrà, dunque, essere effettuato il versamento dell’imposta di bollo:
✓ sulle fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre solare
✓ nonché su quelle emesse nel 1° trimestre, ove di importo complessivo non superiore a €. 250.


PAGAMENTO AL 30/11/2022
: ove l’importo dovuto complessivamente per il 1° ed il 2° trimestre 2022
non eccede il valore di €. 250, il versamento potrà essere eseguito entro il 30 novembre.
Il pagamento può avvenire con F24 oppure con addebito su Iban.

ASPETTI SANZIONATORI
In presenza di versamento tardivo/omesso/insufficiente, Il contribuente può ricorrere al ravvedimento operoso e, dunque, in caso di definizione entro 30 giorni dalla comunicazione, la sanzione è così determinata:
– ridotta del 30%, se il versamento è eseguito oltre90 giorni dalla scadenza del termine per
l’adempimento;
– ridotta al 15%, se il versamento è eseguito entro 90giorni dalla scadenza del termine per
l’adempimento;
– ridotta a 1/15 per ciascun giorno di ritardo, se il versamento è eseguito entro 15 giorni dalla
scadenza del termine per l’adempimento.

NUOVA SOGLIA A €. 5.000 DAL 1/01/2023
L’art. 3 del DL n. 73/2022 (cd. “Semplificazioni fiscali”):
 ha aumentato la citata soglia da €. 250 ad €. 5.000
 solo a decorrere dalle fatture elettroniche emesse dal 1° gennaio 2023