Assegnazioni e cessioni agevolate con differenti effetti in capo al socio

Le operazioni agevolate di assegnazione e cessione dei beni ai soci di cui all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 comportano differenti effetti in capo ai soci con riferimento al valore fiscale dei beni assegnati (o ceduti).

In particolare, nell’ambito delle operazioni di assegnazione agevolata, l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che il valore del bene assunto ai fini fiscali dal socio assegnatario è il medesimo di quello adottato dalla società nella determinazione dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza realizzata: in questo senso si era espressa nella C.M. 21 maggio 1999 n. 112 (cap. I, Parte II, § 4.3), il cui orientamento è stato confermato nella più recente circ. 1 giugno 2016 n. 26.
Pertanto, laddove la società abbia calcolato l’imposta sostitutiva dell’8% o del 10,5% sulla plusvalenza determinata assumendo il valore normale ex art. 9 del TUIR, lo stesso deve essere assunto dal socio nella determinazione delle (eventuali) successive plusvalenze o minusvalenze.
Laddove, invece, la società abbia determinato la plusvalenza assumendo il valore catastale, lo stesso costituisce il nuovo costo fiscale in capo al socio ai fini delle successive plusvalenze o minusvalenze.

Diversamente, nell’ambito delle operazioni di cessione agevolata, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il costo fiscalmente riconosciuto del bene in capo al socio (cessionario) deve essere pari al corrispettivo pattuito, indipendentemente dal valore utilizzato dalla società nella determinazione della plusvalenza assoggettata a imposta sostitutiva (così si sono espresse le circ. n. 26/2016 e n. 37/2016).

Trattasi, con tutta probabilità, di un’interpretazione volta a scoraggiare le cessioni agevolate effettuate a corrispettivi inferiori al valore catastale, la quale comporta, tuttavia, fenomeni di doppia imposizione su una parte di valore del bene, in considerazione del fatto per cui il valore catastale rappresenta proprio il minimo valore cui attenersi nell’operazione di cessione agevolata (art. 1 comma 102, secondo periodo, della L. 197/2022).

Si pensi, ad esempio, ad un’operazione di cessione agevolata di un bene avente costo fiscalmente riconosciuto di 90.000 euro, valore normale di 250.000 euro e valore catastale di 165.000 euro, effettuata ad un corrispettivo di 150.000 euro.
La società assoggetta all’imposizione sostitutiva la plusvalenza fiscale di 75.000 euro, determinata dalla differenza tra il valore catastale (valore minimo da assumere a questi fini se il corrispettivo, come nell’esemplificazione, è inferiore) e il costo fiscalmente riconosciuto del bene.

Il socio, stando all’interpretazione fornita dalla prassi, nell’ipotesi di una successiva vendita dello stesso bene al prezzo di 200.000 euro, realizzerebbe una plusvalenza di 50.000 euro, dovendo assumere quale nuovo costo fiscale del bene il corrispettivo della cessione agevolata (150.000 euro), anziché il valore catastale (165.000 euro) utilizzato dalla società, che porterebbe ad una plusvalenza di 35.000 euro.Ripartenza del quinquennio dalla data di assegnazione

L’assegnazione e cessione agevolate determinano, inoltre, in capo ai soci assegnatari (o cessionari) l’acquisto a titolo originario del bene, comportando per i soggetti non imprenditori l’interruzione del quinquennio rilevante per le plusvalenze immobiliari ex art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR.
Se, quindi, il socio decide di vendere il bene immobile nei cinque anni successivi all’operazione, lo stesso realizzerà una plusvalenza imponibile.

Nell’ambito dell’assegnazione agevolata, quindi, la scelta tra valore normale e catastale dovrà essere valutata anche sulla scorta delle intenzioni del socio rispetto a una successiva vendita dell’immobile (se queste intenzioni sono concrete e, soprattutto, attuali, l’assunzione del valore normale è in genere una scelta maggiormente favorevole nell’economia complessiva dell’operazione).

Su questo profilo, inoltre, l’Agenzia delle Entrate (ris. 17 ottobre 2016 n. 93) ha chiarito che non sussiste abuso del diritto in ipotesi di cessione di immobili effettuata dal socio successivamente all’assegnazione agevolata, godendo di un’imposizione calcolata sulla sola differenza tra il prezzo pagato dal terzo acquirente e il valore di assegnazione (o, addirittura, senza scontare tassazione).

L’operazione agevolata di trasformazione in società semplice, invece, non comporta alcuna interruzione del periodo di possesso dei beni e non determina, quindi, l’interruzione del quinquennio rilevante per le plusvalenze immobiliari.
Così, se all’atto della trasformazione la società deteneva gli immobili da almeno cinque anni, nella successiva cessione non si realizzano plusvalenze tassabili.

Registro sul valore catastale nell’assegnazione agevolata di immobili

Nella determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, il valore catastale è ormai confinato a un ruolo circoscritto. Infatti, è possibile assumere il valore catastale rivalutato dell’immobile ceduto, come base per l’applicazione delle aliquote dell’imposta di registro, solo in presenza delle condizioni richieste dall’art. 1 comma 497 della L. 266/2005, che disciplina il c.d. “prezzo valore”, ovvero se:
– la cessione sia posta in essere nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali;
– la cessione abbia a oggetto un immobile a uso abitativo e relative pertinenze
– la parte acquirente renda al notaio, all’atto della cessione, apposita richiesta;
– le parti indichino in atto il corrispettivo pattuito (ma ciò non è necessario in caso di assegnazione, cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2007 n. 25, § 11.2).

L’applicazione del prezzo valore ha un’ulteriore conseguenza favorevole, posto che fa operare la valutazione automatica, che limita il potere dell’Agenzia di rettificare il valore indicato in atto dalle parti, se dichiarato in misura non inferiore al valore catastale rivalutato.
Tale regola, a suo tempo di applicazione generalizzata (art. 52 comma 4 e 5 del DPR 131/86), è ormai confinata alle sole cessioni che rientrano nel campo di applicazione del prezzo valore ex art. 52 comma 5-bis.

In realtà, esaminando la normativa in tema di cessione e assegnazione agevolata di immobili, reintrodotta dall’art. 1 comma 102 della L. 197/2022, si può notare che, in questo ambito, vi è un ulteriore spazio di applicazione del valore catastale.

Si ricorda che, come illustrato diffusamente nello Speciale Eutekne.Info n. 50, l’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 ha riproposto le agevolazioni per l’assegnazione o la cessione ai soci di beni immobili che consentono, tra il resto, di:
– assoggettare a tassazione le plusvalenze, in capo alla società, con imposta sostitutiva dell’8%;
– utilizzare, come base imponibile per calcolare la tassazione sostitutiva, il valore catastale degli immobili (determinato ai fini dell’imposta di registro) invece del valore normale;
– ridurre al 50% le aliquote dell’imposta di registro proporzionale (che resta, però, dovuta nella misura minima di 1.000 euro), nonché applicare le imposte ipocatastali fisse.
Anche in relazione alle cessioni e assegnazioni agevolate è possibile, naturalmente, applicare il “prezzo valore”, limitatamente alle operazioni che soddisfino anche le condizioni richieste dall’art. 1 comma 497 della L. 266/2005 (immobili abitativi, cessionario persona fisica non imprenditore, etc.).

Un’attenta lettura dell’art. 1 comma 102 della L. 197/2022 induce però a ritenere che il valore catastale possa costituire la base imponibile dell’imposta di registro per le cessioni e assegnazioni agevolate.
Il primo a notare questa possibilità è stato, con riferimento alla “vecchia” disciplina agevolativa prevista dall’art. 1 commi 115-120 della L. 208/2015, il Consiglio nazionale del notariato, nello Studio n. 20-2016/T (§ 6), rilevando come la norma agevolativa richiamasse l’art. 52 comma 4 del DPR 131/86, che prevedeva la valutazione automatica in modo “esteso”, e non, invece, l’art. 52 comma 5-bis che ne circoscrive l’applicazione al prezzo valore.

Tale impostazione, inizialmente respinta dall’Agenzia delle Entrate (circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2007 n. 25, § 11.2.1), è stata, poi, avallata anche dall’Amministrazione finanziaria, con riferimento alla disciplina agevolativa di cui alla L. 208/2015. Nella circ. 1° giugno 2016 n. 26 (§ 8.1), infatti, si ammette la possibilità di determinare il valore degli immobili nel valore catastale, anche nell’ambito dell’imposta di registro, per le assegnazioni che rientrano nell’ambito applicativo delle norme agevolative, dietro apposita opzione resa in atto dalla società.

Successivamente, nella circ. n. 37/2016 (§ 13), l’Agenzia ha inoltre specificato che l’applicazione del valore catastale nell’imposta di registro è subordinata all’analoga opzione ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, con la conseguenza che non è possibile optare per la determinazione catastale del valore degli immobili ai soli fini dell’imposta di registro (fatto salvo il “prezzo valore”, ove applicabile).

Nell’attuale disciplina agevolativa, l’identico rinvio, contenuto nell’art. 1 comma 102 della L. 197/2022, all’art. 52 comma 4 del DPR 131/86 consente di giungere alle stesse conclusioni, sicché la valutazione automatica è applicabile alle cessioni e assegnazioni agevolate:
– di immobili abitativi ceduti/assegnati a persone fisiche, mediante richiesta in atto ex art. 1 comma 497 della L. 266/2005;
– di fabbricati strumentali e di fabbricati (sia abitativi che strumentali) ceduti/assegnati a società, in presenza di apposita opzione espressa per le imposte dirette;
con la conseguenza di poter calcolare anche l’imposta di registro sul valore catastale rivalutato, senza rischio di accertamento da parte delle Entrate.