Tra un anno il termine per la riforma delle aliquote IVA

Entro un anno da oggi, lo Stato italiano dovrà definire i dettagli di attuazione della nuova disciplina comunitaria in tema di aliquote IVA.
Nell’ambito del disegno di legge di delegazione europea 2022-2023, approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno scorso, vi è infatti l’impegno del Governo ad adottare entro il 31 agosto 2024 il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2022/542/Ue.

La menzionata direttiva innova in maniera significativa i criteri mediante i quali ciascuno Stato dell’Unione europea potrà determinare le proprie aliquote IVA ridotte.
La maggior parte delle disposizioni (in tema di aliquote) ivi contenute dovranno essere recepite da tutti gli Stati membri – con specifici atti legislativi e regolamentari – entro il 31 dicembre 2024, così che possano essere applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Proprio in ragione di questi ultimi termini, il Governo è tenuto a emanare il necessario decreto legislativo entro il 31 agosto 2024, vale a dire entro il quarto mese antecedente a quello di recepimento della direttiva (come richiede l’art. 31 della L. 234/2012).

La riforma delle aliquote risulta necessaria per adeguare l’ordinamento comunitario al regime IVA definitivo (attualmente però in “stand by”), nel quale le cessioni e prestazioni saranno soggette ad imposta nello Stato membro di destinazione.
Come evidenziato nel secondo considerando alla direttiva 2022/542/Ue, “nell’ambito di un tale sistema una maggiore diversità delle aliquote IVA non perturberebbe il funzionamento del mercato interno né causerebbe distorsioni della concorrenza”.

Da qui discende il riconoscimento agli Stati membri di una maggiore flessibilità nell’adozione delle aliquote ridotte. Resta confermato il principio-cardine tale per cui la previsione di un’aliquota ridotta rappresenta comunque un’eccezione rispetto all’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria.

La nuova disciplina, contenuta nel riformulato art. 98 della direttiva 2006/112/Ce, consentirà a ciascuno Stato membro di adottare:
– un massimo di due aliquote ridotte pari almeno al 5%;
– una sola aliquota ridotta inferiore al minimo del 5%;
– una sola esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte (c.d. “aliquota zero”).

In merito alle ultime due condizioni, sarà possibile prevedere l’aliquota inferiore al 5% o la c.d. “aliquota zero” solamente per le cessioni o prestazioni di servizi individuate da un massimo di sette punti nell’Allegato III della direttiva 2006/112/Ce, scelte dagli Stati Ue tra le cessioni o prestazioni destinate “a coprire esigenze di base”.
L’Italia non è tenuta a considerare questo limite sino al 2031, poiché (come anche alcuni altri Stati) alla data del 1° gennaio 2021 già si avvaleva di un’aliquota inferiore al 5% e di una c.d. “aliquota zero” per operazioni contemplate in più di sette punti del citato Allegato III.

Inoltre, sarà consentito a tutti gli Stati membri di adottare aliquote ridotte non inferiori al 12% per gli stessi beni e servizi cui si applicano aliquote ridotte non inferiori al 12% in altri Stati membri e alle stesse condizioni, secondo il principio della reciprocità di trattamento.

Sul piano contenutistico, le novità in tema di aliquote contemplate dalla direttiva 2022/542/Ue (nel nuovo Allegato III alla direttiva 2006/112/Ce) riguardano essenzialmente tre aspetti, vale a dire:
– il rafforzamento dei sistemi sanitari degli Stati membri (si estende l’agevolazione a tutti gli “apparecchi, strumenti, dispositivi, articoli, materiale ausiliario e dispositivi di protezione medici”);
– la transizione verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (ad esempio, saranno inclusi i pannelli solari e la relativa installazione su abitazioni private o edifici pubblici);
– la digitalizzazione dell’economia unionale (si agevolano, ad esempio, i servizi di accesso alle dirette streaming e i servizi per la connettività a internet).

Del descritto quadro regolamentare dovrà tenere conto il legislatore nazionale anche nella stesura del decreto attuativo della legge delega per la riforma fiscale che, ragionevolmente, potrebbe venire a coincidere con il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria.

L’art. 7 della menzionata legge delega (L. 111/2023) richiede, d’altronde, di “razionalizzare il numero e la misura delle aliquote dell’IVA secondo i criteri posti dalla normativa dell’Unione europea, al fine di prevedere una tendenziale omogeneizzazione del trattamento per beni e servizi similari, anche individuati mediante il richiamo alla nomenclatura combinata o alla classificazione statistica, meritevoli di agevolazione in quanto destinati a soddisfare le esigenze di maggiore rilevanza sociale”.

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