I criteri di radicamento della residenza fiscale non cambiano in smart working

Con la circolare n. 25 di ieri, 18 agosto, l’Agenzia delle Entrate ha analizzato i profili fiscali del lavoro da remoto (c.d. smart working) e la disciplina tributaria dei lavoratori frontalieri alla luce delle novità introdotte dalla L. 13 giugno 2023 n. 83.

La circolare illustra e sintetizza i più recenti sviluppi – a livello nazionale e internazionale – riguardanti l’imposizione di talune categorie di lavoratori particolarmente interessate dall’affermarsi di modalità di svolgimento della prestazione che vedono una separazione tra il luogo di svolgimento dell’attività, il luogo della residenza e il luogo in cui si esplicano gli effetti di tale attività lavorativa.

La prima parte della circolare fornisce, nello specifico, chiarimenti e istruzioni applicative sui profili fiscali del lavoro da remoto (c.d. smart working), focalizzando l’attenzione sui più recenti orientamenti della prassi, anche ai fini dell’applicazione dei regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per svolgere un’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano, vale a dire il c.d. “regime speciale per lavoratori impatriati” di cui all’art. 16 del DLgs. 14 settembre 2015 n. 147, nonché il “regime speciale per docenti e ricercatori” disciplinato dall’art. 44 del DL 31 maggio 2010 n. 78 convertito.

L’Agenzia delle Entrate conferma che i criteri di radicamento della residenza fiscale delle persone fisiche restano quelli previsti dall’art. 2 del TUIR e non subiscono alcun mutamento per coloro che svolgono un’attività lavorativa in smart working. In altri termini, le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale, che restano ancorati all’integrazione di almeno una delle condizioni di cui all’art. 2 del TUIR.
Al riguardo, richiamando anche la prassi più recente, la circolare fornisce alcune esemplificazioni (fermo restando quanto previsto da eventuali Convenzioni contro le doppie imposizioni).

La seconda parte della circolare è, invece, dedicata alla speciale disciplina concernente i lavoratori “frontalieri”, alla luce anche dei recenti sviluppi e del nuovo Accordo internazionale siglato con la Svizzera e delle novità introdotte dalla relativa legge di ratifica.

Di interesse è anche la parte relativa all’eliminazione della Svizzera dall’elenco degli Stati fiscalmente privilegiati ai fini IRPEF; con il DM 20 luglio 2023, infatti, la Svizzera è stata espunta dall’elenco del DM 4 maggio 1999.
In merito alla decorrenza dell’eliminazione della Confederazione Elvetica dalla black list, la circolare conferma che, ai fini della presunzione di residenza, gli effetti decorrono dal periodo di imposta 2024.

Restano, tuttavia, fermi gli effetti di ogni attività di accertamento effettuata in conformità alle disposizioni dell’ordinamento nazionale applicabili fino al periodo d’imposta 2023.
In proposito, si riporta l’esempio del cittadino italiano che nel 2023 dovesse cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente e trasferirsi in Svizzera: in questo caso, tale soggetto continuerà a essere considerato – salvo prova contraria – fiscalmente residente in Italia per tale periodo d’imposta ex art. 2 comma 2-bis del TUIR.

Si commenta anche la presunzione di cui all’art. 12 comma 2 del DL 78/2009, secondo cui gli investimenti non indicati nel quadro RW si presumono redditi non dichiarati in Italia quando lo Stato estero interessato risulta inserito nella black list.

In merito, si precisa che le attività di natura finanziaria e gli investimenti che dovessero essere detenuti in Svizzera nel corso del 2023, in violazione degli obblighi del monitoraggio fiscale ex art. 4 del DL 167/90, continuano a presumersi, salvo prova contraria a carico del contribuente, costituite mediante redditi sottratti a tassazione in Italia.
In tal caso, i termini per la notifica dei relativi atti di accertamento e sanzionatori sono peraltro raddoppiati.