Per la decadenza dal forfetario si guarda all’incasso, non alla fattura

Con la circolare n. 32, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate fa il punto sulla disciplina applicabile al regime forfetario di cui alla L. 190/2014; i chiarimenti arrivano a quasi un anno di distanza dalle ultime modifiche in materia, apportate dalla legge di bilancio 2023.

La corposa circolare, dopo aver riepilogato le principali caratteristiche del regime agevolato in commento, affronta le novità più rilevanti, costituite, in particolare:
– dall’innalzamento del limite dei ricavi e compensi ai fini dell’applicazione del regime, che a partire dal periodo di imposta 2023 passa da 65.000 euro a 85.000 euro;
– dall’introduzione di una causa di decadenza immediata dal regime, che si verifica al superamento della soglia di 100.000 euro di ricavi o compensi percepiti (art. 1 comma 71 della L. 190/2014).

I dubbi interpretativi maggiori si sono concentrati sulla nuova causa di fuoriuscita immediata, che ha effetti sulle imposte sui redditi, sull’IVA e sulle ritenute.
Dal punto di vista delle imposte dirette, il superamento del limite di 100.000 euro provoca la cessazione del regime forfetario per il periodo di imposta stesso nel quale si verifica detta condizione; a tal fine, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che per la verifica del predetto limite è necessario adottare il criterio di cassa, in linea con i criteri di determinazione del reddito propri del regime forfetario e con il dato letterale della disposizione in commento.

Il verificarsi della causa di decadenza rende dovuta l’IVA “a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite”; secondo l’Agenzia delle Entrate, tenuto conto del fatto che il comma 71 fa riferimento ai ricavi o compensi “percepiti”, ciò che rileva è l’incasso dei medesimi, e non l’emissione della relativa fattura.
Di conseguenza:
– la fattura che comporta il superamento del limite di 100.000 euro, se emessa contestualmente all’incasso, deve esporre l’IVA a debito;
– se l’incasso avviene in un momento successivo all’emissione della fattura gli obblighi ai fini IVA vanno assolti a partire dal momento in cui il corrispettivo viene incassato; la relativa fattura dovrà inoltre essere integrata, anche se emessa in un momento antecedente all’incasso che causa la fuoriuscita dal regime.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce inoltre che deve essere assoggettata a IVA l’intera operazione che supera la soglia di 100.000 euro, senza possibilità di scindere il corrispettivo oggetto di fatturazione; in altre parole, il contribuente forfetario che, ad esempio, ha conseguito nel corso dell’anno un volume di ricavi o compensi pari a 90.000 euro, ed effettua un’operazione dal valore di 20.000 euro, incassandone contestualmente il corrispettivo, deve emettere la fattura applicando l’IVA sull’intero valore dell’operazione (20.000 euro), e non solo sull’importo oltre soglia (10.000 euro).

Diversamente, le operazioni fatturate anteriormente all’incasso oltre soglia rimangono soggette al regime forfetario; di conseguenza, tali operazioni non devono essere indicate nella dichiarazione annuale IVA, nemmeno nel caso in cui il relativo corrispettivo sia stato incassato successivamente alla fuoriuscita dal regime.

Il superamento della soglia di 100.000 euro ha effetti anche sull’applicazione delle ritenute d’acconto di cui al titolo III del DPR 600/73; in linea generale, i contribuenti forfetari non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta, e non sono tenuti a operare tali ritenute (salvo il caso in cui si tratti di redditi di lavoro dipendente o assimilati).

In merito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, tenuto conto del fatto che per espressa disposizione normativa le ritenute sono operate all’atto del pagamento, le stesse vanno applicate ai compensi percepiti dal professionista che comportano il superamento della soglia e a quelli successivi; diversamente, le ritenute non devono essere operate retroattivamente per i compensi incassati prima del superamento del limite.

Per quanto riguarda le operazioni passive, il professionista assume il ruolo di sostituto d’imposta solo a decorrere dal primo pagamento effettuato successivamente al superamento della soglia, anche nel caso in cui la fattura già ricevuta non indichi l’importo della ritenuta.

La nuova causa di decadenza immediata ha generato, infine, alcuni dubbi anche in merito alla necessità di ragguagliare ad anno il limite di 100.000 euro, in caso di inizio dell’attività in corso d’anno.
In merito, l’Agenzia delle Entrate osserva che la norma richiede espressamente il ragguaglio ad anno relativamente alla soglia degli 85.000 euro, ma nulla dice in merito a quella dei 100.000 euro; ciò porta a ritenere che il superamento di tale ultima soglia rappresenti “una fattispecie speciale di cessazione dal regime forfetario, da intendersi in termini assoluti, considerando, a tal fine, i ricavi o i compensi concretamente percepiti” (in altre parole, il ragguaglio ad anno nel caso di specie non si applica).

Flat tax incrementale anche per le altre attività agricole connesse

Nel corso della videoconferenza dello scorso 20 settembre, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull’ambito soggettivo di applicazione della flat tax incrementale.

Come noto, si tratta di una imposta sostitutiva al 15%, introdotta dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, co. 55-57, L. 197/2022).

Possono fruire dell’istituto i contribuenti persone fisiche che esercitano in via diretta una attività d’impresa, arti o professioni, che non si avvalgono del regime forfetario nel periodo d’imposta (al contrario il contribuente può aver applicato regime forfettario nel triennio precedente, utile per determinare il maggiore del triennio per il calcolo dell’agevolazione).

Tra le imprese sono ammesse anche:
– le imprese familiari e coniugali non gestite in forma societaria;
– gli imprenditori agricoli individuali che accedono al regime ex artt. 56, co. 5, e 56-bis del TUIR, limitatamente ai redditi d’impresa prodotti.

REDDITI ESCLUSI: non rientrano nel regime agevolato quei redditi che, pur avendo la natura di reddito d’impresa/professionale, non risultano dell’attività svolta direttamente dal contribuente, ma sono imputati per trasparenza. Dunque rimangono esclusi i redditi da quadro RH, imputati:
– dalle società di persone e degli studi associati
– dalle Srl in regime di trasparenza fiscale (art. 116, TUIR).

Regime forfettario: può accedervi anche il contribuente che decada dal regime forfetario nel corso del 2023, avendo è ceduto il limite di 100.000 euro di ricavi/compensi percepiti. In tale ipotesi, infatti, è tenuto a determinare il reddito “con le modalità ordinarie” per l’intero anno d’imposta 2023.

Nel corso della videoconferenza, l’Agenzia ha confermato che i redditi degli imprenditori agricoli di cui ai citati art. 56, co, 5, ed art.. 56- bis del TUIR, ancorché determinati forfetariamente, costituiscono redditi d’impresa e confluiscono nel quadro RD della dichiarazione.

Pertanto, anche gli imprenditori titolari di reddito d’impresa derivante dallo svolgimento delle altre attività agricole connesse, quali la produzione delle cd. “agro-energie”, nonchè l’agriturismo/oleoturismo/enoturismo, possono fruire della flat tax incrementale.

Limite di 100.000 euro per il forfetario senza ragguaglio ad anno

La perdita di uno dei requisiti per l’applicazione del regime forfetario di cui alla L. 190/2014, o il verificarsi di una causa ostativa, comporta la fuoriuscita dal regime agevolato a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui l’evento si verifica.

La legge di bilancio 2023, integrando l’art. 1 comma 71 della L. 190/2014, ha tuttavia introdotto un’ipotesi al verificarsi della quale il regime forfetario viene disapplicato relativamente all’anno in corso; in particolare, se i ricavi o compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro, il regime cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui tale condizione si verifica.
L’inserimento di una fattispecie di disapplicazione istantanea al superamento del limite di 100.000 euro è in linea con la Direttiva (Ue) 18 febbraio 2020 n. 285, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2024; secondo quanto previsto dall’art. 288-bis inserito nella direttiva 2006/112/Ce, infatti, l’esenzione IVA collegata al regime forfetario può essere concessa “senza alcun massimale durante l’anno civile in cui avviene il superamento della soglia. Tuttavia, l’applicazione di tale […] opzione non può comportare la concessione di una franchigia al soggetto passivo il cui volume d’affari […] sia superiore a 100 000 EURO”.

La causa di decadenza scatta al superamento della soglia di ricavi o compensi “percepiti”; di conseguenza, ricavi o compensi fatturati nel 2023, ma percepiti nel 2024, non rilevano ai fini della soglia relativa al periodo di imposta 2023.

La disapplicazione del regime in corso d’anno ha effetti diversi a seconda dell’imposta interessata; l’IRPEF dovrà essere infatti calcolata in modo ordinario, prendendo a riferimento l’intero periodo di imposta, mentre l’IVA sarà dovuta solo a partire dalle “operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite”.

In assenza di chiarimenti in merito, l’IVA dovrebbe essere dovuta a partire dall’operazione (inclusa) che determina il superamento del limite. Ragionando in questi termini, nel caso di ricavi percepiti pari a 90.000 euro a novembre 2023 ed emissione di un’ulteriore fattura per 20.000 euro, quest’ultima dovrebbe già recare l’addebito dell’imposta.
Il quadro si complica, però, se si considera che l’emissione della fattura e l’incasso del ricavo o del compenso possono non coincidere. Riprendendo il caso testé esemplificato, ove la fattura da 20.000 euro non sia incassata nell’anno non si verificherebbe alcuna decadenza immediata dal regime (in quanto i ricavi percepiti sono pari a 90.000 euro) per cui, in costanza di regime, non sarebbe stato necessario l’addebito dell’IVA.

La fuoriuscita dal regime porta con sé ulteriori conseguenze, relative, in particolare:
– agli obblighi di tenuta delle scritture contabili, che scattano sin dall’inizio dell’anno;
– all’applicazione delle ritenute.
In merito all’ultimo punto, l’Agenzia delle Entrate (risposte al Videoforum di Italia Oggi del 23 gennaio 2023) ha chiarito che le ritenute non possono essere applicate retroattivamente, rendendosi applicabili al momento della corresponsione dei compensi; analogamente, il professionista che decade dal regime forfetario in corso d’anno non assume retroattivamente il ruolo di sostituto d’imposta.
In altre parole, le ritenute dovranno essere applicate secondo i criteri generali, vale a dire sui compensi che saranno corrisposti dopo la fuoriuscita dal regime.

L’art. 1 comma 71 della L. 190/2014 si limita a stabilire che il regime forfetario “cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro”, senza disciplinare esplicitamente i casi in cui l’attività sia iniziata o termini nel corso dell’anno; potrebbero quindi sorgere alcuni dubbi in merito alla necessità o meno di ragguagliare ad anno tale limite.
In linea generale, i limiti di ricavi o compensi devono essere ragguagliati ad anno solo nel caso in cui la norma lo preveda espressamente; si pensi, ad esempio:
– all’art. 1 comma 54 lett. a) della L. 190/2014, secondo cui possono applicare il regime forfetario i contribuenti che “hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 85.000”;
– all’art. 18 commi 2 e 3 del DL. 36/2022, che estende l’obbligo di emissione di fattura elettronica a partire dal 1° luglio 2022 ai contribuenti forfetari che “nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000”.

La chiusura dell’attività non ha effetti sul limite

L’assenza di un’esplicita indicazione normativa e di uno specifico chiarimento ufficiale inducono a escludere il ragguaglio ad anno del limite di 100.000 euro. Aderendo a tale impostazione, nessuna decadenza dal regime dovrebbe operare rispetto all’attività chiusa a metà anno con ricavi e compensi percepiti per 90.000 euro. Analogamente dovrebbe ragionarsi nel caso in cui l’attività sia stata iniziata in corso d’anno.

Fuoriuscita immediata dal forfetario senza effetti sull’acconto IRPEF

Per effetto delle novità introdotte dall’art. 1 comma 54 della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023), dal 2023, in deroga alla regola generale secondo cui la fuoriuscita dal regime forfetario si verifica dall’anno successivo a quello in cui sono superati i requisiti d’accesso e permanenza o si è verificata una causa di esclusione, viene prevista l’esclusione automatica e immediata dal medesimo regime se, in corso d’anno, i ricavi e i compensi percepiti superano la soglia di 100.000 euro (art. 1 comma 71 della L. 190/2014).

Ai fini delle imposte dirette, per il periodo d’imposta in cui i ricavi o i compensi superano il predetto limite, il reddito è determinato con le modalità ordinarie (cfr. la Relazione illustrativa al Ddl. di bilancio 2023), con applicazione di IRPEF e relative addizionali. Ai fini IVA, è dovuta l’imposta a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite. È quindi fatta salva l’esclusione da IVA per le operazioni precedenti che, ai sensi dell’art. 6 del DPR 633/72, si intendono già effettuate.

Così, se nel 2023 sono percepiti ricavi o compensi di importo superiore a 100.000 euro, dallo stesso 2023 il contribuente passa al regime IRPEF ordinario, con le conseguenze sopra evidenziate.
Peraltro, la legge non si sofferma sugli effetti della fuoriuscita immediata ai fini del calcolo degli acconti IRPEF e dell’imposta sostitutiva del regime forfetario eventualmente dovuti per lo stesso 2023.

Per quanto riguarda l’acconto IRPEF 2023, si ritiene che la fuoriuscita non produca alcuna conseguenza, anche se, nel modello REDDITI 2024, il calcolo dell’IRPEF dovuta per il 2023 dovrà tenere conto del reddito che, in assenza di fuoriuscita, sarebbe stato assoggettato all’imposta sostitutiva del regime forfetario.
In pratica, l’acconto IRPEF 2023 risulta dovuto secondo le regole ordinarie e, quindi, dovrà essere versato se il rigo RN34 (o RN61, colonna 4, in caso di obblighi di ricalcolo) del modello REDDITI 2023 PF è pari o superiore a 52 euro.

Se sussiste l’obbligo di versamento, è consigliabile adoperare il metodo storico (100% dell’importo del suddetto rigo RN34 o RN61, colonna 4, in presenza di obblighi di ricalcolo), perché, in caso di adozione del metodo previsionale, l’IRPEF che si ritiene dovuta per il 2023 andrebbe calcolata considerando anche il reddito che, in assenza di fuoriuscita, sarebbe stato assoggettato all’imposta sostitutiva del regime forfetario.

Relativamente, invece, all’acconto di tale imposta sostitutiva, occorre distinguere secondo che la fuoriuscita si verifichi prima o dopo il termine di versamento della prima o della seconda o unica rata d’acconto.

Ad esempio, nell’ipotesi in cui il limite di 100.000 euro sia già stato superato a giugno 2023 e, quindi, prima dello spirare del termine di versamento della prima rata vi sia già la certezza di passare al regime ordinario per il 2023, in linea di principio non sussiste più l’obbligo di versare l’acconto dell’imposta sostitutiva, perché dal 2023 non si è più soggetti d’imposta.

Infatti, come ricordato dalla C.M. 31 ottobre 1977 n. 96/13/3983 (in tema di acconto IRPEF, ma applicabile anche alle relative imposte sostitutive), “il presupposto dell’obbligo di versamento dell’acconto scaturisce dal fatto che il soggetto” rivesta “la qualità di contribuente nell’anno precedente: infatti l’acconto (…) viene commisurato all’imposta relativa all’anno decorso”. In altre parole, “ai fini dell’acconto la qualità di soggetto d’imposta deve sussistere tanto nel periodo di competenza quanto in quello precedente”.

Peraltro, a fronte della rigida posizione degli Uffici (si veda “Infondati gli avvisi bonari per omessi acconti nel passaggio al forfetario” del 5 aprile 2023), a fini prudenziali pare comunque possibile corrispondere l’acconto 2023 dell’imposta sostitutiva, assumendo come base “storica” di computo l’importo indicato nel rigo LM42 del modello REDDITI 2023, importo che potrà essere scomputato dall’IRPEF dovuta a saldo per il 2023, indicandolo nel rigo RN38, colonna 4 del modello REDDITI 2024 (ammesso che la numerazione rimanga la stessa).

Diversamente, se la fuoriuscita si verifica dopo il termine di versamento della prima o della seconda o unica rata, gli acconti eventualmente versati potranno essere scomputati dall’IRPEF dovuta a saldo per il 2023, indicandoli, anche in questo caso, nel rigo RN38, colonna 4 del modello REDDITI 2024 (ammesso che la numerazione rimanga la stessa).