ALBO DEI COMMERCIALISTI A CRESCITA ZERO

Dal Rapporto 2022 sulla professione l’allarme sul calo degli iscritti. Confermato l’aumento quasi in doppia cifra dei redditi medi

Gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili non crescono più, anzi, se si esclude la sezione B, sono addirittura in diminuzione. Il dato allarmante sulle tendenze demografiche della categoria è contenuto nel Rapporto 2022 sulla professione, diffuso ieri da Consiglio e Fondazione nazionale dei commercialisti.

Stando ai numeri della ricerca, il totale degli iscritti rimane sopra le 120 mila unità, ma i dottori commercialisti sono in calo dello 0,2%, mentre gli esperti contabili crescono del 9,5%, arrivando alle 2.178 unità. La riduzione dei nuovi iscritti era divenuta una costante negli ultimi 5 anni, ma seppur di pochi decimali, un aumento c’era sempre stato (+0,8% nel 2021).

Nel 2022, invece, ci si è fermati allo 0,01% (+ 12 unità), a cui si aggiunge il -8,4% degli iscritti al Registro praticanti, che in un anno ha perso 1.174 unità. Il calo maggiore si è registrato al Sud (-0,6%) e sulle isole (-0,5%), mentre il Nord rimane in territorio positivo ma comunque con un rallentamento significativo rispetto al tasso di crescita dell’anno precedente (dal +1,2% al +0,6%). A guidare la crescita al Nord è la Lombardia con il +0,8% (163 iscritti in più), mentre la Regione che perde più commercialisti è la Puglia (-0,9%).

Sul lungo periodo, la tendenza demografica degli iscritti rimane comunque più positiva rispetto a quello della popolazione complessiva. In quindici anni, infatti, gli iscritti all’Albo sono aumentati di 12.782 unità (+11,9% dal 2007), mentre nello stesso periodo la popolazione italiana è diminuita dello 0,3% e le imprese attive dello 0,9%. Ciò ha impattato anche sia sul rapporto tra popolazione e iscritti, passato in quindici anni da 555 cittadini per ogni commercialista a 489, sia su quello con le imprese attive (da 48 imprese ogni commercialista a 43).

Un minor numero di nuovi iscritti significa anche che l’età media dei professionisti tende a crescere più rapidamente. A fine 2022, infatti, gli under 40 erano il 17,1% del totale, contro il 17,6% dell’anno precedente. Numeri negativi anche per ciò che riguarda la componente femminile, che in un anno perde un punto percentuale (dal 34,7 al 33,7%).

Le statistiche relative ai redditi, invece, confermano il balzo in avanti già annunciato due settimane fa dalla Cassa di previdenza dei dottori commercialisti (si veda “Nel 2021 redditi medi dei commercialisti su del 9%” del 21 aprile). I numeri forniti dalla CDC prendevano in considerazione solo la propria popolazione di riferimento, ma aggiungendo anche la componente ragionieri i risultati non cambiano di molto.

Il reddito medio è aumentato del 9,3% ed è risultato pari a 68.073, quello mediano, ovvero il reddito che divide in due la distribuzione dei redditi individuali, è aumentato del 10,5%, arrivando a 39.249 euro. Il rapporto tra il reddito mediano e il reddito medio è leggermente aumentato portandosi al 57,7%. I dottori commercialisti hanno dichiarato un reddito medio di 74.330 euro (+9,3% sul 2021), mentre i ragionieri si sono fermati a 53.078 euro di media (+8,5%).

A livello territoriale, permane la marcata differenza tra Nord e Sud, ma il gap va riducendosi. I redditi, infatti, sono cresciuti di più nella parte meridionale del Paese (+12,5%) rispetto all’area settentrionale (+8,8%). In ogni caso, il reddito medio del Nord rimane 2,4 volte quello del Sud, rapporto che arriva a 4,1 se si considerano le due Regioni con il reddito più elevato (Trentino-Alto Adige, con 126.004 di media) e più basso in assoluto (Calabria, 30.624 euro).

“Il dato sulla demografia professionale – commenta il Presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio, che questa mattina a Roma aprirà gli Stati generali della categoria – impone certamente una riflessione, ma si inserisce nel ben più drammatico tema demografico generale del nostro Paese, di cui oggi si prende finalmente atto con la dovuta attenzione. Non c’è settore economico e professionale maturo, in Italia, al netto di rare e circoscritte eccezioni, in cui non stiano venendo a mancare le braccia e i cervelli che servono per garantire un adeguato ricambio generazionale”.

Consapevole di questa situazione, il Consiglio nazionale ha avanzato proposte in tema sia di aggregazioni che di specializzazioni. “Sul fronte delle aggregazioni – aggiunge de Nuccio – chiederemo al Governo, insieme alle altre Professioni, uno sforzo di fantasia, anche nell’ambito dell’attuazione della delega per la riforma del sistema fiscale. Sul fronte delle specializzazioni, cercheremo di spingere e accompagnare un percorso che è fondamentale per cogliere anche le nuove opportunità; ma cercheremo anche di difendere i colleghi dalla crescente e insopportabile burocrazia che deriva dalla moltiplicazione di registri e sottosezioni di registri, con correlati obblighi formativi di pura quantità, invece che di vera qualità”.