Antiriciclaggio: le nuove disposizioni di Banca d’Italia

Gli orientamenti EBA del 14.6.22 sulle “politiche e le procedure relative alla gestione della conformità e al ruolo e alle responsabilità del responsabile antiriciclaggio” hanno generato un impatto rilevante sull’organizzazione dei presidi AML dei soggetti obbligati e, di conseguenza, sulle procedure e sui controlli interni definiti per il contenimento del relativo rischio.

Sotto il profilo regolamentare, l’Autorità di Vigilanza ha dovuto quindi rimodulare l’originario provvedimento del marzo 2019, ridisegnando innanzitutto presidi organizzativi minimi i quali, pur sotto l’egida del principio di proporzionalità e del risk based approach, devono almeno dotarsi di:

1) una funzione antiriciclaggio;

2) un responsabile per l’invio delle segnalazioni sospette;

3) una funzione di internal audit e

4) un esponente aziendale per l’antiriciclaggio.

Esponente aziendale per l’antiriciclaggio

La previsione di quest’ultima nuova figura ha implicato un aggiornamento dei poteri dell’organo con funzione di supervisione strategica, il quale provvederà, entro il prossimo rinnovo delle cariche sociali o – al più tardi – entro il 30.6.26, alla relativa nomina.

Dal combinato disposto tra il provvedimento in parola, il DM 169/2020 ed il Provvedimento Banca d’Italia del 4.5.21, l’idoneità dell’esponente aziendale incaricato del ruolo di responsabile per l’antiriciclaggio richiederà una valutazione specifica di cui dovrà darsi atto nel relativo verbale della riunione del C.d.A.

Il nuovo protagonista del panorama AML nel quale operano i soggetti obbligati ricopre un incarico di natura esecutiva. Giova rammentare che, in base alle Disposizioni di Vigilanza per le Banche, sono definiti componenti esecutivi: “i) i consiglieri che sono membri del comitato esecutivo, o sono destinatari di deleghe o svolgono, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa; ii) i consiglieri che rivestono incarichi direttivi nella banca, cioè hanno l’incarico di sovrintendere ad aree determinate della gestione aziendale, assicurando l’assidua presenza in azienda, acquisendo informazioni dalle relative strutture operative, partecipando a comitati manageriali e riferendo all’organo collegiale sull’attività svolta; iii) i consiglieri che rivestono le cariche sub i) o gli incarichi sub ii) in qualsiasi società del gruppo bancario”.

Alla luce della norma definitoria qui richiamata, letta in relazione alle attribuzioni dell’esponente responsabile per l’antiriciclaggio, sorgono legittimi dubbi sull’opportunità di demandare sostanziali poteri di controllo ad un esponente esecutivo e, soprattutto, si prende atto del sostanziale superamento del limite per cui il presidio antiriciclaggio, in sé considerato, dovrebbe essere del tutto sganciato da logiche gestorie in senso stretto.

Ne sembra conscia, a dire il vero, anche la Vigilanza, la quale si premura di raccomandare, sin dalla stesura della policy antiriciclaggio a cura dell’organo con funzione di supervisione strategica, la gestione in capo all’esponente per l’antiriciclaggio di ipotesi di conflitto di interessi e le relative misure di prevenzione e mitigazione.

Conflitti peraltro nemmeno troppo latenti se si pensa che tale incarico, per espressa previsione del provvedimento in parola, può essere affidato al direttore generale sulle cui prerogative principalmente gestorie non sembra necessario dover indugiare oltre. L’anomalia concettuale qui rilevata si apprezza ancor di più se analizzata con la preclusione prevista per il titolare della funzione antiriciclaggio, il quale non può avere alcuna responsabilità di aree operative.

Per l’introduzione della nuova figura, concepita come punto di contatto tra il responsabile della funzione e l’organo di supervisione strategica, si profilano all’orizzonte, soprattutto per il settore degli intermediari finanziari non bancari minori, riassetti della governance e dei controlli non di poco conto, pur apparendo apprezzabili le vie di uscita, offerte dal provvedimento, sulla cumulabilità di incarichi.

Le stesse vie d’uscita aprono tuttavia ad ipotesi paradossali, generate dalla semplice (e provocatoria) applicabilità del principio di equivalenza: l’esponente responsabile per l’antiriciclaggio può essere identificato nel direttore generale e il provvedimento al riguardo prevede – sia perdonata la ripetizione di termini – che la responsabilità della funzione antiriciclaggio può essere attribuita all’esponente responsabile per l’antiriciclaggio. Ebbene, si potrebbe giungere alla evidentemente non voluta attribuzione della titolarità della funzione antiriciclaggio al direttore generale, ex se, incaricato di compiti gestori in senso stretto.

In buona sostanza, la scelta di qualificare come esecutivo un incarico di controllo, raccordo e trasmissione di flussi informativi risponde ad una ratio che, tuttavia, continua a sfuggire a chi scrive.

Venendo all’inquadramento organizzativo della funzione antiriciclaggio, la novellata edizione del provvedimento in parola vuole che l’attività della stessa, in termini di flussi verso i vertici aziendali (diretti o veicolati dall’esponente responsabile per l’antiriciclaggio), sia oggetto di previsioni, pur non necessariamente prescrittive, già all’interno della policy antiriciclaggio. Quest’ultimo documento continua ad assumere, insieme all’esercizio di autovalutazione del rischio, una sua centralità come matrice di organizzazione e funzionamento del presidio AML, di cui il manuale costituisce promanazione.

Quanto al coinvolgimento “valutativo” nella procedura di escalation, la funzione antiriciclaggio può essere investita di poteri consultivi o “deliberativi” sia pure in chiave antiriciclaggio. Non si comprende tuttavia perché il provvedimento si limiti a considerare le sole fattispecie di avvio o di prosecuzione di un rapporto continuativo, tagliando – di fatto – fuori tutti i soggetti obbligati caratterizzati da operatività istantanea perché legata ad attività finanziarie specifiche, come nel caso dei money transfer.

La titolarità della funzione è attribuita ad una persona fisica idonea a ricoprire l’incarico sulla base di requisiti sostanzialmente analoghi a quelli fissati dal DM 169/2020 ed è cumulabile, senza riserve, con l’incarico di compliance officer, mentre è soggetta a valutazioni specifiche qualora voglia essere affidata al risk manager.

Resta infine impregiudicato il ricorso all’esternalizzazione della funzione, in linea di massima sulla base dei medesimi presupposti originariamente disciplinati dall’originaria edizione del provvedimento.

Sta di fatto che, venuta meno la necessità di nomina di un referente interno per l’ousourcer (giusta la presenza dell’esponente responsabile per l’antiriciclaggio?), resta da capire chi sia il “responsabile interno” – testualmente – cui si fa riferimento nella individuazione dei contenuti minimi del contratto di fornitura per la frequenza minima dei flussi informativi.

SOS – I NUOVI INDICATORI DI ANOMALIA ANTIRICICLAGGIO DAL 2024

In attuazione del potere attribuito dall’art. 6, co. 4, lett. e), d.lgs. 231/2007, l’UIF:
➔ con il Provvedimento del 12/05/2023
➔ ha emanato i “nuovi” indicatori di anomalia elaborati per agevolare l’intera platea dei soggetti obbligati nell’individuazione delle operazioni sospette e della eventuale necessità di procedere alla relativa segnalazione (cd. “SOS”).

Si tratta di un compendio in un testo unitario degli indicatori (in larga parte già presenti in passato) relativi a tutti i destinatari degli obblighi di segnalazione, aggiornando le operatività rilevanti per incentivare la qualità della collaborazione attiva.

Decorrenza: i “nuovi” indicatori dovranno essere utilizzati nell’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette a decorrere dal 1° gennaio 2024 (data dalla quale non saranno più applicabili gli indicatori precedenti contenuti in una serie di Provvedimenti e comunicazioni di Banca d’Italia ed UIF).

I NUOVI INDICATORI

Gli indicatori di anomalia sono 34, ciascuno dei quali articolato in sub-indici, che costituiscono esemplificazioni dell’indicatore di riferimento.

Nella fase di applicazione i soggetti obbligati devono selezionare gli indicatori rilevanti alla luce della
concreta attività svolta
. In particolare:
gli indicatori della Sez. A e gli indicatori da 9 a 14 della Sez. B: dovrebbero essere considerati rilevanti da tutti i destinatari (ad eccezione di ipotesi specifiche di inapplicabilità da valutare caso per caso)
altri indicatori, dovrebbero essere considerati rilevanti da parte di alcune categorie di destinatari.

Infine, alcuni indicatori possono poi rilevare nell’ambito di plurimi comparti di attività svolte dai destinatari, anche indipendentemente dalla categoria di appartenenza.

Ai fini della selezione, gli organismi di autoregolamentazione, nell’ambito delle attività di promozione e controllo dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio, possono fornire supporto ai professionisti iscritti nei propri albi/elenchi. Le associazioni rappresentative di altre categorie di destinatari del D.lgs. 231/2007 potranno comunque orientare questi ultimi nella predetta attività di selezione. I soggetti obbligati terranno conto delle eventuali indicazioni ricevute rapportandole alla concreta attività svolta.

INDICATORI E SUBINDICATORI PER L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

Una volta individuato l’indicatore di anomalia da considerare, è necessario verificare anche i sub-indici a essi applicabili.
Per l’attività svolta dai professionisti si evidenziano i seguenti indici e sub – indici.

Per l’elenco completo degli indici e sub indici si veda l’Allegato al citato Provv. UIF.

UIF – Le Pubbliche amministrazioni nel sistema di prevenzione del riciclaggio

L’UIF con il Quaderno dell’antiriciclaggio n. 19 del settembre 2022 evidenzia che le statistiche relative al flusso segnaletico riconducibile alla Pubblica Amministrazione evidenziano, dal 2007, solo 422 segnalazioni/comunicazioni.

Gli uffici delle Pubbliche amministrazioni sono chiamati a svolgere un importante ruolo nel sistema italiano di prevenzione del riciclaggio fin dal 1991, quando il decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito con legge 5 luglio 1991, n. 197, ha posto a loro carico, fra l’altro, obblighi di identificazione e di segnalazione di operazioni sospette. Attualmente i loro doveri in ambito antiriciclaggio sono individuati
dall’articolo 10 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Nonostante la previsione sia risalente, il contributo delle Pubbliche amministrazioni al contrasto del riciclaggio è sempre stato estremamente esiguo. Da un maggiore coinvolgimento degli uffici della Pubblica amministrazione nel sistema di prevenzione del riciclaggio, può derivare, invece, un significativo irrobustimento non solo dei meccanismi di tutela dell’economia dall’infiltrazione criminale ma anche della qualità stessa dell’azione amministrativa.

ll D.Lgs. n. 90/2017 ha infatti espunto la Pubblica Amministrazione dal novero dei destinatari degli obblighi ex art. 3, D.Lgs. n. 231/2007, ritagliando ai soggetti ricompresi all’interno dell’art. 1, comma 1, lettera hh), un ruolo specifico, definito dal successivo art. 10 che ne circoscrive, tra l’altro, l’ambito di intervento.
Si tratta, nel dettaglio:
• dei procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione;
• delle procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo le disposizioni di cui al Codice dei contratti pubblici;
• dei procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati.

L’ambito oggettivo all’interno del quale è richiesta dal Legislatore la cooperazione attiva della PA appare quindi coerente con il rilievo formulato dal GAFI, evidentemente figlio del noto flusso comunicativo istituzionale che, a livello europeo, parte dalla base dei soggetti obbligati, viene filtrato dalle singole FIU per giungere alla Commissione UE e da lì indirizzato quale “di cui” dello stato dell’arte sul contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo a livello internazionale.

In buona sostanza, prima del 4 luglio 2017, la PA aveva fallito la propria missione in qualità di soggetto obbligato perché ontologicamente incompatibile con un assetto di uomini, mezzi e risorse da destinare a presidi di controllo interni dedicati specificamente al contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, a tacere poi di concetti non immediatamente mutuabili quale quello di “cliente”, estranei in termini fisiologici all’apparato amministrativo salvo rare eccezioni.

Ebbene, l’assetto post luglio 2017, su cui è intervenuto il provvedimento UIF del 23 aprile 2018, libera gli uffici della PA da obblighi di adeguata verifica, profilatura di rischio del cliente, monitoraggio del rapporto e conservazione dei dati, delle informazioni e dei documenti acquisiti, richiedendo “solo” che rispetto ai summenzionati procedimenti amministrativi sia adempiuto l’obbligo di comunicazione alla UIF di operazioni sospette di cui le PA vengano a conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale.