EQUO COMPENSO – LA NUOVA DISCIPLINA

In data 12/04/2023 è stata approvata in via definitiva la nuova disciplina sul cd. “equo compenso” delle “prestazioni professionali”, in attesa di pubblicazione in G.U., finalizzata a tutelare il professionista di determinate situazioni contrattuali.

LA PREVIGENTE DISCIPLINA

La previgente disciplina dell’equo compenso si rinveniva nelle seguenti disposizioni normative:
– art. 19-quaterdecies, D.L. 148/2017 (c.d. Decreto Fiscale)
– art. 1, c. 487 e 488, L- 205/2017 (Legge di bilancio 2018)
intervenute in un primo tempo limitatamente alle prestazioni degli avvocati ed, in seguito, estendendo le disposizioni a tutti i rapporti di lavoro autonomo che interessano i professionisti, iscritti o meno agli ordini e collegi, i cui parametri sono stati definiti da una serie di decreti ministeriali attuativi.

La previgente impostazione era stata oggetto di rilievi da parte dell’Authority sulla concorrenza per una possibile contrarietà ai principi di libera concorrenza previsti dalla disciplina comunitaria.

Le censure: la disciplina
– collega l’equità del compenso a parametri tariffari contenuti in DM, con la reintroduzione, di fatti, di “minimi tariffari” (in precedenza soppressi dal DL 1/2012)
– ciò ha l’effetto di ostacolare la concorrenza tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. “forti” (inclusa la P.A.)

Anche la Corte UE (sent. 4/07/2019, caso C-377/17) ha avuto modo di affermare che, in materia di compensi professionali:
– l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto UE;
– ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi.

IL RECENTE INTERVENTO LEGISLATIVO

Alla luce di tali possibili incompatibilità, il legislatore ha modificato la disciplina sull’equo compenso. ll testo approvato (DDL A.C. 338-B, di cui si attende ora la pubblicazione in GU) si compone di 13 articoli.

LA DEFINIZIONE DI EQUO COMPENSO

L’art. 1 fornisce la definizione di equo compenso, disponendo che, per essere considerato equo, il
compenso deve essere:
▪ essere proporzionato:
– alla quantità e qualità del lavoro svolto
– e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale
▪ nonché conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti dalla legge.

Per la definizione dei “parametri” di conformità, si rinvia a più decreti ministeriali; in particolare:

AMBITO APPLICATIVO

L’art. 2 definisce l’ambito applicativo della “nuova” disciplina sull’equo compenso.

Essa si applica alle prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c.
▪ regolate da convenzioni (sia preparatorie che definitive, purché vincolanti per il professionista)
▪ che hanno per oggetto l’attività (anche da parte di studi associati o Stp) in favore, alternativamente:
✓ di imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie)
✓ di imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a €. 10 milioni;
✓ della Pubblica amministrazione (ex D.lgs. 176/2015) e delle società partecipate dalla PA.

NULLITÀ DELLE CLAUSOLE CHE NON PREVEDONO UN COMPENSO EQUO

L’art. 3 dispone la nullità (ex tunc, rilevabile d’ufficio) delle clausole (e non del contratto):
a) in generale:
✓ che non prevedono un compenso equo e proporzionato (secondo il citato art. 1) per lo svolgimento dell’attività professionale, con riguardo anche ai costi sostenuti dal prestatore d’opera;
✓ che prevedono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi.

b) in modo più specifico: delle eventuali seguenti pattuizioni:
✓ al professionista è vietato pretendere acconti nel corso della prestazione;
✓ il professionista deve procedere a delle anticipazioni di spese
✓ al committente sono attribuiti vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità/qualità del lavoro svolto o del servizio reso
✓ prevedano quanto segue:
– il cliente può procedere a modifiche unilaterali delle condizioni del contratto
– al cliente è concessa la facoltà di rifiutare la stipula per iscritto degli elementi essenziali del contratto
– al cliente è attribuita la facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito
– sono previsti termini di pagamento superiori a 60 giorni dal ricevimento della fattura
– in caso di sostituzione di precedente convenzione, la nuova disciplina sui compensi comporta compensi inferiori rispetto alla precedente anche per gli incarichi non ancora ultimati/fatturati
– il compenso pattuito per l’assistenza/consulenza in materia contrattuale spetta solo in caso di sottoscrizione del contratto (obbligazione “di risultato”)
– il professionista è obbligato a rimborsare al cliente l’utilizzo di servizi di assistenza tecnica la cui fruizione è richiesta dal cliente stesso
professione forense: in caso di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all’avvocato è riconosciuto solo il minor importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state, in tutto o in parte, corrisposte/recuperate dalla parte, ovvero solo il minore importo liquidato nel caso in cui l’importo previsto in convenzione sia maggiore.

Nota: non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge o attuano princìpi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti i paesi UE.

PROCEDURE PER LA NULLITÀ DELLE PATTUIZIONI CONTRATTUALI
L’azione per far valere la nullità della pattuizione (accordo di qualsiasi tipo, convenzione, contratto, esito della gara, affidamento, predisposizione di un elenco di fiduciari etc.) e chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata:
– può essere promossa dal professionista;
– innanzi al tribunale del luogo ove egli ha la residenza o il domicilio.

Il tribunale procede alla rideterminazione del compenso: secondo i parametri ministeriali in vigore;
tenendo conto dell’opera effettivamente prestata

Per le sole professioni ordinistiche è inoltre introdotta la possibilità, per il tribunale, di richiedere al professionista di produrre il parere di congruità del compenso reso dall’ordine o dal collegio professionale.
Il parere di congruità costituisce elemento di prova circa le caratteristiche dell’attività prestata; che il
tribunale può comunque avvalersi anche della consulenza tecnica, ove indispensabile ai fini del giudizio.

Rimedi per compensi iniqui: il giudice:
– rilevato il carattere iniquo del compenso;
– ridetermina il dovuto secondo i principi dettati dai decreti ex art. 1 sulla definizione dei parametri dell’equo compenso;
– può condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista (pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito, fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno).

ULTERIORI DISPOSIZIONI

Si riassumono, in forma tabellare, le ulteriori disposizioni del provvedimento.