Cripto-attività: il differente approccio tra imposte dirette e indirette

L’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 3.7. della bozza in consultazione della circolare pubblicata il 15 giugno 2023, affronta il tema del trattamento fiscale delle cripto-attività ai fini delle imposte indirette, dal momento che queste ultime non sono state oggetto di specifiche disposizioni in ambito IVA.

Il ragionamento delle Entrate

La premessa da cui muove l’Agenzia è che le cripto-attività costituiscono una categoria eterogenea, all’interno della quale sono compresi asset differenti tra loro sia per funzione che per natura. Fatta questa premessa, l’Agenzia delle Entrate afferma (correttamente) che la disciplina IVA per le cripto-attività non può essere univoca e che non si può prescindere da una valutazione case by case, finalizzata cioè a individuare e valutare la reale natura della cripto-attività nonché la sua funzione nella pratica e gli scopi per i quali è effettivamente utilizzata.

Per fare ciò, conclude l’Ufficio, bisogna utilizzare l’approccio c.d. look through un approccio cioè che non si fermi alla mera qualificazione formale ma che invece da rilevanza alla sostanza della cripto-attività al fine di valutare la loro reale natura e funzione.

In termini pratici, ciò significa che per determinare la disciplina IVA applicabile occorre, oltre ai presupposti soggettivi, individuare concretamente l’asset sottostante la singola tipologia di cripto-attività.

Ora, questo ragionamento è condivisibile perché inquadra perfettamente il corretto modus operandi che andrebbe applicato per il trattamento fiscale delle cripto-attività, e cioè un approccio che tenga conto delle differenze tra le varie tipologie di cripto-attività che ne non permette una disciplina unitaria.

Il problema, tuttavia, è che questo metodo non è stato applicato anche per disciplinare il trattamento fiscale delle cripto-attività ai fini delle imposte dirette, nonostante la stessa Agenzia scriva nella circolare che il c.d. look throught sia più propriamente riferito al settore dell’imposizione diretta

Ai fini delle imposte dirette, infatti, la legge di bilancio 2023, con l’aggiunta della lettera c-sexies) all’art. 67 TUIR, ha stabilito che sono redditi tassabili le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività comunque denominate, laddove per cripto-attività si intende “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”. Così come formulata, questa norma determina un indiscriminato appiattimento delle cripto-attività benché esista una differenza sostanziale tra i diversi tipi di cripto-attività – ad esempio, tra i bitcoin e gli NFT – tale da determinare una distorsione sotto il profillo della tassazione.

La difformità di trattamento

C’è quindi un problema di difformità di trattamento: ai fini delle imposte indirette occorre far riferimento all’asset sottostante la singola cripto-attività per stabilirne il trattamento fiscale, mentre ai fini delle imposte dirette no, con la conseguenza che ogni plusvalenza genera reddito tassabile.

Questa discrepanza in termini pratici provoca scenari quantomeno illogici. Facciamo un esempio: l’acquisto di un’opera d’arte da un privato che poi viene rivenduta non genera plusvalenze rilevanti ai fini delle imposte dirette; al contrario, un’opera d’arte digitale, cioè un NFT, che viene acquistata e poi rivenduta invece genera plusvalenze tassabili.

Ora, al di là dell’illogicità di questa scelta, non si può non evidenziare che, dati gli esiti sperequativi, la norma così come formulata presenta profili di incostituzionalità, non rispettando né i principi di ragionevolezza e di uguaglianza, trattando diversamente situazioni uguali, e nemmeno quello della capacità contributiva.

A parere di chi scrive, quindi, lo stesso approccio c.d. look through che l’Agenzia delle Entrate ritiene correttamente di doversi applicare in ambito dell’Imposta sul Valore Aggiunto, avrebbe dovuto essere applicato dal legislatore nella codificazione del trattamento fiscale del cripto-attività ai fini delle imposte dirette.

E probabilmente questo approccio anche per le imposte dirette avrebbe legittimato una norma d’interpretazione autentica con valenza retroattiva.

Oggetto di monitoraggio fiscale tutte le fattispecie di cripto-attività

L’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile in consultazione pubblica la bozza di circolare con i chiarimenti sulla disciplina di tassazione delle cripto-attività.
Il documento illustra il quadro normativo di riferimento in ambito europeo, le interpretazioni adottate prima dell’introduzione della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023) e le norme in vigore a partire dal 1° gennaio 2023.

Lo scopo della consultazione pubblica è quello di permettere all’Agenzia delle Entrate di valutare i contributi trasmessi ed eventualmente recepirli nella versione definitiva della circolare. A questi fini, gli operatori potranno inviare le loro osservazioni entro il 30 giugno 2023 all’indirizzo di posta elettronica dc.pflaenc.settoreconsulenza@agenziaentrate.it, secondo lo schema: tematica; paragrafo della circolare; osservazione; contributo; finalità.

Al termine della consultazione, l’Agenzia pubblicherà i commenti ricevuti, fatta eccezione per quelli contenenti una espressa richiesta di non divulgazione
Passando all’analisi dello schema di circolare, in primo luogo vengono confermate le interpretazioni fornite con riferimento ai periodi d’imposta anteriori al 2023, adottando il principio secondo cui alle operazioni avente ad oggetto valute virtuali risultano applicabili, in generale, le disposizioni fiscali vigenti in materia di valute estere aventi corso legale.

A decorrere dal 2023, invece, il quadro di riferimento muta radicalmente a seguito dell’introduzione di un articolato impianto normativo.
Attualmente, il regime impositivo delle cripto-attività per i soggetti non imprenditori si rinviene nell’art. 67 comma 1 lett. c-sexies) del TUIR (introdotto dalla L. 197/2022) che fa rientrare tra i redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”.
La norma prevede, inoltre che:
– tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro nel periodo d’imposta;
– in ogni caso non costituisce fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi le medesime caratteristiche e funzioni.

In merito, lo schema di circolare precisa che la cessione degli NFT da parte dell’autore non determina un reddito diverso ai sensi della disposizione menzionata sopra. Si afferma che il medesimo, qualora non costituisce un reddito conseguito nell’esercizio di impresa commerciale, si considera un reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. b), del TUIR, nel caso in cui l’attività sia oggetto dell’esercizio di arti o professioni, ovvero ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. l), del TUIR nel caso in cui l’attività non sia esercitata abitualmente.

Per quanto riguarda la permuta, la norma stabilisce che non costituisce evento fiscalmente rilevante quella tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni.
L’interpretazione suggerita dall’Agenzia delle Entrate è, correttamente, quella secondo cui non rappresenta una fattispecie realizzativa lo scambio di una cripto-valuta con un’altra (ad esempio, l’acquisto di ethereum con bitcoin) né lo scambio di un NFT con un altro NFT. Si considera, invece, una fattispecie fiscalmente rilevante come permuta ad esempio l’acquisto di un NFT con una cripto-valuta.

Con riferimento alla disciplina sul monitoraggio fiscale, l’attuale formulazione dell’art. 4 del DL 167/90 prevede la compilazione del quadro RW per le persone fisiche, le società semplici e gli enti non commerciali che detengono cripto-attività.

POSSIBILE BENEFICIARE DELL’ESONERO DEL QUADRO RW

L’Agenzia delle Entrate conferma la sua impostazione per la quale devono essere oggetto di monitoraggio tutte le fattispecie di cripto-attività detenute attraverso “portafogli”, “conti digitali” o altri sistemi di archiviazione o conservazione.

Si precisa anche che le cripto-attività possano rientrare nelle previsioni di esonero dalla compilazione del quadro RW del comma 3, dell’art. 4 del DL 167/90, il quale stabilisce che gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.
Resta fermo, infine, che l’IVAFE sulle cripto-attività si applica a partire dal 1° gennaio 2023.