Trasformazione in società semplice con ritenuta sulle riserve di utili pregresse

Tra le risposte fornite ieri nel corso di una videoconferenza, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul tema della tassazione delle riserve di utili delle società di capitali che si trasformano in società semplice avvalendosi delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022.
La questione riguarda il trattamento fiscale delle riserve pregresse, costituite antecedentemente all’operazione: il dubbio, in particolare, è se per i soci persone fisiche non imprenditori la tassazione debba avvenire tramite assoggettamento a ritenuta a titolo d’imposta del 26% ovvero tramite imputazione per trasparenza ai soci del reddito con indicazione in sede di dichiarazione.

Ricostruendo brevemente, la trasformazione agevolata in società semplice determina la tassazione delle riserve non ricostituite in bilancio.
Diversamente dalle riserve in sospensione d’imposta – per le quali l’assolvimento dell’imposta sostitutiva del 13% sulle stesse comporta l’irrilevanza fiscale del successivo utilizzo – la normativa prevede che le riserve di utili debbano essere assoggettate a tassazione in capo ai soci.
Ai sensi dell’art. 170 comma 4 lett. b) del TUIR, infatti, la tassazione in capo ai soci avviene nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione (“post trasformazione”).
Ai sensi del successivo comma 5 dell’art. 170 del TUIR, dette riserve (costituite prima della trasformazione) sono tassate secondo il regime fiscale proprio degli utili da partecipazione in società di capitali.

Mancavano, sino a oggi, indicazioni precise sulla modalità di tassazione di dette somme.
In mancanza di tali indicazioni, gli operatori ipotizzavano, per i soci persone fisiche, l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 26% sulle riserve di utili a prescindere dal possesso di partecipazioni qualificate o non qualificate.
L’Agenzia delle Entrate aveva, tuttavia, precisato in una videoconferenza del 18 maggio 2006 che le società di persone, non rivestendo la qualifica di sostituti d’imposta per i dividendi, non possono operare tale ritenuta: pertanto, il socio sarebbe stato tenuto a dichiarare il provento secondo le soglie previste dalla legge (allora 40%, oggi 40%, 49,72% o 58,14%).
In senso contrario, invece, si è espresso il recente studio del Consiglio nazionale del notariato n. 44-2023/T (§ D.2.1), che sembra confermare l’esercizio della ritenuta del 26% sul dividendo distribuito al socio persona fisica con “non pochi dubbi applicativi” per la società semplice.

Con la risposta a Telefisco, l’Agenzia delle Entrate, nel richiamare la citata disciplina in materia di trasformazione, chiarisce proprio il trattamento riservato alle somme in questione, affermando che le medesime devono essere assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta del 26% ai sensi dell’art. 27 comma 1 del DPR 600/73.
Secondo l’Agenzia, infatti, nonostante le società semplici (risultati dalla trasformazione) non rientrino (in base alla disposizione) tra i soggetti tenuti ad applicare la ritenuta, “non si ravvisano motivi di ordine logico-sistematico per negare l’applicazione della predetta ritenuta, qualora le società semplici risultanti dalla trasformazione di una società di capitali imputino ai propri soci i redditi conseguiti dalla società di capitali trasformanda”.
In applicazione del citato art. 170 comma 5 del TUIR, infatti, per tali riserve formate “in costanza” della società di capitali, la società semplice, quale medesimo soggetto giuridico, dovrebbe subentrare nell’assolvimento dei relativi obblighi, tra i quali, quelli dei sostituti d’imposta.

Secondo gli artt. 8 comma 1 n. 5 del DPR 602/73 e 18 del DLgs. 241/97, le ritenute alla fonte sui dividendi ex art. 27 del DPR 600/73 devono essere versate entro il giorno 16 del mese successivo a ciascun trimestre solare in cui sono state operate.
Con riferimento al caso di specie, però, l’Agenzia delle Entrate afferma che la ritenuta deve essere versata entro il 16 aprile del periodo d’imposta successivo, nonostante la trasformazione avvenga nel 2023.
Questa impostazione, quindi, stabilendo il termine al 16 del mese successivo al I° trimestre del 2024 (per le trasformazioni effettuate nel 2023) – sembrerebbe far intendere che il periodo d’imposta “post trasformazione” di tassazione in capo ai soci sia il 2024 e non la frazione del 2023 successivo all’operazione agevolata che va dalla data di efficacia della trasformazione al 31 dicembre.

Trasformazione in società semplice con dubbi sulle riserve pregresse

Le agevolazioni fiscali per le operazioni di assegnazione e cessione di beni ai soci di cui all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 si applicano, con alcune differenze, anche alle operazioni di trasformazione in società semplice.
Il beneficio fiscale in capo alla società coinvolge, in estrema sintesi, la tassazione delle plusvalenze realizzate sui beni agevolati e la tassazione delle riserve in sospensione d’imposta.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, l’art. 1 comma 101 della L. 197/2022 prevede che le riserve in sospensione di imposta annullate per effetto della trasformazione siano assoggettate a imposta sostitutiva del 13% che grava, anche per le società di persone, sulla società.
A essere assoggettate a tale imposizione sono tutte le riserve in sospensione d’imposta, sia quelle tassabili in ogni caso che quelle tassate solo in caso di distribuzione: si tratta, nella maggior parte dei casi, delle riserve di rivalutazione monetaria.

Non sono, invece, in sospensione di imposta, e non sono quindi assoggettate a imposizione del 13%, le riserve costituite a fronte di una rivalutazione solo civilistica (prevista, da ultimo, dall’art. 110 del DL 104/2020) ovvero quelle già affrancate tramite pagamento (opzionale) di un’imposta sostitutiva (negli ultimi anni pari al 10%).
L’imposizione del 13% non è prevista, inoltre, per le società di persone in contabilità semplificata alle quali, come da prassi consolidata, non si applicano le norme riguardanti la tassazione del saldo attivo di rivalutazione.

La trasformazione agevolata in società semplice determina la tassazione delle riserve non ricostituite in bilancio.
Su questo profilo è opportuno fare un distinguo tra le tipologie di riserve annullate.
Per le riserve in sospensione di imposta, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’assolvimento dell’imposta sostitutiva sulle stesse comporta l’irrilevanza fiscale del successivo utilizzo. Più in particolare, nella circolare n. 37/2016 (§ 3.1) è stato chiarito, con riferimento all’assegnazione dei beni ai soci, che ciò è da intendersi nel senso per cui il pagamento dell’imposta del 13% è definitivo e liberatorio sia per la società che per i soci. Quanto chiarito dovrebbe valere anche in caso di trasformazione.

Diversamente, le riserve di utili delle società di capitali trasformate devono essere assoggettate a tassazione in capo ai soci. Nessun obbligo è, invece, previsto per i soci di società di persone, in quanto in tal caso gli utili sono già stati tassati per trasparenza.
Il fatto che non vi siano agevolazioni deriva, in sostanza, dalla considerazione per cui le riserve pregresse non sono formate da plusvalenze che emergono con la trasformazione, ma sono formate in massima parte da proventi gestionali pregressi (ad esempio, affitti attivi, o plusvalenze derivanti da precedenti cessioni).

La tassazione in capo ai soci di società di capitali avviene nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione ai sensi dell’art. 170 comma 4 lett. b) del TUIR, che corrisponde alla frazione del 2023 “post trasformazione” della società: trattasi, per le trasformazioni effettuate nel 2023, del 2023 “solare” per il socio persona fisica.
L’art. 170 comma 5 del TUIR prevede, poi, che il regime fiscale sia quello proprio degli utili da partecipazione in società di capitali.

Sulla modalità di tassazione di dette somme non vi sono indicazioni sistematiche.
In linea generale, se i soci sono persone fisiche esse dovrebbero essere assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta del 26% con riferimento sia a partecipazioni qualificate che non qualificate.
L’Agenzia delle Entrate aveva, tuttavia, precisato nella videoconferenza del 18 maggio 2006 che le società di persone, non rivestendo la qualifica di sostituto d’imposta per i dividendi, non possono operare tale ritenuta: il socio sarebbe tenuto, pertanto, a dichiarare il provento secondo le soglie previste dalla legge (allora 40%, oggi 40%, 49,72% o 58,14%).

La risposta fornita risulta, peraltro, coerente con la struttura dei modelli dichiarativi, i quali prevedono che la società, una volta trasformata in società di persone, indichi le riserve “ante trasformazione” che si intendono tassate in capo ai soci (qualificati e non) nel rigo RN10 del modello REDDITI SP. Tali utili sono imputati per trasparenza in capo ai soci e dagli stessi riportati nel quadro RH della propria dichiarazione.

In assenza di un orientamento ufficiale (di conferma o superamento di tale impostazione), la scelta tra indicazione dei proventi in dichiarazione o assoggettamento degli stessi a ritenuta resta quindi incerta.