Regime forfetario: requisiti di accesso, permanenza e cessazione

Con la circolare del 5 dicembre 2023 n. 32, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulle nuove condizioni di accesso, permanenza e cessazione dal regime forfetario, a seguito delle modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2023.

Le modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2023 concernono le condizioni di accesso, permanenza e cessazione dal regime in argomento. La Manovra 2023 ha previsto:

  • l’innalzamento da 65.000 euro a 85.000 euro della soglia massima di ricavi conseguiti o di compensi percepiti nell’anno precedente;
  • tra le cause di cessazione del regime la fuoriuscita dal regime già a decorrere dall’anno stesso in cui viene superata la soglia di 100.000 euro di ricavi o compensi percepiti.

Con riferimento alle modalità di fatturazione delle operazioni effettuate, i soggetti che applicano il regime forfetario, sono obbligati a di emettere fattura elettronica:

  • dal 1° luglio 2022, in capo ai forfetari che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi o percepito compensi superiori a 25.000 euro, ragguagliati ad anno;
  • dal 1° gennaio 2024, per tutti i soggetti che adottano il forfetario.

Passaggio dal regime ordinario al forfetario e viceversa

I contribuenti rientranti naturalmente nel regime forfetario possono optare per la determinazione delle imposte sul reddito e dell’IVA nei modi ordinari. L’opzione per il regime ordinario si perfeziona col comportamento concludente e l’omessa comunicazione in dichiarazione dell’opzione non pregiudica l’applicazione del regime ordinario, ma comporta la sanzione amministrativa di cui all’art. 8 c. 1 D.Lgs. 471/97. Trascorso il triennio minimo di permanenza nel regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fin quando persiste la concreta applicazione della scelta operata.

Il contribuente in possesso dei requisiti per l’applicazione del regime forfetario, tuttavia, qualora abbia optato per il regime di contabilità semplificata può passare al regime forfetario senza attendere il decorso di un triennio, in quanto trattasi di due regimi naturali dei contribuenti minori.

Dalla fuoriuscita dal regime forfetario, con decorrenza dall’anno successivo a seguito del superamento dell’anzidetta soglia di ricavi e compensi (85.000 euro), discende il diritto alla rettifica dell’imposta non detratta, secondo le condizioni previste dall’articolo 19-bis2 del decreto IVA, per effetto dell’applicazione del regime forfetario, da esporre nella dichiarazione IVA relativa al primo anno di applicazione delle regole ordinarie. Il periodo d’imposta interessato dalla rettifica varia a seconda del limite di ricavi o compensi. Nel dettaglio:

  • il superamento del limite di 85.000 euro nell’anno x implica che l’eventuale rettifica dell’imposta non detratta sia esposta nella dichiarazione IVA relativa all’anno x+1;
  • il superamento del limite di 100.000 euro nell’anno x, invece, implica che la rettifica dell’imposta non detratta sia esposta nella dichiarazione relativa allo stesso anno, da presentare nell’anno x+1.

Superamento del limite di euro 100.000

Ai fini del superamento del limite di 100.000 euro rileva l’incasso dei medesimi e non l’emissione della relativa fattura: per la fuoriuscita dal regime forfetario si fa riferimento al momento dell’incasso come criterio unico che rileva, quindi, ai fini sia dell’IVA sia dell’IRPEF, incluse le relative ritenute d’acconto.

Con lo sforamento del limite di 100.000 euro si fattura con IVA:

  • l’operazione che ha generato l’incasso; il contribuente deve assoggettare a imposta il corrispettivo, integrando con l’IVA il documento originariamente emesso in costanza di regime forfetario;
  • tutte le altre cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, ma non ancora fatturate al momento del suddetto incasso;
  • tutte le altre cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate successivamente al medesimo incasso e non ancora fatturate.

La dichiarazione IVA relativa all’anno nel quale è stata superata l’anzidetta soglia, pertanto, evidenzierà, oltre all’operazione il cui incasso ha comportato la fuoriuscita dal regime forfetario, tutte le operazioni (attive e passive) fatturate (pur essendo state effettuate in costanza di regime forfetario) successivamente all’incasso citato e tutte le operazioni (attive e passive) effettuate (e fatturate) successivamente all’incasso che ha comportato la fuoriuscita dal regime agevolato.

In ipotesi di superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno, l’imposta non detratta in costanza di regime forfetario, ai fini dell’eventuale rettifica della detrazione, è indicata nella dichiarazione IVA relativa all’anno del superamento.

Il superamento del limite di 100.000 euro nel corso dell’anno comporta che per detto periodo d’imposta troveranno applicazione le regole ordinarie di determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo: il costo dei beni che concorre alla determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo deve essere assunto al netto dell’IVA inizialmente non detratta (in costanza di regime forfetario) e ora rettificabile, per effetto del superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno, nella dichiarazione IVA relativa all’anno del superamento,

Il contribuente al superamento dei 100.000 euro di ricavi/compensi percepiti deve:

  • istituire i registri e le scritture contabili e annotare le operazioni con le modalità e nei termini a decorrere dal momento in cui è stato superato il predetto limite;
  • annotare le operazioni relative alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, nonché agli acquisti effettuati anteriormente al superamento del predetto limite (a decorrere dall’inizio del periodo d’imposta) entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale;
  • adempiere agli ulteriori obblighi ordinariamente previsti per le operazioni che determinano il superamento del predetto limite e per quelle effettuate successivamente;
  • versare, entro il termine ordinariamente previsto, le imposte a saldo, relative all’anno in cui è stato superato il predetto limite, risultanti dalla dichiarazione annuale e calcolate sul reddito determinato nel rispetto delle norme del TUIR in materia di determinazione del reddito di lavoro autonomo e del reddito d’impresa.

Il superamento del limite di 100.000 euro di ricavi e compensi percepiti nell’anno, con ingresso immediato nel regime reddituale ordinario ai fini IRPEF, determina che i compensi percepiti dal professionista ex forfetario sono assoggettati alla ritenuta d’acconto.

Decadenza da precedenti opzioni e clausola di salvaguardia

Tenuto conto delle modifiche sostanziali apportate al regime forfetario dalla Legge di bilancio 2023 ne discende che i soggetti in regime ordinario per opzione nel 2022 possono transitare nel regime forfetario nel 2023, qualora in possesso dei relativi requisiti normativi, senza attendere il decorso del triennio previsto per l’esercizio delle opzioni IVA.

Pertanto, il soggetto che nel 2021 abbia optato per la contabilità ordinaria può, a partire dal 1° gennaio 2023, applicare il regime forfetario qualora il volume di ricavi o compensi percepiti nel 2022 sia pari o inferiore alla soglia di 85.000 euro, come modificata dall’art. 1 c. 54 lett. a) L. 197/2022 (ovviamente ricorrendo anche gli altri requisiti), senza necessità di osservare il vincolo triennale di permanenza nel regime ordinario.

Da ultimo, in considerazione della circostanza che la disciplina in commento produce effetti in relazione alle operazioni già effettuate nel corso dell’anno 2023, gli uffici dell’Agenzia valuteranno, caso per caso, la non applicabilità delle sanzioni, qualora riscontrino condizioni di obiettiva incertezza in relazione a comportamenti difformi adottati dai contribuenti anteriormente alla pubblicazione del circolare in commento (clausola di salvaguardia).

Controlli non solo sulle nuove partite IVA, ma anche su quelle già esistenti

È stato pubblicato ieri il provv. 16 maggio 2023 n. 156803 dell’Agenzia delle Entrate, con il quale è data attuazione alle nuove norme relative ai controlli connessi all’attribuzione di un numero di partita IVA ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione.

Contestualmente, è stato approvato il fac-simile riportante il contenuto minimo della polizza fideiussoria o fideiussione bancaria necessaria per la richiesta di una nuova attribuzione della partita IVA, successiva all’eventuale provvedimento di cessazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le disposizioni cui si riferisce il provvedimento n. 156803/2023 sono previste ai sensi dell’art. 35 comma 15-bis.1 del DPR 633/72 e sono state introdotte dalla legge di bilancio 2023 (art. 1 comma 148 ss. della L. 197/2022). L’intervento normativo consiste nel rafforzamento dei controlli conseguenti al rilascio del numero di partita IVA, nell’ottica di contrastare tempestivamente e prevenire fenomeni evasivi. I controlli sono, quindi, rivolti principalmente alle partite IVA di nuova attribuzione, le quali potrebbero caratterizzarsi per un breve periodo di operatività, associato ad un mancato adempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte.

A dispetto del tenore dell’art. 35 comma 15-bis.1, letteralmente riferito al rilascio di “nuove partite IVA”, nel provvedimento viene specificato che sono comprese nell’ambito dei controlli anche le partite IVA già esistenti e, nello specifico, quelle che, “dopo un periodo di inattività o a seguito di modifiche dell’oggetto o della struttura, riprendano ad operare con le caratteristiche innanzi dette” (ossia senza una piena operatività con l’inadempimento degli obblighi fiscali).

Ai fini in esame, le nuove disposizioni attribuiscono, dunque, all’Agenzia delle Entrate il compito di effettuare specifiche analisi di rischio sui soggetti passivi IVA, a esito dei quali questi ultimi possono essere invitati a comparire presso gli Uffici per esibire le proprie scritture contabili laddove obbligatorie.

Presentando all’Ufficio “documentazione idonea”, il soggetto invitato a comparire può attestare l’assenza dei profili di rischio che gli erano stati contestati.
Nel caso di mancata comparizione “di persona” del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’Ufficio emana un provvedimento di cessazione della partita IVA e contestualmente irroga una sanzione pari a 3.000 euro, ai sensi del nuovo comma 7-quater dell’art. 11 del DLgs. 471/97, senza possibilità di applicare il beneficio del c.d. “cumulo giuridico”.

Il provvedimento attuativo, pubblicato ieri, precisa che la cessazione della partita IVA del soggetto passivo:
– ha effetto dalla data di registrazione in Anagrafe Tributaria della notifica;
– determina l’esclusione dalla banca dati VIES;
– è riscontrabile (da parte di clienti e fornitore) sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione dedicata al servizio di verifica delle partite IVA.

Sono, inoltre, fornite alcune indicazioni utili in relazione a come saranno condotti i controlli.

In particolare, sono forniti i criteri con i quali l’Agenzia delle Entrate valuterà il “rischio fiscale” dei soggetti richiedenti la partita IVA.
La valutazione sarà condotta, principalmente, su elementi di rischio:
– riconducibili al titolare della ditta individuale, al lavoratore autonomo o al rappresentante legale;
– relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività, rispetto ad anomalie economico-contabili nell’esercizio della stessa, strumentali a gravi o sistematiche condotte evasive;
– relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA, per il quale emergano gravi o sistematiche violazioni delle norme tributarie.

Le modalità di analisi rispecchiano quelle previste dal precedente provvedimento n. 110418/2017 (§ 2), riferito però ai controlli derivanti da un diverso provvedimento di cessazione (vale a dire quello per effetto del comma 15-bis dell’art. 35 del DPR 633/72). In tale sede, diversamente dal provvedimento più recente, era attribuita la possibilità di effettuare accessi nel luogo di esercizio dell’attività.

Il provvedimento pubblicato ieri specifica anche che i suddetti elementi di rischio sono determinati confrontando sia le informazioni derivanti dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate sia quelle eventualmente acquisite da altre banche dati (pubbliche e private) o, ancora, attraverso segnalazioni provenienti da altri enti, nonché “da ogni altra fonte informativa”.

È possibile richiedere una nuova attribuzione della partita IVA, da parte del medesimo soggetto, in seguito al provvedimento di cessazione. La riapertura è però condizionata dal previo rilascio di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria triennale e di importo non inferiore a 50.000 euro (salvo il caso di violazioni fiscali il cui importo supera 50.000 euro). La garanzia deve, quindi, riportare il contenuto minimo previsto nel fac-simile allegato al provvedimento.