Recap sugli aiuti di Stato da indicare nel rigo RS401 di REDDITI 2023

Ai fini della compilazione dei modelli REDDITI 2023, particolare attenzione merita, come ogni anno, il prospetto sugli aiuti di Stato contenuto nei righi RS401 (dati sugli aiuti di Stato) e RS402 (impresa unica).

In estrema sintesi, l’esposizione in dichiarazione dei dati relativi agli aiuti di Stato e/o agli aiuti de minimis, fruibili ai sensi dell’art. 10 del DM 31 maggio 2017 n. 115, è necessaria ai fini della registrazione degli stessi da parte dell’Agenzia delle Entrate nel Registro nazionale degli aiuti di Stato, previsto dall’art. 52 della L. 24 dicembre 2012 n. 234.
Gli aiuti di Stato da riportare nel rigo RS401 dei modelli REDDITI, infatti, sono solo quelli fiscali per i quali l’Agenzia è tenuta alla registrazione nell’RNA ai sensi dell’art. 10 del DM 115/2017 e che possono trovare esposizione anche in altri righi, ad esempio nel quadro RU (cfr. FAQ Agenzia delle Entrate 17 novembre 2022).
Il prospetto del modello REDDITI 2023 deve essere pertanto compilato dai soggetti che hanno beneficiato nel 2022 di aiuti fiscali automatici o semiautomatici.

Non vanno invece indicati, ad esempio, gli aiuti fruibili in diminuzione dei contributi previdenziali. Non rilevano neppure le agevolazioni IMU, trattandosi di aiuti non gestiti dall’Agenzia delle Entrate e che non “transitano” nei modelli di dichiarazione dei redditi (FAQ Agenzia delle Entrate 17 novembre 2022).
Le istruzioni al modello REDDITI prevedono inoltre la possibilità di non compilare il prospetto del quadro RS per gli aiuti erogati dall’Agenzia i cui dati per la registrazione nell’RNA sono stati comunicati mediante l’autodichiarazione ex DM 11 dicembre 2021 (es. contributi a fondo perduto COVID), che doveva essere presentata entro lo scorso 31 gennaio 2023.

Tanto premesso, in merito alle misure fiscali agevolative più diffuse, si ricorda che non costituiscono aiuti di Stato, e non devono quindi essere indicati nel prospetto di cui al rigo RS401, il bonus investimenti in beni strumentali ex art. 1 comma 1051 ss. della L. 178/2020 e i crediti d’imposta ricerca, sviluppo e innovazione ex art. art. 1 comma 198 ss. della L. 160/2019.

Deve invece essere indicato il credito formazione 4.0 di cui all’art. 1 comma 46 della L. 205/2017 (codice aiuto 54, secondo la tabella contenuta nelle istruzioni).
Costituiscono aiuti di Stato anche i crediti d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno ex art. 1 comma 98 ss. della L. 208/2015 (codice aiuto 51), nonché il credito ricerca e sviluppo maggiorato per il Mezzogiorno disciplinato dagli artt. 244 del DL 34/2020 e 1 comma 185 della L. 178/2020 (codice aiuto 61).

Il rigo RS401 va compilato anche con riferimento al credito d’imposta per le commissioni sui pagamenti elettronici ex art. 22 del DL 124/2023 (codice aiuto 58) e a quello per investimenti pubblicitari ex art. 57-bis del DL 50/2017 (codice aiuto 56), nonché per tutte le altre misure indicate nella tabella codici aiuto contenuta nelle istruzioni.

In merito ai crediti d’imposta introdotti nel 2022 e legati all’aumento dei costi energetici, vanno indicati nel rigo RS401 i crediti d’imposta riconosciuti alle imprese agricole e della pesca per l’acquisto di carburante per l’esercizio dell’attività, utilizzando gli specifici codici aiuto.

Quanto ai crediti d’imposta a favore delle imprese energivore e non/gasivore e non per l’acquisto di energia e gas, la tabella sui codici aiuti di Stato non prevede alcuno specifico codice. Ciò non risulta tuttavia dirimente ai fini della qualificazione (o meno) di tali misure come aiuti di Stato (potendo eventualmente rientrare nel codice residuale “999”).
L’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 193/2023, ha rilevato che l’assenza, nella formulazione della norma, di riferimenti espliciti all’applicabilità alla fattispecie agevolativa in esame della disciplina contenuta nel Quadro temporaneo sugli aiuti per la crisi o di altre discipline in materia di aiuti di Stato non costituisce presupposto giuridico per una sua definitiva qualificazione come “misura di carattere generale”, non soggetta, di conseguenza, alla normativa europea in materia di aiuti di Stato. Posto che l’Agenzia ha ritenuto esclusa dalle sue competenze tale qualificazione, si auspica che vengano fornite indicazioni ufficiali sul punto.

Resta fermo che secondo le istruzioni l’indicazione degli aiuti nel prospetto sarebbe “necessaria e indispensabile ai fini della legittima fruizione degli stessi” (cfr. anche risposta a interrogazione parlamentare 23 giugno 2021 n. 5-06180.

La mancata compilazione del prospetto degli aiuti di Stato presente nel quadro RS può comunque essere regolarizzata mediante presentazione di una dichiarazione integrativa, versando per l’errore commesso la sanzione di cui all’art. 8 comma 1 del DLgs. 471/97, definibile mediante l’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13 del DLgs. 472/97 (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 58/2021 e FAQ Agenzia Entrate 17 novembre 2022).

Aiuti di Stato da restituire per le grandi imprese che delocalizzano entro 10 anni

Per le grandi imprese che hanno beneficiato di aiuti di Stato sugli investimenti, il “periodo di sorveglianza” per il recupero in caso di delocalizzazione è stato esteso da 5 a 10 anni per effetto dell’art. 8 del DL 104/2023.
Tale disposizione interviene, nello specifico, sull’art. 5 del DL 87/2018, che ha previsto alcune disposizioni volte a contrastare la delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti di Stato.
Per delocalizzazione, ai fini in esame, si intende il trasferimento dell’attività economica specificamente incentivata o di una sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito, da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa che sia con essa in rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c.

Tanto premesso, a norma dell’art. 5 comma 1 del DL 87/2018, le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell’attribuzione del beneficio, decadono dal beneficio medesimo qualora l’attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all’Unione europea (a eccezione degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo) entro 5 anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata.

Per effetto delle modifiche apportate alla citata disposizione a opera dell’art. 8 del DL 104/2023, è stato ora aggiunto il seguente periodo: “ovvero entro dieci anni se trattasi di grandi imprese, individuate ai sensi della Raccomandazione n. 2003/361/Ce della Commissione, del 6 maggio 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n. L 124/36 del 20 maggio 2003”.

Pertanto, se ai fini in esame il periodo di sorveglianza” è in linea generale di 5 anni, soltanto per le grandi imprese è stato ora incrementato a 10 anni.
Per grandi imprese, stante il richiamo alla raccomandazione 2003/361, si intendono, per differenza rispetto alle PMI, le imprese che hanno da 250 dipendenti e un fatturato annuo da 50 milioni o un totale di bilancio annuo da 43 milioni di euro.

Quanto alla decorrenza delle nuove disposizioni per le grandi imprese, l’art. 8 del DL 104/2023 non prevede alcuna particolare indicazione (l’art. 5 comma 4 del DL 87/2018 aveva previsto espressamente una disciplina transitoria, in base alla quale “per i benefici già concessi o per i quali sono stati pubblicati i bandi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, resta ferma l’applicazione della disciplina vigente anteriormente alla medesima data”).
Posto che, in linea di massima, il DL 104/2023 è entrato in vigore lo scorso 11 agosto, l’estensione del periodo di sorveglianza a 10 anni potrebbe riguardare anche le grandi imprese per le quali a tale data non fosse ancora scaduto il precedente termine di 5 anni.
Sul punto saranno comunque necessarie specifiche indicazioni.

Oltre alla decadenza, si ricorda, il comma 1 dell’art. 5 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria di importo da due a quattro volte quello dell’aiuto fruito.

Fuori dai casi previsti dal comma 1 e fatti salvi i vincoli derivanti dalla normativa europea, le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati ai fini dell’attribuzione di un beneficio, decadono dal beneficio medesimo qualora l’attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata dal sito incentivato in favore di unità produttiva situata al di fuori dell’ambito territoriale del predetto sito, in ambito nazionale, dell’Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, entro 5 anni dalla data di conclusione dell’iniziativa o del completamento dell’investimento agevolato.
In tal caso non sono state apportate modifiche al periodo di sorveglianza, che resta di 5 anni per tutte le imprese.

I tempi e le modalità per il controllo del rispetto del vincolo di cui ai commi 1 e 2, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza, sono definiti da ciascuna amministrazione con propri provvedimenti volti a disciplinare i bandi e i contratti relativi alle misure di aiuto di propria competenza.
L’importo del beneficio da restituire per effetto della decadenza è, comunque, maggiorato di un interesse calcolato secondo il tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell’aiuto, aumentato di cinque punti percentuali (art. 5 comma 3 del DL 87/2018).