Legge delega fiscale: in vigore dal 29 agosto 2023

La legge delega per la riforma fiscale entra in vigore il 29 agosto 2023 ma gli Uffici sono da tempo al lavoro e le tredici Commissioni di esperti hanno tempo sino al 20 settembre per la presentazione degli schemi dei decreti legislativi di attuazione.

Un primo esame delle norme approvate, specie per confronto con la “grande riforma” del 1971, che conteneva già aliquote, scaglioni e detrazioni, ne denota la genericità in molti punti, che potrebbe configurare la violazione dell’art. 76 Cost., con il conseguente rischio di una dichiarazione di illegittimità. Ad esempio, nell’IRPEF, cosa significa che questa imposta deve tener conto dei “costi sostenuti per la crescita dei figli”? È un principio e criterio direttivo “determinato”?

Forse l’unico criterio determinato riguarderà l’IVA, in quanto abbiamo una norma sovraordinata, costituita dalla direttiva europea.

L’intera riforma è comunque e ovviamente sotto la spada di Damocle della copertura finanziaria: l’art. 22 Legge 111/2023 prevede che le risorse per attuare i “risparmi” d’imposta devono essere reperiti o nella legislazione esterna, come potrebbe essere la legge finanziaria annuale, con un possibile  stanziamento generico da utilizzare al momento dell’adozione dei decreti delegati, oppure all’interno della stessa delega: i decreti legislativi che determinano un nuovo gettito devono essere presentati prima di quelli che comportano nuovi o maggiori oneri. 

Quali sono le principali novità

Cominciamo con i punti di maggior rilievo per l’IRPEF: la prevista riduzione da quattro a tre aliquote – da quanto si ipotizza al momento – consentirà di attribuire poche centinaia di euro ai contribuenti con basso reddito. Non si parla di toccare l’aliquota del 43%, cui vanno aggiunte le addizionali, e che dovrebbe per lo meno spostare l’asticella verso livelli più elevati, anche solo per tener conto dell’inflazione. L’annunciato obiettivo della flat tax sembra una vera e propria utopia.

In questo ambito si prevede una razionalizzazione delle cd. tax expenditures, cioè degli oneri deducibili e detraibili. Certo si possono sfrondare le detrazioni che valgono poche decine di euro, come quella per l’iscrizione dei figli alle strutture sportive, ma non si può certo ledere il principio di correlazione, cioè la deducibilità di ciò che darà luogo a redditi tassati, come quelli di previdenza principale o complementare. Per i bonus edilizi, si può razionalizzare il futuro, escludendo ad esempio le detrazioni per le ville di lusso, che sono state le prime utilizzatrici del 110%, ma ci sono molti anni di detrazioni già maturate, ancora da compensare.

Di notevole rilievo la prevista estensione della cedolare secca alle locazioni non abitative, e l’unificazione dei redditi di capitale e diversi nell’unica categoria dei redditi finanziari. Qui il costo è elevato per l’erario, anche se è un’entrata ingiusta (perché pagare sui dividendi quando si sta perdendo in conto capitale?). Già nel 2003 si percorse questa strada senza riuscire ad avere un esito.

IRES e IRAP andranno in simbiosi, in quanto il tributo regionale è destinato a diventare un’addizionale del primo. La possibile riduzione di aliquota del primo tributo sarà motivata da investimenti o partecipazione dei dipendenti agli utili. Fermo restando che non potrà scendere sotto il 15% effettivo, in base alle regole del pillar One dell’OCSE, recepite con la Dir. UE 2022/2523 del 15 dicembre 2022.

Una sostanziale razionalizzazione e adeguamento alla Dir. CE 2006/112 per l’IVA, con la prevista anticipazione della Dir. UE 2022/542 sulle aliquote. Qui il lavoro sarà impegnativo, perché la nostra legge attuale utilizza ancora le voci doganali del 1973, sostituite dalla Nomenclatura Combinata ormai da alcune decine di anni. Il pro-rata generale sarà opzionale e non più la regola base.

Molti articoli della delega sono dedicati ai tributi indiretti, diversi dall’IVA, ai tributi locali e a quelli sui giochi.

Viene data grande e doverosa importanza al procedimento tributario, dalla fase prodromica degli interpelli, all’accertamento, alla riscossione e al contenzioso. Anche a livello internazionale si enfatizza il dovere reciproco di buona fede tra fisco e contribuente.

Le novità in tabella

Si riportano, in tabella, le principali novità previste dalla delega fiscale.

OggettoDescrizione degli obiettivi
IRPEF– revisione e graduale riduzione dell’IRPEF

– riordino delle deduzioni e delle detrazioni

– tassazione agevolata di straordinari, tredicesima e premi di produttività dei lavoratori dipendenti
IRES– aliquota ordinaria (24%)

– aliquota ridotta per le imprese che impiegano risorse in investimenti, nuove assunzioni o partecipazione dei dipendenti agli utili

– semplificazione e razionalizzazione del reddito d’impresa
IVA– revisione della disciplina delle operazioni esenti

– razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote

– revisione della disciplina della detrazione
IRAPgraduale superamento, dando priorità alle società di persone e alle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni
Accertamento– riconoscimento di maggiori diritti di difesa per il contribuente

– implementazione della compliance

– nuove metodologie di ricerca dell’evasione e dell’elusione fiscale

– potenziamento e semplificazione del regime dell’adempimento collaborativo

– concordato preventivo biennale per i contribuenti di minori dimensioni, con la possibilità di far riferimento, oltre che ai dati in possesso dell’AF, anche agli indicatori sintetici di affidabilità (ISA)
Contenziosointroduzione di norme più tutelanti per i diritti dei contribuenti sia in ordine alla possibilità di richiesta di udienza da remoto
Adempimentirazionalizzare, semplificare e armonizzare gli adempimenti dichiarativi
Sanzionimaggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali
Tributi localirevisione della fiscalità regionale e locale, al fine di realizzare la piena attuazione del federalismo fiscale regionale

TORNA LA PROPOSTA DI ABROGARE L’IRAP

Esattamente 20 anni dopo il primo tentativo rimasto inattuato (cfr. l’art. 8 della L. 80/2003), torna la proposta di abolire l’IRAP.
Infatti, con la legge delega di riforma fiscale definitivamente approvata dalla Camera il 4 agosto 2023 (attualmente in attesa di pubblicazione in G.U. dopo la firma del Presidente della Repubblica Mattarella), il Governo è delegato a disporre una revisione organica del tributo volta alla relativa abrogazione, con priorità per:
– le società di persone;
– le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni.

Si ricorda che, indipendentemente dall’organizzazione della quale si avvalgono, dal 2022 l’IRAP non è già più dovuta dalle persone fisiche esercenti (art. 1 comma 8 della L. 234/2021):
– attività commerciali (ex art. 3 comma 1 lett. b) del DLgs. 446/97);
– arti e professioni (ex art. 3 comma 1 lett. c) del DLgs. 446/97).
Fino al 2021, invece, l’esclusione dal tributo di tali soggetti era subordinato alla verifica dell’insussistenza di un’attività autonomamente organizzata.

Peraltro, anche con riferimento alle associazioni tra professionisti e agli studi associati, la giurisprudenza di legittimità ha ultimamente mostrato alcune “aperture”.

Ad esempio, con l’ordinanza n. 13129/2022, è stato affermato che va esclusa l’applicazione del tributo regionale sulla base della mera esistenza dello studio associato, se in concreto è stato accertato che i singoli professionisti hanno esercitato in modo autonomo e non associato l’attività professionale oggetto dell’eventuale imposizione.

Nel caso oggetto di giudizio, è stata confermata la sentenza di secondo grado che aveva escluso l’applicazione dell’IRAP in capo all’associazione professionale essendo stato dimostrato come il reddito da essa prodotto fosse “esclusiva derivazione del lavoro professionale svolto dai singoli associati tale da escludere l’assoggettabilità all’imposta”. In pratica, il valore della produzione netta accertato è stato generato unicamente dal lavoro personale degli associati (nello stesso senso, già l’ordinanza n. 39578/2021).

Tornando alle previsioni della legge delega, la soppressione andrà attuata nella prospettiva di istituire una sovraimposta, che assicuri un gettito in misura equivalente:
– determinata con le medesime regole dell’IRES, con l’esclusione del riporto delle perdite ovvero con regole particolari per gli enti non commerciali;
– da ripartire tra le Regioni sulla base dei criteri vigenti in materia di IRAP.

L’ABOLIZIONE DOVRÀ GARANTIRE L’INVARIANZA DI GETTITO

Detto intervento dovrà comunque garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario e il gettito in misura equivalente per le Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero per quelle che sono sottoposte a piani di rientro i quali, in base alla legislazione vigente, comportano l’applicazione, anche automatica, di aliquote IRAP maggiori di quelle minime.

La revisione e il graduale superamento dell’IRAP devono avvenire senza impatto sul carico fiscale gravante sui redditi di lavoro dipendente e di pensione.

Infine, anche nella fase transitoria del graduale superamento dell’imposta, le garanzie di cui all’art. 2 comma 1 lett. f) della legge delega di riforma fiscale (in base al quale, nell’esercizio della delega medesima, il Governo osserva i principi e criteri direttivi generali di cui all’art. 2 comma 2 lett. t) della L. 42/2009 e dei principi di manovrabilità e flessibilità dei tributi di cui agli artt. 7 e 12 della medesima legge) dovranno essere fatte valere in favore di tutte le Regioni (non solo, quindi, con riferimento a quelle in squilibrio di bilancio sanitario o sottoposte a piano di rientro).

Lo studio associato paga l’IRAP per l’attività di sindaco degli associati

Con la risposta a interpello n. 338 di ieri, l’Agenzia delle Entrate affronta, a quanto ci risulta per la prima volta, il tema dell’assoggettamento a IRAP dei compensi per l’attività di sindaco e amministratore svolta dai professionisti associati e corrisposti allo studio professionale.

Innanzitutto, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 1 comma 8 della L. 234/2021, dal 2022, l’IRAP non è più dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali (ex art. 3 comma 1 lett. b) del DLgs. 446/97) o arti e professioni (ex art. 3 comma 1 lett. c) del DLgs. 446/97).
In assenza di specifiche previsioni esentative, restano, invece, soggetti al tributo gli studi associati e le associazioni professionali (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 4/2022, § 3).

Ciò posto, ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, i compensi per incarichi di sindaco e amministratore svolti da un professionista che partecipa a un’associazione professionale possono essere esclusi dalla base imponibile dell’associazione medesima solo qualora tali attività siano esercitate, nel contempo:
– in modo individuale e separato rispetto a ulteriori attività espletate all’interno dell’associazione professionale;
– senza fruire, con onere della prova a carico del contribuente, dei benefici organizzativi recati dalla titolarità dello studio o dall’adesione all’associazione.

Nel caso oggetto di interpello, gli incarichi di sindaco o amministratore ricoperti dagli associati appaiono svolti non in modo “individuale e separato” rispetto al complesso dell’attività svolta dagli stessi associati nel contesto associativo, ma avvalendosi altresì dell’organizzazione messa a disposizione dallo studio associato. Inoltre, l’affidamento al professionista dell’incarico di amministratore o sindaco sembra avvenire anche in ragione dell’appartenenza all’associazione professionale.

Sulla base del regolamento associativo, poi, i compensi afferenti agli incarichi in oggetto sono fatturati direttamente ed esclusivamente dall’associazione.

Infine, il riconoscimento al professionista, che assume l’incarico di sindaco e amministratore, di un “premio” conferma che i compensi percepiti per tali incarichi siano intesi dall’associazione come “proventi della propria organizzazione” e non come remunerazioni riferibili esclusivamente al singolo professionista.

Pertanto, secondo la risposta n. 338, nel caso di specie i compensi percepiti e fatturati, direttamente ed esclusivamente, dall’associazione professionale in relazione agli incarichi di sindaco o amministratore svolti dai propri associati concorrono alla formazione della base imponibile IRAP dell’associazione stessa.

La posizione dell’Amministrazione finanziaria ricalca quella di una parte della Cassazione: ad esempio, l’ordinanza n. 32272/2022 (espressamente citata) ha affermato che, per ottenere l’esclusione da IRAP dei compensi per l’attività di sindaco svolta dai professionisti associati e corrisposti allo studio, occorre dimostrare che l’attività individualmente svolta dagli associati è “funzionalmente scollegata” da quella dello studio professionale. Nel caso di specie, in assenza di tale prova, il rimborso d’imposta è stato negato.

Inoltre, secondo i giudici di legittimità, ai fini probatori non possono essere utilizzate le Certificazioni Uniche rilasciate dalle società clienti, atteso che tale circostanza non esclude che i professionisti, nell’espletamento del loro incarico, si siano avvalsi in concreto dell’organizzazione messagli a disposizione dallo studio associato.

Secondo l’ordinanza n. 12495/2019 e la norma di comportamento AIDC n. 215, affinché i compensi spettanti per le attività di amministratore, sindaco e revisore di società svolte dai singoli associati siano esclusi da IRAP è necessario che:
– la fattura emessa dall’associazione professionale rechi l’indicazione del nome dell’associato e della carica di sindaco (o amministratore) ricoperta, per distinguere tale attività dalle altre rese dall’associazione;
– sia possibile scorporare il compenso (al netto dei costi di diretta imputazione), ascrivibile alla carica di sindaco (o amministratore), dalle restanti attività fatturate dall’associazione, verificando l’esistenza dei requisiti impositivi delle differenti fattispecie;
– il professionista sia in grado di dimostrare di non fruire, per la carica di sindaco (o amministratore), dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione all’associazione.

Alla luce delle considerazioni sopra formulate, il vigente quadro normativo e la posizione dell’Agenzia suggeriscono, ove possibile, di far fatturare direttamente agli associati gli incarichi di sindaco e amministratore di società, onde ottenere ex lege l’esclusione dal tributo di tali proventi ed evitare, a monte, probabili contenziosi.

Acconti d’imposta 2023 alle prese con il ricalcolo

Anche quest’anno, alcune disposizioni di legge prevedono determinati obblighi di rideterminazione delle imposte relative al 2022 sulle quali commisurare gli acconti dovuti per il periodo d’imposta 2023.

Innanzitutto, come in passato, sono tenuti al ricalcolo i distributori di carburante che, nel 2022, hanno fruito della deduzione forfetaria dal reddito d’impresa prevista dall’art. 34 della L. 183/2011.
Nel dettaglio, se l’acconto IRPEF/IRES 2022 è calcolato con il metodo storico, l’IRPEF/IRES 2022, base di commisurazione dell’acconto medesimo, va assunta senza considerare tale deduzione. Nessun obbligo di rideterminazione è, invece, previsto ai fini IRAP.

Ugualmente interessati al ricalcolo sono i soggetti che effettuano il noleggio occasionale di navi e imbarcazioni da diporto e assoggettano i proventi derivanti da tale attività all’imposta sostitutiva IRPEF/IRES del 20% prevista dall’art. 49-bis del DLgs. 171/2005. Tali soggetti devono determinare l’acconto IRPEF/IRES 2023 senza tenere conto del regime agevolato.

Pertanto, se si utilizza il metodo storico e se il regime è stato applicato nel 2022, ai soli fini del calcolo dell’acconto 2023, l’IRPEF/IRES dovuta per il 2022 deve essere rideterminata tenendo conto dei proventi assoggettati a imposta sostitutiva.
Invece, se si intende adoperare il metodo previsionale e il regime agevolativo è applicato nel 2023, l’IRPEF/IRES presunta relativa al 2023 (base di computo dell’acconto) va calcolata facendo concorrere al reddito complessivo anche i proventi che saranno poi assoggettati, nel modello REDDITI 2024, a imposta sostitutiva.

Infine, tenute al ricalcolo sono banche e assicurazioni, in seguito alle modifiche al regime transitorio di deducibilità delle perdite su crediti introdotte dall’art. 42 commi da 1 a 1-ter del DL 17/2022.

Per tali soggetti, dal 2015, sono interamente deducibili ai fini IRES nell’esercizio di imputazione a Conto economico (art. 106 comma 3 del TUIR):
– le svalutazioni e le perdite sui crediti (al netto delle rivalutazioni) vantati dagli intermediari finanziari verso la propria clientela (iscritti in bilancio a tale titolo), nonché dalle assicurazioni verso gli assicurati;
– le perdite sugli stessi crediti derivanti da cessione a titolo oneroso.

Analoga disciplina si applica ai fini IRAP, atteso che, dal 2015 (soggetti “solari”), sono interamente deducibili, nell’esercizio di imputazione a Conto economico (artt. 6 e 7 del DLgs. 446/97):
– in capo agli intermediari finanziari, le rettifiche e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo;
– in capo alle imprese di assicurazione, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti degli assicurati iscritti in bilancio a tale titolo.

Sia ai fini IRES che IRAP, per il primo periodo di applicazione della “nuova” disciplina (2015, per i soggetti “solari”), i suddetti componenti reddituali sono risultati deducibili nel limite del 75% del loro ammontare.

L’eccedenza rispetto a tale limite, nonché le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette relative ai suddetti crediti iscritte in bilancio fino al 2014, e non ancora dedotte in base alla precedente disciplina, sono deducibili per:
– il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;
– l’8% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
– il 12% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024;
– il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025;
– il 10% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026.

L’art. 42 comma 1 del DL 17/2022 ha rimandato la deduzione della quota del 12%, spettante per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 (2022, per i soggetti “solari”), in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (2023, 2024, 2025 e 2026, per i soggetti “solari”). Inoltre, si prevede l’anticipazione al 2022 della deducibilità della quota del 10% prevista per il 2026 per una parte pari al 53% del relativo ammontare.

Alla luce di tali modifiche, ai soli fini del calcolo degli acconti IRES e IRAP, con riferimento al periodo d’imposta 2023 viene previsto che:
– in caso di adozione del metodo storico, si assume, quale imposta del periodo d’imposta precedente, quella che si sarebbe determinata senza tenere conto dell’anticipazione al 2022 della deducibilità della parte del 53% della quota del 10% prevista per il 2026;
– in caso di adozione del metodo previsionale, l’IRES presunta relativa al 2023 è calcolata senza considerare la deducibilità della prima delle 4 quote della quota del 12% originariamente spettante per il 2022.

Servizi sostitutivi di mensa aziendale – Trattamento ai fini IVA, IRPEF, IRES e IRAP

Con la risposta 301 del 21/04/2023, l’Agenzia delle Entrate – riprendendo in parte i chiarimenti forniti con la risposta 430/2022 – ha fornito chiarimenti sul trattamento ai fini IVA, IRPEF, IRES e IRAP di alcuni servizi sostitutivi di mensa aziendale, forniti avvalendosi di esercizi commerciali convenzionati, presso i quali è possibile pagare con una card elettronica oppure tramite una “app”.

Si chiarisce che:
• in relazione a tale fattispecie, trova applicazione l’aliquota del 4% prevista dal n. 37) della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, qualora siano ravvisabili le peculiari modalità che caratterizzano il servizio sostitutivo di mensa aziendale o quello di mensa diffusa.
• In tale circostanza, l’aliquota sarebbe applicabile alla prestazione resa dagli esercenti ristoratori nei confronti del datore del lavoro, per il quale l’imposta sarebbe detraibile secondo l’art. 19-bis1 comma 1 lett. f) del DPR 633/72.

Fattura differita – Si chiarisce – in relazione alla certificazione dei corrispettivi da parte degli esercenti – che risulta possibile il ricorso alla fattura differita, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione, in ragione dell’art. 21 comma 4 lett. a) del DPR 633/72. Si specifica che l’ammontare dei corrispettivi per le prestazioni documentate con il c.d. “documento commerciale” con dicitura “non riscosso” richiedono di essere mantenute distinte dall’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri, poiché i medesimi concorrono alle liquidazioni periodiche attraverso le corrispondenti fatture differite.

Deducibilità IRES e IRAP – Per quanto riguarda il trattamento ai fini IRES, si chiarisce che suddetti servizi sono interamente deducibili, fermo restando il rispetto dei principi generali di inerenza e di previa imputazione a Conto economico. Sul presupposto che tali servizi, resi mediante “app”, siano assimilabili a quelli sostitutivi di mensa aziendale, i costi a essi afferenti rappresentano un onere per l’acquisizione di un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande e, di conseguenza, non subiscono le limitazioni alla deducibilità previste dall’art. 109 comma 5 del TUIR.

Tali spese risultano deducibili anche ai fini IRAP, in base al principio della c.d. “presa diretta” della base imponibile dal bilancio.

Trattamento IRPEF – Per quanto riguarda il trattamento IRPEF in capo al dipendente che fruisce di tali servizi, se la società intende offrire ai propri dipendenti un servizio di mensa diffusa, modificando in tal senso i relativi contratti con l’eliminazione del riferimento al “servizio sostitutivo di mensa aziendale” o stipulando nuovi contratti con altri soggetti, ai sensi dell’art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR, l’importo del pasto non concorrerà a formare il reddito imponibile.

Irap non dovuta per il professionista che svolge attività diversa da quella della società di cui è socio

Non è dovuta l’Irap a carico del professionista (nel caso di specie medico) sulle attività diverse da quelle dello studio o della società di cui è socio. Non può avvalersi di una struttura che svolge un lavoro diverso, nel caso di specie diagnostico mentre il medico era specializzato in medicina del lavoro.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con ordinanza 21357 del 6 luglio 2022, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate che aveva chiesto il pagamento dell’Irap a un medico legale socio e amministratore di un poliambulatorio.


Confermata dunque la pronuncia della Ctr che aveva accolto l’appello del contribuente. Secondo i giudici di appello, infatti, l’attività della società (di cui il contribuente era socio al 33% nonché legale rappresentante) e quella del contribuente erano differenti in quanto mentre il contribuente svolge attività di medico del lavoro e in tale sua qualità si reca nei luoghi di lavoro ad effettuare le visite senza usufruire
delle strutture del suddetto Centro mentre il Centro svolge attività di prevenzione, informazione, formazione degli addetti responsabili delle singole aziende e, in quanto poliambulatorio autorizzato, esami di laboratorio e diagnostica, cosicché appare corretto l’assunto che la corresponsione di compensi da parte della società al contribuente depone per l’assenza di autonoma organizzazione.


A sostegno della decisione la Cassazione ricordato che in tema di Irap, il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni meramente esecutive (cfr. da ultimo Cass. 9071/2021 e 28329/2021).


Nel caso di specie era emerso che l’attività svolta dal medico era diversa da quella svolta dal centro diagnostico per cui appare corretto l’assunto che la corresponsione di compensi da parte della società al contribuente depone per l’assenza di autonoma organizzazione giacché, se il contribuente si avvalesse delle strutture della società per l’esercizio della professione medica, dovrebbe egli corrispondere somme e non riceverle in pagamento.


Infine la disponibilità di uno studio professionale per lo svolgimento dell’attività non costituiva indice di una autonoma organizzazione perché tale studio è riferibile a un soggetto terzo e da quest’ultimo organizzato: di conseguenza il contribuente non era, sotto qualsiasi forma, il responsabile di una organizzazione essendo invece inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità.